La parola
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Pentecoste, Gv 7,37-39

Sgorgheranno fiumi di acqua viva

Viviamo un'altra domenica straordinaria, il compimento dei 50 giorni pasquali. La profezia anticotestamentaria delle 'sette settimane', 49 giorni, più il giorno della festa-compimento, trova la sua luce nella ri-lettura di fede della chiesa, e diventa il periodo che segue il mistero pasquale di Gesù, morto, risorto e asceso alla destra della potenza del Padre. Ciò che il mattino di Pasqua diventa vero per Gesù, al compiersi dei cinquanta giorni diventa esperienza personale, autenticamente umana - quindi vera - di ogni credente.

Sgorgheranno fiumi di acqua viva

Viviamo un'altra domenica straordinaria, il compimento dei 50 giorni pasquali. La profezia anticotestamentaria delle 'sette settimane', 49 giorni, più il giorno della festa-compimento, trova la sua luce nella ri-lettura di fede della chiesa, e diventa il periodo che segue il mistero pasquale di Gesù, morto, risorto e asceso alla destra della potenza del Padre. Ciò che il mattino di Pasqua diventa vero per Gesù, al compiersi dei cinquanta giorni diventa esperienza personale, autenticamente umana - quindi vera - di ogni credente. La nostra verità di uomini e donne, di credenti, emerge proprio dall'esperienza che lo 'Spirito vive in ogni carne'! Non lo Spirito da una parte e la carne dall'altra, non il cielo chiuso e distante dalla terra, ma la sintesi e la comunione tra questi due aspetti vitali, lo Spirito e la carne insieme. Giovanni evangelista aveva iniziato il suo Evangelo proprio di qui: il Verbo si è fatto carne! Portando a compimento l'opera della creazione, la Parola di vita di Dio è entrata nella storia, nella carne del mondo, nella corporeità, nella fragilità della carne-esistenza di ogni persona umana. La nostra vita, preziosa e bellissima, è appesa ad un filo, è come 'l'erba e il fiore del campo'. Viene il soffio di Dio, il suo vento, l'alito della natura, e alla nostra carne viene svelata - per grazia e per fortuna nostra - tutta la precarietà di cui è intessuta (cf Is 40,7). Viene il soffio di Dio, il suo alito viene soffiato su di noi, e noi riviviamo, viviamo di nuovo (salmo 104,30), viviamo 'dall'alto', rigenerati, rinati alla vita divina, grazie allo Spirito che ci fa ripetere, con un coraggio che può essere solo dono, le parole di Gesù: 'il Padre è con me!' Non bastano le parole umane a descrivere la presenza e l'operare dello Spirito di Dio in noi, nella Chiesa, nel mondo e nella storia. Una presenza divina luminosa, calda, benevola, che produce amore e pace, ma allo stesso tempo sommessa, discreta, quasi nascosta, a disposizione di tutti, dentro e fuori della Tenda della Testimonianza (Nm 11, 24-29), non manipolabile da alcuno. Rimane vero che 'alla tua luce vediamo la luce' (salmo 36,10), e senza la luce dello Spirito Santo non lo riconosciamo presente, non lo lasciamo operare, restiamo chiusi nella paura, barricati in noi stessi, diffidenti verso gli altri, apostoli e messaggeri mancati verso un mondo che deve scoprire quanto Dio è all'opera in mezzo a tante e tante fragilità e ricchezze umane. Le letture di questa domenica di Pentecoste tratteggiano alcune caratteristiche dello Spirito Santo, quasi balbettando qualcosa di un mistero profondo ed insondabile nella sua vastità. Tutto però converge - mi pare - verso un punto, una prospettiva: fuoco, rombo ('eco' nel testo), il cielo, la casa, il vento, il parlare in lingue diverse, la verità, la testimonianza.. tutto converge sulla relazione, o meglio l'insieme di relazioni di cui la nostra vita è composta. Il testo ci vuole forse dire che lo Spirito Santo è il dono che Dio ci fa di se stesso, attraverso suo Figlio, perché impariamo a comunicare, a vivere in modo autentico le nostre relazioni? Dio stesso ci insegna a dialogare, entrando nei nostri cenacoli chiusi. La trasformazione di prospettiva non ci sfugge: la persona che viene investita dal 'vento di Dio', vede tutto e tutti con occhi rinnovati. Si passa dall'isolamento autistico alla solitudine condivisa. Le persone di fuori non sono più nemici, che attentano alla mia vita, cattivi che hanno ucciso il nostro Maestro, infedeli che vivono nell'immoralità, persone da evitare e combattere… Gli altri, tutti, diventano persone da amare, destinatari della parola di evangelizzazione e di conversione, cioè di salvezza, che Dio vuole fare loro giungere tramite nostro. Gesù parte, ci lascia 'un altro Consolatore', un altro se stesso, per prolungare tramite nostro quello che Egli stesso ha fatto in terra! Gli apostoli, investiti dello Spirito del Santo, riempiti da Dio, riversano quasi traboccando verso gli altri questo divino contenuto. Spalancano le porte, come ci invitava a fare papa Giovanni Paolo II, senza paura ed escono verso gli altri, senza paura della propria fragilità, soprattutto. Si dimenticano di aver abbandonato il Maestro e averlo lasciato solo, si dimenticano che sono popolani senza istruzione (e come tali riconosciuti dagli uditori), e parlano apertamente, con franchezza, interpretando con sapienza e acutezza i fatti avvenuti a Gerusalemme, la morte e risurrezione di Gesù. Così è essenzialmente descritto lo Spirito dal testo evangelico, Spirito di Verità, che conduce i credenti sulla Via che è comunione e comunicazione di Vita divina. Lo Spirito non conduce 'alla' Verità Cristo, ma 'nella' Verità. Egli infatti dirà le parole che ode, e annuncerà quelle che avvengono, renderà testimonianza a Gesù aiutando Egli stesso i discepoli a fare lo stesso, convincendo i discepoli quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio (Gv 16,8). Se infatti fermiamo per un attimo i nostri sguardi sulla persona divina dello Spirito Santo, realizziamo ben presto che Egli ci immette in un circolo di relazioni anche senza che ce ne accorgiamo, non permettendo quasi che il discorso finisca su di lui. Lo Spirito infatti ha la missione di ripetere le parole di Gesù, di esserne memoria, ma non solo per aiutare la nostra scarsa capacità di memorizzazione, quanto per illuminare, approfondire, far capire e soprattutto vivere quanto detto da Gesù. Come già il 'testimone-martire' per eccellenza, Giovanni Battista, lo Spirito è Testimone di Gesù, rimanda a lui, lo indica, lo scopre presente anche là dove sembrava assente. Lo Spirito dimostra in modo inconfutabile il torto (contorto = ciò che non è retto). Stana il mondo, nel senso del mondano, nella sua (e nostra) mancata accoglienza nei confronti della luce di verità di Dio (Verbo-Spirito). Ma lo Spirito 'convince' il mondo in quanto al peccato unicamente in vista di un discernimento redentivo: il Paraclito è l'aiuto del Padre ai suoi figli per portare alla luce, svelare, confutare e testimoniare quanto c'è di vero nella nostra esistenza, ossia quanto ci costituisce come persone, come figli (cf Ef 5,13!). E' il Dono del Padre e del Figlio che continuamente e progressivamente scende nella 'carne' del mondo, per trasformare la nostra tristezza umana, legata all'assenza fisica di Gesù, in vera gioia, che niente e nessuno potrà toglierci. In questo senso è 'guida' nella verità tutta intera, aiutando la Chiesa a penetrare sempre più in quella Parola di Verità con la quale il Padre ci ha già detto tutto il suo Amore. Egli è la Gloria, la visibilità di Dio, glorifica il Figlio mettendoci in grado finalmente di 'domandare' - cioè pregare - qualcosa al Padre (Gv 16,23-24) direttamente, 'in' Cristo, 'con' Cristo e 'per' Cristo, ma rivolti nello Spirito verso l'unico Padre di tutti.

Sgorgheranno fiumi di acqua viva
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