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Famiglia, prima maestra

È il luogo della gratuità, della verità e della sincerità dei sentimenti

Famiglia, prima maestra

Gli insegnamenti appresi in famiglia sono sempre, nel bene e purtroppo anche nel male, insegnamenti per la vita.
Ce ne accorgiamo ogni volta che dobbiamo dare un senso alla nostra esistenza, quando ci interroghiamo sulla meta del nostro cammino, quando contiamo i passi della strada che stiamo percorrendo. Viene un momento in cui ciascuno di noi è chiamato a fare i conti con se stesso e non sempre ci capita di poterlo fare presentando un’apposita domanda scritta.
Non parlo, s’intende, del traguardo finale perché alla meta il giudice d’arrivo potrebbe essere persino più indulgente dei nostri interessati calcoli soggettivi.
Non è necessario cadere ogni giorno folgorati sulla strada della conversione per capacitarsi del senso della vita: a volte i misteri sono imperscrutabili, sovrastano le nostre capacità di comprensione e non sempre le conclusioni raggiunte sono scevre da accomodanti valutazioni personali.
Ci possono anche bastare gli esamini di coscienza che – dismessi gli abiti di scena indossati durante la giornata e tolte le varie maschere dietro cui siamo soliti nasconderci – ci accompagnano nel sonno quando la sera posiamo la testa sul cuscino.
San Tommaso diceva che il mondo va avanti se gli uomini si dicono reciprocamente la verità ma mi pare che questa affermazione, che rende merito più alla nobiltà d’animo di chi l’ha pensata che alla coerenza di chi avrebbe dovuto applicarla, sia stata molte volte disattesa.
Infatti non si riesce neppure facilmente ad essere sinceri con se stessi.
Quel poco che resta della famiglia nella società contemporanea può essere una preziosa risorsa per riappropriarci dell’identità dei nostri vissuti: mettere un nome e un cognome sotto ai nostri pensieri e alle nostre azioni, dare valore all’educazione ricevuta, far parlare i nostri sentimenti e i nostri affetti più cari.
Come mi disse Enzo Biagi – quando gli chiesi che cosa di importante gli fosse rimasto delle molte conoscenze di una vita da cronista - “le verità che contano, i grandi principi, alla fine restano due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino”.
E il Cardinale Tonini mi raccontò l’insegnamento ricevuto da suo padre, contadino: “Un tozzo di pane, volersi bene e la coscienza netta”. Aggiungendo che non trovava verità migliore nei molti libri archiviati nel suo studio.
Per come si sono ribaltati certi valori penso tuttavia che se oggi qualcuno propugnasse questa “ricetta di vita” rischierebbe di essere additato come un povero mentecatto.
La famiglia è un punto di partenza e anche un punto di arrivo e di approdo, la metafora dell’eterno ritorno, dovrebbe essere una cosa quasi naturale, un buen retiro alla fatica del vivere. Diventa invece sempre più spesso il contenitore di violenze simboliche e fisiche che si nascondono dietro la porta di casa.
Oltre ogni retorica sul disinteresse è il luogo della gratuità dei sentimenti: quando i legami si sciolgono quello che resta non ci appaga mai abbastanza. Ma il ricordo di chi ci ha preceduti può vivificare la nostra speranza, dare un senso e una pace alla nostra vita.

C’è chi eredita ricchezze e chi eredita valori: davanti allo specchio magico che ci legge dentro, quello di cui solo noi conosciamo i segreti, questi ultimi ci possono aiutare dove le prime non riescono ad arrivare. Ci sono delle nicchie nell’anima che nessuno mai perlustrerà e in questo tabernacolo dell’intimità custodiamo il senso della nostra vita.
Credo che il valore più grande che possiamo praticare sia quello della pace perché ci dona l’appagamento che nulla ci rende ostile.
La pace ci rende sereni, distaccati dalle cose, miti, ci fa vivere la “quietudine”, quella che i latini chiamavano “sapientia cordis”, cioè bontà dell’animo.
La quiete è un’apparente stato di riposo che può preludere a nuove tempeste.
La quietudine è la pace interiore che non ci rende nemico il mondo, il rifugio di cui solo noi abbiamo le chiavi, la scelta consapevole del sapersi accontentare, la mitezza dei sentimenti, la rettitudine come esempio da ricevere e da donare.
Se questo dono fosse reciprocamente scambiato in ogni famiglia molti comportamenti sociali sbagliati sarebbero emendabili.
Ciò può essere applicato alla vita di ciascuno: oggi più che mai ci sarebbe veramente utile per raddrizzare la curva del relativismo etico che sta cambiando i sentimenti prevalenti.

*Già dirigente ispettivo del MIUR, giudice esperto presso il Tribunale dei minori di Milano, componente dell’Osservatorio minori di Regione Lombardia

Fonte: Il Cittadino
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