Genova e Liguria
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Il relitto della "Santo Spirito" sui fondali di Punta Chiappa

Rinvenuto da due sub del Rasta Divers snc

Il relitto della "Santo Spirito" sui fondali di Punta Chiappa

Anche in tempo di coronavirus continuano le scoperte di reperti archeologici nei fondali dell’A.M.P. di Portofino. L’ultimo sensazionale ritrovamento è stato fatto da due sommozzatori professionisti, gli stessi che a fine 2018 avevano scoperto delle rare anfore galliche all’estremità di levante del Promontorio.
Alla fine di febbraio, Edoardo Sbaraini e Gabriele Succi, titolari del Rasta Divers snc, ditta di lavori subacquei di Santa Margherita Ligure, al termine di una delle loro abituali immersioni in profondità su zone poco battute dai sub amatoriali, hanno avuto la rara soddisfazione di imbattersi nei resti lignei di quella che molto probabilmente è la nave mercantile ragusana “Santo Spirito e Santa Maria di Loreto” che affondò nel 1579 durante una tempesta.
I due sub, da veri esperti, hanno capito che sotto a un informe ammasso di reti, cime, catene, detriti vari e, persino una grossa ancora ammiragliato, si celava, ma ancora visibile, la fiancata lignea di una grossa imbarcazione. Hanno filmato il tutto e appena risaliti hanno preso il punto preciso. Poi, come prevede la legge, hanno fatto regolare denuncia alla Soprintendenza che a sua volta ha coinvolto i Carabinieri del Nucleo di Genova del Comando Tutela Patrimonio Culturale.
In Mediterraneo sono rarissimi i relitti della prima età moderna che conservano resti strutturali di legno: paradossalmente conosciamo meglio le tecniche costruttive delle antiche navi romane rispetto a quelle impiegate nel Mediterraneo nei secoli di passaggio tra il Medioevo e l’età moderna. Per questo i resti dello scafo individuati e attualmente visibili (una parte estremamente limitata di quanto rimane sepolto), riconducibili ad una porzione della fiancata della nave, risultano così preziosi per l’archeologo: questa scoperta eccezionale offre l’occasione di studiare in dettaglio l’architettura navale di quell’epoca, nota solo attraverso scarni riferimenti della trattatistica navale e pochissimi relitti indagati, che si contano sulle dita di una mano. La storia delle grandi marinerie mediterranee, tra cui quella degli stessi Genovesi, nonostante il ricco patrimonio archivistico di cui disponiamo, non ha tramandato i segreti più preziosi, le tecniche di costruzione navale che erano alla base della potenza politica e commerciale. Simon Luca Trigona archeologo subacqueo e referente S.T.A.S. (Servizio Tecnico di Archeologia Subacquea) e che si occupa della tutela archeologica del Comune di Genova ha dichiarato: “Ogni nuova scoperta archeologica, soprattutto se di importanza internazionale come quella che presentiamo oggi, è fonte di grandi emozioni, entusiasmi, ipotesi e supposizioni; ma ciò che adesso risulta prioritario è procedere immediatamente alla messa in sicurezza del sito tramite specifiche ed efficaci disposizioni condivise con l’Autorità Marittima e l’Area Marina Protetta di Portofino. Il progetto di ricerca e il suo staff è già al lavoro, anche se non possono essere negate le difficoltà tecniche di lavorare al limite delle possibilità operative della subacquea professionale; dovremo trovare i finanziamenti e avremo bisogno di tempo per l’organizzazione e l’esecuzione delle indagini, ma il nuovo relitto Camogli 1 sarà certamente una miniera di informazioni per la storia della marineria mediterranea e, forse, potrà porre fine al lungo capitolo legato alla ricerca del famoso relitto raguseo del S. Spirito e Madonna di Loreto”. Alessandra Cabella storico dell’arte subacqueo presso lo S.T.A.S. e referente della tutela storico-artistica per le unità territoriali Genova Sud-Est e Genova Nord-Ovest ha affermato: “Il patrimonio tutelato, dalle grandi evidenze alle tracce semi-sconosciute sul nostro territorio, costituisce un universo straordinario e multiforme, da proteggere e promuovere: il suo eccezionale plus valore è la sua naturale destinazione collettiva, la sua ideale appartenenza alla coscienza della nazione, contribuendo a costituirne l’identità culturale. La collaborazione coi subacquei e coi diving centres è particolarmente preziosa: segnalare una scoperta non è solo un obbligo di legge. I due scopritori con la segnalazione di questo nuovo importantissimo relitto sono diventati parte attiva nella tutela di un patrimonio che costituisce parte pulsante e identitaria delle nostre radici storiche e culturali”. Molto interessanti anche le dichiarazioni di Francesco Olivari, Sindaco di Camogli: “Anche in questo periodo di confinamenti il nostro mare è fonte inesauribile di scoperte che ci aprono a spazi ed epoche diverse. Grazie a questa scoperta eccezionale, col coordinamento della Soprintendenza e la collaborazione dei Carabinieri, le ricerche arricchiranno la conoscenza anche storica dei nostri fondali”. E di
Giorgio Fanciulli, Direttore dell’Area Marina Protetta Portofino: “Ancora una volta l’Area Marina Protetta di Portofino si è rivelata non solo uno scrigno di biodiversità, ma anche un tesoro sommerso di storia che sconfina nella leggenda. Coi tesori in essa racchiusi rappresenta la località ideale per un nuovo modello di turismo che guidi l’ospite a condividere i valori del territorio e le sue radici culturali”.
Considerando i continui ritrovamenti di reperti da parte di pescatori e di subacquei sarebbe auspicabile che si riuscisse a realizzare un museo di archeologia subacquea, proprio a Santa Margherita Ligure o a Camogli. Sarebbe una sicura e importante attrattiva culturale e turistica visto che la zona è fra le più belle e più frequentate del Mar Mediterraneo dai subacquei e dai turisti italiani e stranieri. Inoltre, proprio in provincia di Genova è nata e si è sviluppata tutta l’attività subacquea: dalla didattica alla produzione, dalla ricerca all’agonismo.

Fonte: Il Cittadino
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