Nella parabola proposta alla nostra riflessione, appare con chiarezza uno scarto, un'eccedenza dei pensieri e delle vie di Dio, rispetto alle nostre vie e ai nostri pensieri (cfr. Is 55,9): come spesso accade, il punto di partenza del racconto è una scena familiare per i contemporanei di Gesù, una piazza dove si raccolgono gruppi di uomini che attendono di essere presi a giornata per qualche lavoro. In questo caso un padrone di casa esce a più riprese, in diverse ore del giorno, dall'alba fino al pomeriggio inoltrato, e offre un lavoro nella sua vigna.
Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola
In questa domenica, ricorre la festa dell'Esaltazione della Santa Croce: l'origine di una tale solennità ci riporta alla chiesa madre di Gerusalemme, dove, secondo la tradizione, venne ritrovata parte della croce di Cristo, nel IV secolo, e successivamente nel 628 la preziosa reliquia, trafugata dai Persiani, fu ricondotta a Gerusalemme dall'imperatore bizantino Eraclio. Al di là dell'origine storica di questa commemorazione, la festa attuale ha un profondo significato, e celebra il paradosso di uno strumento di morte, divenuto strumento di vita e di risurrezione.
Il breve passo di Matteo, proposto alla nostra attenzione, è tratto dal quarto grande discorso di questo vangelo, il discorso ecclesiastico o comunitario, nel quale l'evangelista ha raccolto diverse parole del Signore, incentrate sulla vita e sulle relazioni tra i membri della nuova comunità , che nasce intorno a Gesù. In particolare, il tratto scelto per l'ascolto domenicale mette a tema un aspetto non facile e spesso disatteso nella vita della Chiesa, cioè la correzione fraterna.
Proseguendo l'ascolto di Matteo, in questa domenica entriamo in una sezione del suo vangelo (capp. 14-17), nella quale emerge, in più punti, un particolare interesse per la realtà della Chiesa, come comunità raccolta intorno a Gesù, coinvolta in un cammino di fede e di sequela del suo Signore: non a caso, dopo questa sezione più narrativa, l'evangelista colloca il discorso ecclesiale, raccolto nel capitolo 18.
Con questa domenica si conclude la lettura del capitolo 13° del vangelo di Matteo, con le ultime tre parabole del Regno, che appaiono nettamente distinte: le prime due, quella del tesoro e della perla preziosa, mettono in luce la gratuità , la sorpresa e la gioia, che segnano la vita dell'uomo, divenuto discepolo del Vangelo, mentre l'ultima parabola ha a tema il giudizio finale, e la compresenza di bene e di male, che accompagna il tempo presente.
Le parabole del Regno, che Matteo raccoglie in unico discorso e che stiamo ascoltando in queste domeniche, sono rivelazione del volto vero e originale di Dio, quel Dio che si fa visibile proprio nella persona e nella vita di Gesù: non si tratta di bei racconti edificanti e moraleggianti, ma di parole che dischiudono a noi l'agire paradossale di Dio e vogliono provocare una nostra decisione di fede.
Con questa domenica iniziamo a percorrere il capitolo 13° del vangelo di Matteo, che raccoglie in unico discorso sette parabole del Regno: il lungo passo iniziale propone a noi la parabola del seminatore, con una successiva catechesi di Gesù sul senso delle parabole e la spiegazione ai discepoli della prima di esse, incentrata sulla semina della parola.
Il breve passo di Matteo, proposto alla nostra attenzione, racchiude una preghiera di lode e di giubilo del Signore, e un invito rivolto agli uomini 'stanchi e oppressi', perché possano trovare in lui riposo.
In questa domenica celebriamo la memoria comune dei due apostoli, Pietro e Paolo, considerati colonne della Chiesa di Roma, accomunati nel martirio, vissuto nella città eterna, associati nella venerazione del popolo cristiano.
Per tre volte, nel passo tratto dal discorso missionario di Matteo (Mt 10,5-42), ritorna l'invito di Gesù ai suoi discepoli: 'Non abbiate paura', paura degli uomini, che potranno perseguitare i credenti in Cristo, paura dei persecutori, che giungeranno a comminare la morte; in realtà , nell'esperienza dei credenti, i motivi di paura possono essere anche altri, e in generale, la paura sorge da un pericolo, da qualcosa che è percepito come ostile alla vita, e in questo senso più ampio, la paura può nascere di fronte alla sofferenza, alla prova che ci schiaccia, alla prospettiva inesorabil