La parola
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XIV domenica, Mc 9, 30-37

Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato

Gesù ritorna in Galilea, e approfitta di questi viaggi a piedi per colline e villaggi per proseguire le sue istruzioni ai discepoli.

Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato

Gesù ritorna in Galilea, e approfitta di questi viaggi a piedi per colline e villaggi per proseguire le sue istruzioni ai discepoli. Dopo la prima profezia della sua Passione-Gloria futura a Gerusalemme, seguita da un insegnamento sulle condizioni della sequela del Maestro e da una manifestazione della sua gloria divina (la Trasfigurazione), anche in questa sezione del Vangelo troviamo il secondo annuncio-profezia della sua Passione-Gloria futura nella città santa, seguito da un insegnamento sul 'primo posto'. Due cose sono da sottolineare in questo breve secondo annuncio della sorte che lo attende a Gerusalemme: il verbo 'consegnare' e il 'silenzio' dei discepoli. Gesù parla di sé come del Figlio dell'Uomo consegnato nelle mani degli uomini. Gesù è stato consegnato dal Padre agli uomini, dono perfetto, immagine perfetta del Figlio sulla quale ogni persona umana deve e può modellarsi, amore vero e verità piena di amore, per la felicità di chi accoglie tale dono. Il Padre dona la sua Parola, il suo Verbo, la sua Alleanza perfetta, offrendo il Dono per eccellenza, la sua stessa vita, la sua interiorità svelata, come dice Gesù stesso 'chi ha visto me, vede il Padre' (Gv 14,9). Ma gli uomini, hanno riconosciuto e accolto tale dono? Hanno riconosciuto la Parola di Dio Padre nelle parole umane dei profeti? Hanno riconosciuto il Figlio e l'Erede nel Servo inviato nella Vigna? Noi uomini e donne di oggi, credenti di tutte le latitudini, accogliamo e riconosciamo il Dono del Padre per la nostra felicità? I racconti evangelici ci parlano di un discepolo di Gesù che consegna il suo Maestro nelle mani dei giudici, di altri uomini che non avendo l'autorità di ucciderlo, lo consegnano all'autorità romana, la quale lo consegna al re Erode. Tornato nelle mani degli uomini di potere, viene consegnato al supplizio, come condanna di presunti misfatti, mai dimostrati. In Gesù vediamo sintetizzati tutti i rifiuti di sempre che noi abbiamo perpetrato nei confronti del dono del Padre. Tante persone innocenti, che parlavano di verità, di integrità, di responsabilità nei confronti degli altri sentiti come fratelli. Tante persone innamorate di Dio che parlavano con accenti forti del 'matrimonio' alleanza offerto da Dio Padre a ciascuno di noi, attraverso il dono del Figlio e la sua Eucaristia, tanti profeti, testimoni-martiri. L'evangelista Luca dirà commentando la fine del Precursore Giovanni Battista 'hanno fatto di Lui ciò che hanno voluto' (Lc 9,13), e lo stesso si può dire del Messia Unico Gesù, di tanti santi, di tanti apostoli e discepoli che hanno seguito il loro Maestro fino alla morte-gloria. L'altra cosa che ci colpisce di questo annuncio- profezia di Gesù è che i discepoli, istruiti con tanto amore e passione da Gesù, anziché chiedergli spiegazioni, sentire la fame-sete di approfondire il mistero nel quale Gesù vuole coinvolgerli, rimangano zitti. Non è certo il silenzio della contemplazione! E' il silenzio della paura che blocca, la paura di soffrire, la paura di aver capito fin troppo bene dove Gesù vuole arrivare. E' il panico che stringe la gola e non ci consente di metterci in dialogo con Gesù, il silenzio che è già decisione di non condividere la sorte che Gesù sta delineando. E' difficile consegnare se stessi nelle mani degli altri, come Gesù sta chiedendo, perché è chiaro che se ciò succederà al Maestro, succederà anche ai suoi. Ma non c'è altra via, altrimenti la bontà misericordiosa del Signore ce lo avrebbe indicato, no? La via è quella della consegna di sé, o meglio, lasciare che il Padre disponga di noi come ha disposto di Gesù. La vita è un dono ricevuto, non ci appartiene. La vive bene chi non la stringe come un possesso, ma la gestisce con la libertà di chi sa che il Padre gliela ha consegnata perché la possa donare con generosità, esattamente come il Figlio Gesù. Subito dopo, in casa, a Cafarnao, la sua città, Gesù ancora una volta si scontra con il silenzio dei discepoli. Gesù domanda, in modo da aprire un dialogo, ma essi tacciono. Si vergognano, perché forse hanno intuito che le loro discussioni (per s. Luca un litigio) erano perfettamente opposte alla logica che Gesù stava insegnando. Egli parla loro di 'consegna di sé', essi avevano discusso e forse litigato su chi dovesse essere 'il primo' tra loro. Gesù non nega che ci debba essere un 'primo', una guida, un apripista, un punto di riferimento all'interno della comunità ecclesiale. Ma ne indica indiscutibilmente le modalità concrete: il primo deve essere servo di tutti. La capacità di farsi ultimi, forse anche identificarsi con gli insignificanti (greco eschatos), con chi viene per ultimo nelle considerazioni di tutti, è ciò che deve caratterizzare l'autorità nella comunità cristiana. Ecco perché tante volte l'autorità non viene riconosciuta! Vorremmo un'autorità dal braccio forte, dalla voce potente, dalle amicizie influenti.. ma se è secondo l'insegnamento di Gesù, il primato nella comunità è solo di questo tipo, un primato nel saper abbassarsi, lavare i piedi degli altri, mettersi il grembiule, far mangiare gli altri e alla fine servirsi di ciò che è essenziale per nutrirci. Quando all'interno delle nostre comunità cristiane non avviene così, è perché ci adeguiamo alle regole del mondo, ma Gesù ci chiede l'attenzione del cuore per non dimenticare l'essenziale del suo insegnamento. E per farcelo capire bene, Gesù compie un gesto significativo: abbraccia un bambino, dopo averlo messo al centro di tutti. Il primo nella comunità, chi ha autorità, è colui che serve. E colui che serve è colui che accoglie chi non ha voce, chi è insignificante per tanti, chi è messo al margine, tanto è vero che subito dopo metterà in parallelo i bambini con i piccoli, salvandoci da ogni svilimento puerile della pagina. Mettere al centro un bambino non è amare il nostro futuro, non è sentirsi il cuore addolcito da un biondo ricciolino sorridente…è saper abbracciare chi è rifiutato, disprezzato, emarginato, senza autorità. La comunità che mette al centro gli ultimi, mette al proprio cuore e accoglie Gesù, e accogliendo Gesù accoglie il dono di vita di Dio Padre.

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