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Detenuti: e dopo il carcere?

La realtà e il servizio della Veneranda Compagnia di Misericordia

Detenuti: e dopo il carcere?

La Veneranda Compagnia di Misericordia è un’antichissima istituzione che da cinque secoli opera a Genova in favore dei carcerati e dei loro famigliari. Si fregia del titolo Veneranda in quanto veniva già citata nel 1464 nella medesima attuale opera, che è quella di assistere con impegno cristiano detenuti e persone con problemi di giustizia. Una realtà quasi sconosciuta, ma che, attraverso il lavoro dei Soci (confratelli e consorelle) e dei volontari, opera per il recupero morale e per il reinserimento sociale, lavorativo e famigliare dei loro assistiti con spirito di servizio e di fratellanza.
Il rapporto con gli assistiti non si limita al semplice ascolto e all’offerta di aiuti immediati, ma intende anche stimolarli al processo di recupero, attraverso un’assistenza di carattere morale educativo e spirituale, il ripristino dei rapporti con la società, la ricerca di un lavoro da assumere con il dovuto impegno.
Per conoscere meglio questa realtà, abbiamo incontrato Cristina Ercolani, che da tanti anni presta servizio nella Veneranda in particolare con le visite ai detenuti nel carcere di Pontedecimo e con il supporto alla Casa Famiglia femminile in Centro Storico.
Cristina, dove nasce il desiderio di fare volontariato con i detenuti? Perché dedicarsi a persone che tutto sommato hanno sbagliato e devono pagare?
Questo è esattamente quello che il più delle volte mi sento dire, ma vorrei spezzare una lancia, nel senso che sicuramente il marchio di una condanna del carcere crea un pregiudizio per queste persone. Però se noi partiamo dal presupposto che il fine della pena deve essere la rieducazione, aiutare ad evitare la recidiva, è giusto che vi siano delle associazioni come la nostra che aiutano quella che è l'istituzione penitenziaria, che non può arrivare a tutto. Io sono assistente volontaria da 10 anni nella casa circondariale di Pontedecimo e mi reco in carcere almeno due volte alla settimana. E ho la possibilità in carcere di fare colloqui e di conoscere di maturare la conoscenza con le detenute che incontro.
Qual è il servizio che offrite?
Innanzitutto le visite in carcere nelle due Case circondariali di Marassi e Pontedecimo: i volontari prestano ai carcerati che lo richiedono assistenza morale e materiale. Vengono effettuati più di 4.000 colloqui all'anno. I colloqui effettuati nel carcere femminile di Pontedecimo permettono di maturare la conoscenza di alcune detenute che, giunte a scontare almeno metà della pena, possono usufruire delle misure alternative al carcere. In questi casi la Compagnia è in grado di offrire due strutture di riferimento: la Casa Famiglia femminile, che accoglie fino a 8 detenute. L’accoglienza è continuativa 24 ore su 24, gratuita e prevede vitto e alloggio. Uno degli scopi dell’ospitalità è la preparazione al reinserimento sociale al fine pena. Da pochi mesi è attiva anche una Casa Famiglia maschile che accoglie fino a tre posti i detenuti provenienti dal carcere di Marassi in misura alternativa.
Nei primi tempi di inserimento in Casa Famiglia fino a quando non trovano un lavoro, le ospiti partecipano nelle ore pomeridiane a un laboratorio di cucito femminile che accoglie fino a 12 persone. Il Centro Colloqui, inoltre, aiuta a svolgere le complesse pratiche burocratiche legate alla situazione di reclusione, prepara insieme al soggetto un progetto di reinserimento graduale sociale e lavorativo che tenga conto delle competenze già acquisite, della preparazione scolastica, dei condizionamenti di salute.
Per il carcere di Marassi c’è Casa Mandela che offre ospitalità ai detenuti in permesso premio. Infine, è attiva la lavanderia industriale, situata nei locali a piano terra della nostra sede, svolge attività per enti pubblici e privati con servizio di raccolta porta e riconsegna. Vi lavorano le detenute in affidamento ospitate presso la Casa Famiglia.
Quali sono i frutti del vostro lavoro?
È stato constatato che la persona che esce dal carcere e che è assistita da strutture di accompagnamento come la nostra è più difficile che reiteri: chi rimane abbandonato a se stesso è più facile che ‘ci ricada’ e che torni a commettere gli errori del passato.
Due persone su tre rischiano così di rientrare in carcere, ma se sono assistiti, affidati a servizi sociali e in strutture come la nostra, dove veramente ci occupiamo della persona 24 ore su 24, direi che è meno probabile che poi riprendano le brutte strade.
In che modo si mantiene l’associazione?
Abbiamo due sovvenzioni molto importanti, uno deriva dall'otto per mille alla Chiesa cattolica. E l'altro è il Comune di Genova. Sono queste, diciamo, le due entrate principali che noi riceviamo, oltre a offerte da privati. Una volta si facevano anche delle questue nelle parrocchie, però ormai i bisogni a cui fare fronte sono tanti… cerchiamo tutti di aiutarci come possibile.

Fonte: Il Cittadino
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