La parola
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I lettura di domenica 8 ottobre

Anno A - XXVII Domenica del Tempo Ordinario

I lettura di domenica 8 ottobre

Dal libro del profeta Isaìa
Is 5,1-7

Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d'amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata.
La renderò un deserto, non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda
sono la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.

Il profeta dedica a Dio, il suo “diletto” un “cantico d’amore per la sua vigna”, cioè per Israele: infatti Jahvè ha ripetutamente paragonato il Popolo Eletto alla vigna; un paragone di facile comprensione e assai incisivo per gli orientali, i quali vivono al limite con il deserto.
L’immagine viene sviluppata in parabola: la vigna, di proprietà – non a mezzadria – situata su un fertile colle, ha ricevuto ogni attenzione, sia nella preparazione del terreno che nella piantagione delle viti; è stata dotata di torre di guardia e di tino per la raccolta del mosto. Ma l’aspettativa del proprietario è stata delusa: la vigna ha prodotto usa selvatica.
Di fronte a risultato tanto disastroso, il proprietario, al suo popolo – “gli abitanti di Gerusalemme e gli uomini di Giuda” – cioè gli stessi interessati, secondo l’allusione della parabola, chiede di valutare se avrebbe dovuto fare più di quanto ha fatto. Richiesta retorica, cui segue risposta presumibile: verrà tolta la recinzione e il terreno sarà utilizzato come pascolo per gli armenti, sino a che diventi deserto, non più curato e quindi invaso da “rovi e pruni”; la siccità ne renderà irreversibile l’aridità.
La parabola è intuitiva, ma il profeta ne esplicita il significato, affinché nessuno possa dire di non aver compreso l’allusione: “la vigna”, appartenente al “Signore” degli eserciti”, ossia all’Onnipotente è “la casa di Israele”, tutti i discendenti di Giacobbe, con preferenza per quelli della tribù di Giuda.
Ma la delusione di Dio è stata totale: anziché i frutti di “giustizia”, osservanza della legge e di “rettitudine” morale, che egli aveva diritto di aspettarsi, addirittura sono stati commessi delitti.

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