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Evitare una seconda crisi economica mondiale

Il forum di Davos e la presenza del Presidente Trump

Evitare una seconda crisi economica mondiale

A poche ore dall'apertura del World Economico Forum di Davos il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin parlando dei vantaggi di un dollaro debole per l'economia americana ha dichiarato "Il dollaro debole fa bene all'economia americana. Non ho cambiato idea, ma forse è un po' diversa rispetto a quella dei miei predecessori" scatenando durissime repliche da parte del presidente della BCE Mario Draghi e della direttrice del FMI Christine Lagarde che con parole di insolita durezza hanno stigmatizzando quanto accaduto che, tra l'altro, porterebbe alla rottura della "pax" valutaria che dura ormai dall'inizio della Grande crisi.  Le reazioni dei mercati sono state immediate e l'euro ha sfondato il tetto di 1,25 contro il dollaro anche se poi, anche a seguito delle dichiarazioni del presidente Donald Trump che ha corretto leggermente le affermazioni del suo segretario al Tesoro , ha chiuso la seduta intorno ad 1,24 e Draghi ha ritenuto necessario intervenire per chiarire in modo inequivocabile che la BCE riteneva  "che la recente volatilità dei tassi di cambio rappresenta una fonte di incertezza che richiede un monitoraggio, con riferimento alle sue implicazioni possibili per la stabilità dei prezzi" e che quanto sta accadendo avrebbe potuto influenzare in modo importante anche lo stato delle relazioni internazionali mettendo fine a quel consenso di ferro che durava ormai da molti anni tra i più importanti banchieri centrali del mondo e ribadito in occasione di tutte le riunioni del G7 e del G20.

 Le leggi dell'economia portano a ritenere che la riforma fiscale voluta dal Presidente Trump dovrebbe mettere le ali alla valuta americana rafforzando ulteriormente l'economia e creando nuovi posti di lavoro ma non si può escludere che venga messa in atto una strategia per schiacciare le altre valute nazionali e spingere ulteriormente l'export aprendo nuovi mercati all'industria manifatturiera americana ma creando enormi problemi sui mercati con pesanti ricadute sulle altre economie in particolare il problema sarebbe molto sentito in Europa dove potrebbe indebolirsi ulteriormente l'inflazione, rallentare l'export e rallentare la forte crescita in atto dell'eurozona. Per paesi come il nostro che fino ad oggi hanno beneficiato in modo molto modesto sia in valore assoluto che in termini temporali, rispetto al resto dell'Europa, degli effetti della crescita dell'economia e dell'inflazione l'effetto sarebbe ancora più drammatico e difficilmente assorbibile in particolare dalla fasce più deboli della popolazione.

 Da questa situazione emerge anche il fatto che quando si parla della realtà economica europea è necessario usare grande cautela ed attenzione a tutti gli aspetti che la caratterizzano ma anche alla grande volatilità a cui è esposta per decisioni e fattori esterni che non possono essere in alcun modo controllati se non con azioni di "moral suasion" che come tali possono avere successo o meno a seconda della volontà dei nostri interlocutori.  Il tema della fine del "Quantitative easing" voluto da Mario Draghi per fronteggiare questi anni di grave crisi, ed oggi già ridotto a 30 miliardi di acquisti di titoli al mese fino a settembre, che molti esponenti dell'ala più "rigorista" vorrebbe diventasse definitiva dovrebbe invece essere valutata con grande attenzione sia per la preoccupazione di un'inflazione ancora debole ed il rischio di "picchi" nei rendimenti che per le incertezze legate ad improvvisi cambi di scenari internazionali come potrebbe accadere oggi se, a prescindere dalle dichiarazioni rilasciate con l'obbiettivo di ammorbidire i toni, fosse in atto una manovra per indebolire il dollaro rispetto all'euro. I mercati sono uno strumento estremamente volatile e pericoloso e la storia ci dimostra come quasi sempre azioni economiche di grandi impatto messe in atto siano diventate incontrollabili anche da parte di chi le aveva stimolate ed abbiano avuto conseguenze drammatiche che hanno inciso sulla vita di intere popolazioni. Si tratta di crisi sistemiche che si ripetono da secoli, a partire dalla grande "Bolla dei tulipani" in Olanda nella prima metà del diciassettesimo secolo, ma che sembra non siano riuscite ad insegnare niente a nessuno.

In questo contesto desta grande preoccupazione quanto riportato nell'analisi di Carlo Cottarelli, ex commissario alla "spending review", dell'"Osservatorio sui conti pubblici italiani" che mette in evidenza come il Tesoro preveda per il prossimo triennio un aumento del debito pubblico che non si spiega con l'accumularsi del deficit e che in ogni caso è assolutamente incompatibile con le promesse elettorali di tutti partiti di nuove spese e di enormi riduzioni dell'imposizione fiscale.

Il debito pubblico dovrebbe salire in misura pari al deficit se non si considerano operazioni straordinarie come i derivati, le operazioni di sostegno alle banche e le attività finanziarie necessarie per mantenere un cuscinetto di liquidità a disposizione dello stato sotto forma di depositi presso la banca centrale  e se non venissero usati simultaneamente due concetti totalmente assimetrici come quello della cassa e quello della competenza dove il primo riflette i pagamenti reali eseguiti ed il secondo è basato sulla competenza a prescindere dal fatto che ci sia stato o meno l'esborso finanziario trattandosi di impegni di spesa che non coincidono con i pagamenti.

I rischi legati alla volatilità sul dollaro ed alle intenzioni degli Stati Uniti sulle azioni da mettere in atto per rafforzare la loro economia ed i pericoli legati al debito pubblico ed alla fine del "Quantitative easing" rendono necessario elaborare un piano strategico economico per il prossimo quinquennio che,  individui le linee guida sostenibili per poter garantire da parte dello stato uno sviluppo dell'economia ed una riduzione della disoccupazione ed al contempo il mantenimento del "welfare" così difficilmente raggiunto. Se la strategia continuerà ad essere quella di individuare nelle pieghe delle normative gli "aggiustamenti contabili" da inserire nei DEF, senza che possano essere tecnicamente contestati, per dipingere un quadro economico e finanziario più positivo di quello reale ci troveremo ancora una volta all'improvviso di fronte ad una nuova crisi che renderà ancora più gravi i problemi che molte famiglie già oggi devono affrontare per sopravvivere.

Fonte: Il Cittadino
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