La parola

stampa

Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

In questo nuovo anno liturgico, l'evangelista che ci accompagnerà è Marco, colui che può essere considerato il creatore di questa forma narrativa, così singolare, qual è il vangelo, che unisce in sé memoria storica ed annuncio di fede: alle soglie dell'Avvento ascoltiamo un breve passo, tratto dal discorso escatologico, raccolto nel cap.13 del testo di Marco. Per tre volte, in pochi versetti, ritorna l'imperativo di Cristo, rivolto ai suoi discepoli, 'Vegliate!', e questa veglia assume i caratteri di un'attesa vigilante e di un'attenzione ben desta.

Nella domenica che segna la conclusione dell'anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo, re dell'universo, e, in particolare, ascoltando la famosa pagina del giudizio finale secondo Matteo, guardiamo a Gesù pastore e giudice escatologico. È un affresco impressionante, che ha ispirato tante rappresentazioni artistiche, e che ripropone lo sbocco ultimo di tutta la convulsa e drammatica storia dell'uomo: il mistero di un giudizio definitivo, di uno svelamento pieno della verità di ogni uomo di fronte a Dio.

In queste ultime domeniche dell'anno liturgico, ascoltiamo due grandi parabole, raccolte nel capitolo 25° di Matteo: quella dei talenti (25,14-30) e l'affresco del giudizio finale (25,31-46). In realtà anche la precedente parabola, quella delle vergini sagge e stolte (Mt 25,1-13), può essere ricondotta ad un comune orientamento, in quanto l'evangelista, dopo il grande discorso escatologico (Mt 24), mette a tema come vivere, in modo sapiente e fruttuoso, questo tempo di attesa vigilante, senza sprecare l'esistenza presente.

Questa domenica coincide con la solennità che ricorda la dedicazione della Basilica di S. Giovanni in Laterano, a Roma, avvenuta il 9 novembre 324: è la prima chiesa pubblicamente consacrata nell'Occidente cristiano, e in quanto cattedrale del Papa, vescovo di Roma, è considerata come madre di tutte le chiese.

In questa domenica, nella quale ricorre la celebrazione di tutti i fedeli defunti, ci mettiamo in ascolto di uno dei vangeli, proposti dalla liturgia, un breve, ma intenso passo di Giovanni. Siamo all'interno della prima parte del discorso sul pane della vita, nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6,22-58), e Gesù si è già proposto come il vero pane di Dio, disceso dal cielo, per dare la vita al mondo.

Anche il breve passo di Matteo, proposto al nostro ascolto, si colloca sullo sfondo del confronto acceso tra Gesù e gruppi distinti del giudaismo del tempo: dopo i sommi sacerdoti, e i sadducei, sono ora di scena i farisei, rappresentati da uno scriba, un dottore della legge, che mette alla prova Gesù. Come noto, la domanda rivolta al Signore aveva una sua pertinenza: 'Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?'; infatti, nella tradizione giudaica si codificheranno ben 613 precetti (365 negativi e 248 positivi), considerati applicazione e specificazione della Torah mosaica.

Il breve passo di Matteo, che segue immediatamente la parabola del banchetto nuziale, che abbiamo ascoltato domenica scorsa, si colloca ancora in un contesto di confronto tra Gesù e i farisei: questi gli inviano alcuni discepoli, con l'intento di mettere in difficoltà questo strano maestro di Nazaret. Oggetto della richiesta è un argomento delicato, che si presta all'equivoco: è lecito o no pagare il tributo a Cesare, alla potenza occupante di Roma?

Anche in questa domenica ascoltiamo una parabola, che ha come primo uditorio i sommi sacerdoti e i farisei, i quali mostrano una sempre maggiore ostilità verso Gesù: la loro reazione, dopo la parabola dei vignaioli omicidi, è tentare di catturare Gesù, considerato dalla folla un profeta (Mt 21,45). In questo contesto, anche il racconto del banchetto nuziale è innanzitutto un appello alle autorità religiose d'Israele, ma al contempo racchiude un richiamo trasparente per tutti i discepoli del Signore.

La parabola proposta al nostro ascolto è collocata nel contesto della polemica sempre più viva tra Gesù e le autorità religiose del popolo d'Israele, nel suo ministero a Gerusalemme, tuttavia, nella redazione di Matteo, questo racconto può essere letto a due livelli: un primo livello riguarda la drammatica vicenda d'Israele e in particolare la cecità dei capi, che molte volte non hanno saputo riconoscere i veri profeti, e ora giungono a respingere violentemente Gesù stesso, il Figlio inviato dal Padre; un secondo livello della parabola riguarda i membri della comunità ai quali si rivol

Dopo l'ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto dalle folle festanti che lo acclamano come il figlio di Davide, il Messia d'Israele (cfr. Mt 21,1-11), cresce l'ostilità dei capi religiosi, sommi sacerdoti e anziani del popolo, di fronte a questo strano maestro, che supera ogni schema e ogni immagine.