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Genova, città dalle "braccia allargate"

Mons. Tasca nel discorso alla città pronucniato nella Solennità di San Giovanni Battista

La solennità di San Giovanni Battista è una ricorrenza attesa dai genovesi, che in migliaia, ogni anno, si ritrovano in Cattedrale per arrivare poi in processione fino al Porto Antico per assistere alla benedizione del mare e della città da parte dell’Arcivescovo.
Quest’anno, dopo lo stop e le successive limitazioni dettate dall’emergenza pandemica, la tradizione si è ripetuta con rinnovata partecipazione, sia dei fedeli, numerosissimi, sia dei sacerdoti, dei religiosi, delle confraternite che hanno portato in processione i Cristi, e delle tante autorità presenti.
L’Arcivescovo ha voluto far combaciare la festa del patrono con il suo discorso alla città, che tradizionalmente veniva pronunciato il 31 dicembre dopo il canto del Te Deum nella Chiesa del Gesù.
Un cambiamento che rinsalda ancora di più il legame fra la Diocesi e la città, nelle sue diverse e tante peculiarità.

Il discorso di Mons. Tasca ha messo in collegamento la realtà genovese - del lavoro, del sociale, dei cambiamenti che si stanno delineando - con il mondo intero e con la Chiesa, attraverso il magistero di Papa Francesco.

Uno sguardo soprattutto al futuro, partendo però dalla realtà del presente, che parla, oggi, di aumento della forbice sociale, con disuguaglianze che persistono, disparità nell’accesso ai servizi essenziali e al mondo del lavoro, nonostante una crescita economica da più parti confermata.

La Chiesa genovese, come sempre, è accanto alle emergenze della città attraverso la Caritas diocesana e le numerose realtà impegnate su questo fronte, e attraverso le parole del suo Pastore invoca che per la politica, locale ed europea, le esigenze dei più poveri e di chi ha pagato il prezzo alto della pandemia siano sempre al primo posto, con politiche di necessario ampio respiro.

Se è vero che dalla politica europea, attraverso i fondi del PNRR, è arrivato un segnale concreto di sostegno e di apertura al futuro dopo il dramma della pandemia, che a vari livelli ha colpito con conseguenze pesanti, è pur vero che la Chiesa genovese, attraverso i tanti enti che sul territorio entrano in contatto con le realtà della gente, sostiene e aiuta, rispetto al passato, soprattutto le famiglie che, con la riduzione del potere d’acquisto dei salari, sempre più spesso non riescono a far quadrare i conti.

Dall’Arcivescovo, dunque, l’invito affinché la tradizione manifatturiera di Genova, cui oggi si affianca sempre più la vocazione turistica, sia rinsaldata e mantenuta anche attraverso la sinergia fra Chiesa e Istituzioni, così come fino ad oggi è stato.

“La ricchezza che si crea dal lavoro è una ricchezza sana e che, se redistribuita in maniera equa, può creare altri posti di lavoro e consolidare il bene comune. La tradizione della nostra città ha nel lavoro manifatturiero un importante punto di riferimento dove le imprese insieme ai lavoratori hanno garantito un tessuto coeso e ricco di valori umani e spirituali. È nell’interesse di tutti che le istituzioni, le componenti del lavoro e la Chiesa si stringano insieme per difendere e sostenere questa tradizione di laboriosità riconosciuta anche a livello internazionale, analizzando insieme con attenzione le conseguenze di uno sviluppo che spinge verso un’organizzazione del territorio più corrispondente alle esigenze turistiche e commerciali”, ha detto Mons. Tasca.

Con grande senso di concretezza l’Arcivescovo ha ricordato: “In questo momento siamo particolarmente vicini ai lavoratori di alcune aziende che hanno fatto la storia di Genova. Penso ad Ansaldo e Acciaierie d’Italia (ex Ilva). La Chiesa di Genova non vi dimentica e apprezza il vostro lavoro e la vostra storia auspicando per voi una grande storia ancora da raccontare”. L’Arcivescovo ha inoltre invitato ad un’attenzione costante e sempre alta al mondo del lavoro, anche rispetto ai grandi cambiamenti cui la città sta andando incontro, affinché si creino processi di sviluppo in cui nessuno possa essere lasciato indietro, che sappiano invertire la rotta della denatalità, e siano capaci di rispettare i lavoratori e l’ambiente.

Genova è città di mare, nelle tante accezioni che questo comporta. Porto, industria, turismo, ma anche “braccia allargate”, come ha detto Padre Marco, per accogliere chi arriva dal mare.

Il suono delle sirene dei rimorchiatori, omaggio all’urna delle ceneri del Santo Patrono, e la benedizione delle acque, legano indissolubilmente Genova al mare.
La Chiesa a Genova fa molto anche per l’accoglienza dei migranti, e le storie da raccontare sarebbero molte: anche per questo, l’Arcivescovo nel suo discorso ha invocato una città “modello di inclusione e multiculturalità”, dove tutte le persone, da qualunque posto del mondo arrivino, siano al centro dell’interesse politico.
Genova è in cammino, attraverso i cambiamenti che la aspettano e che in parte stanno già avvenendo; il dialogo fattivo fra Chiesa e istituzioni si inserisce e si sviluppa in questo momento storico, per realizzare “un’alleanza spirituale e sociale”, come ha detto recentemente il Papa, che metta al centro in primo luogo la persona e la sua dignità.

Fonte: Il Cittadino
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