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In Italia aumenta il divario fra ricchi e poveri

Decisivo per il Paese centrare gli obiettivi del Pnrr

La Banca centrale europea ha recentemente diffuso i dati che confermano che la distanza tra il 20% più ricco ed il 20% più povero della popolazione ha raggiunto un livello che non si toccava dal 2006, con un divario che a settembre ha raggiunto quasi due punti percentuali mentre fino ad un anno fa l'oscillazione al rialzo o al ribasso restava entro lo 0,25%.

Nel nostro paese l'Istat, basandosi nella suddivisione della popolazione non per fasce di reddito ma per quinti di spesa, registra un divario ancora più ampio che raggiunge il 4% con chi è più debole che è costretto a destinare la quota maggiore del proprio reddito per l'alimentazione ed i beni energetici. La Bce nel Bollettino mensile sottolinea anche come il 20% più povero abbia già eroso una parte importante dei propri risparmi (il tasso è sceso del 6,4%) mentre la parte più ricca ha ancora un'ampia disponibilità con un tasso del 39,3%. La Bce raccomanda che gli interventi a sostegno delle famiglie siano mirati per evitare misure a pioggia, come spesso accaduto in passato, che sono costate molto in termini di bilanci pubblici senza risolvere i problemi delle famiglie più fragili ed in difficoltà.

Nomisma, in una recente ricerca dal titolo "Sguardi familiari", certifica che il 65% delle famiglie del nostro paese giudica "inadeguato" il proprio reddito, che il 62% vive con meno di 2000 euro al mese e che il 25% ha subito una riduzione di reddito, mentre 6 famiglie su 10 non riescono più a risparmiare.

Si tratta di un nuovo passo del paese verso una nuova drammatica povertà, come emerge da un altro dato della stessa indagine che sottolinea che il 19 % delle famiglie affronterebbe con difficoltà la nascita di un nuovo figlio o non potrebbe affrontarla affatto.

Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni, nel presentare le previsioni economiche formulate dalla Commissione che ha confermato il rischio di una grave recessione, ha dichiarato che stiamo andando incontro ad un momento difficile, con una previsione di crescita per il 2023 dello 0, % con un tracollo di tre punti percentuali rispetto a quest'anno e gravissime ripercussioni sul deficit dell'Unione e sull'occupazione. Le indicazioni di Bruxelles per l'Italia non sono in linea con quelle dell'esecutivo del premier Giorgia Meloni, inserite nella Nadef appena approvata, con le differenze principali che riguardano il Pil programmatico in un contesto soggetto a molteplici rischi e incertezze. Paolo Gentiloni ha anche avvertito l'Italia che esistono forti perplessità sulla capacità di attuazione del Pnrr sottolineando: "Non è facile che fili tutto liscio. Sappiamo quanto non sia semplice sviluppare riforme e investimenti, in qualsiasi paese ed anche in Italia".

La premier Giorgia Meloni ha denunciato ritardi su 30 progetti e ricordato che entro fine anno è necessario centrare 55 obbiettivi per non perdere 19 miliardi di euro e nella Nadef è stata costretta a ridurre l'obbiettivo di spesa per il 2022 a quota 21 miliardi contro i 33 stabiliti ad aprile dal governo guidato da Mario Draghi ed i 42 indicati dall'esecutivo Conte quando fu scritto il Piano.
In occasione della riunione dell'Eurogruppo, di cui fanno parte i titolari dell'Economia dell'area euro, a cui ha partecipato per la prima volta il nostro ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha subito voluto ribadire: "La riduzione del debito pubblico è fondamentale per garantire che la politica fiscale del governo non contrasti la poltica monetaria della Banca centrale" confermando tutte le perplessità di Bruxelles sulla reale volontà del nostro paese di lavorare per ridurre l'enorme debito pubblico. Queste indicazioni dettate dai paesi più "frugali e virtuosi" sono alla base della Riforma del famigerato Patto di Stabilità che è stata presentata dalla Commissione europea e che dovrà essere approvata entro la fine del 2023, che prevede procedure più morbide per i paesi che hanno debito e deficit eccessivi ma anche maggiori controlli della Commissione che vigilerà sugli obbiettivi anno per anno con il rischio di nuovi commissariamenti di Stati come tragicamente accaduto con la Grecia dove le sofferenze della popolazione non sono neppure servite a risolvere i problemi economici strutturali ma solo a svendere a paesi stranieri i beni nazionali più pregiati e preziosi.

Fonte: Il Cittadino
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