La parola
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34a domenica del Tempo Ordinario - anno B, Gv 18,33b-37

Tu lo dici: io sono re

L'anno liturgico si chiude con questa celebrazione, a sfondo pasquale, di Cristo, re dell'universo: una confessione luminosa e lieta della signoria di Cristo nel tempo e nella storia. Al di là delle immediate apparenze, secondo le quali, sono ben altri i signori e i grandi del mondo, c'è un unico Signore, che tiene nelle mani il cammino tortuoso e affaticato della storia, c'è un unico Re che non ci tratta da schiavi, né da sudditi, ma ci rende liberi, ci fa partecipare della sua regalità.

Tu  lo dici: io sono re

L'anno liturgico si chiude con questa celebrazione, a sfondo pasquale, di Cristo, re dell'universo: una confessione luminosa e lieta della signoria di Cristo nel tempo e nella storia. Al di là delle immediate apparenze, secondo le quali, sono ben altri i signori e i grandi del mondo, c'è un unico Signore, che tiene nelle mani il cammino tortuoso e affaticato della storia, c'è un unico Re che non ci tratta da schiavi, né da sudditi, ma ci rende liberi, ci fa partecipare della sua regalità. Il vangelo scelto per questa festa è particolarmente suggestivo, perché mette a confronto due tipi differenti di signorie, due modi radicalmente opposti di vivere e di esercitare l'autorità e il potere. Da una parte c'è Pilato, il procuratore di Roma, che governa la Giudea, che spesso ricorre alla violenza e alla forza per far valere l'ordine dell'impero, e nella pagina di Giovanni appare in veste di giudice, che può decidere della vita e della morte; dall'altra parte c'è Gesù, il povero maestro di Nazaret, già sfigurato dall'angoscia della notte, dai maltrattamenti subiti dalle guardie, ed in veste d'imputato, contro cui si muovono accuse, in particolare l'accusa paradossale di volere essere lui il re dei Giudei. Interpretando in questo modo la sua identità di Messia d'Israele, i membri del Sinedrio, per ottenere l'ascolto di Pilato e la condanna del pericoloso profeta di Nazaret, lo presentano come un pretendente re, che potrebbe mettere in pericolo il governo di Roma. C'è un contrasto assoluto tra il procuratore, uomo abile, concreto, che pensa di avere in mano il dominio della situazione, e Gesù, indifeso, inerme, abbandonato da suoi discepoli. Eppure nel dialogo viene alla luce la verità, perché si manifesta l'autentica regalità di Cristo, che alla fine spiazza e mette in crisi la sicurezza di Pilato, e proprio ascoltando le parole di Gesù, noi possiamo riconoscere un capovolgimento: lui, che è giudicato, alla fine giudica il mondo, smaschera la menzogna di un potere apparentemente forte, lui, che sarà condannato come falso e folle re dei Giudei, è davvero il re, che può essere servito, da uomini liberi. Infatti, alla domanda di Pilato: 'Che cosa hai fatto?', Cristo risponde proclamando la sua signoria: 'Il mio regno non è di questo mondo'. C'è dunque un regno che ha come Signore Gesù, un regno che è nel mondo, ma non è del mondo, cioè una realtà nuova, che a partire da Cristo, è dentro la storia, ma non segue i criteri e i giudizi del mondo. 'Dunque tu sei re?': all'interrogativo, un po' ironico di Pilato, Cristo risponde con nettezza, in una sorta di autoconfessione: 'Tu lo dici: io sono re'. Ma questa regalità che può sembrare un sogno, è immediatamente svelata, e consiste nella testimonianza che Gesù dà alla verità: 'Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità'. Che rapporto tra verità e regalità? Nel linguaggio di Giovanni, la verità è la vivente rivelazione del volto di Dio, che si compie e s'incarna in Gesù, tanto che solo Cristo ha potuto dire di sé: 'Io sono la via, la verità e la vita'. Proprio rendendo presente questa verità, che è nello stesso tempo salvezza e liberazione per l'uomo confuso ed incerto, che cammina nelle tenebre, Gesù realizza una nuova regalità, è re perché, testimoniando fino alla fine la verità del Padre, nella forma di un'esistenza donata e offerta per amore, mostra la mondo il vero potere, che è appunto l'amore che salva, la verità che fa liberi, la vita che si dona con abbondanza. Noi siamo chiamati a riconoscere questa signoria di Cristo, che, nonostante tutte le apparenti sconfitte, alla fine è la potenza che trasforma i cuori, a partendo dal cuore degli uomini, trasforma anche la realtà, costruendo nel mondo anticipi del Regno finale, brani di umanità trasfigurata e liberata. In questa prospettiva, come ama ripetere Benedetto XVI, i veri 'rivoluzionari' sono i santi, gli uomini che sono dalla verità, che si lasciano rigenerare dalla verità di Cristo, e perciò ne ascoltano la voce. Il potere finto del mondo avrà sempre i suoi seguaci e i suoi adoratori, che ne restano schiavi, credendosi liberi e padroni; in questa festa noi, discepoli e amici di Cristo, vogliamo riscoprire la grazia e la libertà d'essere suoi, di appartenere a questo Signore che domina, amando, e sa legare nella libertà i cuori a sé.Corrado Sanguineti

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