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Pandemia e società del futuro

Tema al centro del libro di Mario Salisci ‘Covid Ground Zero: il nuovo Medioevo’

Pandemia e società del futuro

“Covid ground Zero il nuovo Medioevo: gli effetti della pandemia e la società del futuro” è il nuovo testo del sociologo Mario Salisci che offre un’analisi sulla transizione che stiamo attraversando, tra difficoltà, ma anche prospettive. Abbiamo posto alcune domande all’autore.

Nel suo libro accosta il periodo di cambiamento che stiamo vivendo a un ‘nuovo Medioevo’: può spiegarci quali sono i termini e le caratteristiche di questo paragone?

Ho studiato il periodo storico del secondo secolo dell’impero romano, sotto il regno di Marco Aurelio, colpito da una pandemia devastante nota come ‘peste antonina’; da quel momento in poi l’impero non si è più mai realmente risollevato,  perdendo il 30% della popolazione.

Alla pandemia è seguita una crisi economica di portata devastante che provocò un periodo di forte anarchia che di fatto scosse l’impero che dovette riportare all’interno dei propri territori intere popolazioni. Quello che è successo allora si è in qualche maniera riproposto con una somiglianza che ha dell’incredibile; allora come oggi una società globalizzata, con una lingua comune (noi l’inglese, loro il greco della koiné), una stabilità economica politica e culturale molto simile alla nostra, in un tempo sostanzialmente di pace e di prosperità, di conquiste sociali e scambi culturali. Un impero urbanizzato con grandi città (Antiochia, Alessandria d’Egitto, la stessa Roma) che possono essere considerate le metropoli di oggi.

A un certo punto quell’impero finisce, anche per cattive scelte economiche e sociali in reazione alla pandemia, che però aprirono le porte a una nuova configurazione del diritto e di fatto alla nascita del Medioevo che si strutturò anche in ragione dell’abbandono dei contesti urbani da parte dei ricchi cittadini che andarono a vivere nelle campagne per evitare il contagio.

Da lì le grandi ville degli antichi romani divennero i villaggi, con comunità coese perché facevano riferimento a una famiglia di origine. Il Medioevo, troppo spesso percepito con accezione negativa, diede origine a quello che siamo noi oggi; è stato il tempo della comunità, esigenza che oggi si sta facendo sempre più concreta, con l’aumento delle persone che lasciano la città per abitare centri più piccoli e vivibili, grazie alla possibilità dello smart working e inseguendo uno stile di vita meno frenetico che il lockdown ha fatto riscoprire. Un fenomeno che era comunque già in atto.

La pandemia ha portato necessariamente a un cambiamento radicale nel concetto di relazione: secondo lei in che modo oggi la relazione famigliare, affettiva, di amicizia sta sopravvivendo, che cosa ci aiuta a tenerla viva? E in che modo ne uscirà?

La relazione ha subito uno stress enorme; un disordine relazionale era comunque già diffuso prima della pandemia, pensiamo alla crisi della famiglia o alla gestione affettiva negli adolescenti e ragazzi. Il covid ha bloccato la possibilità di frequentare
gli affetti più cari, riportando al centro i valori fondanti dello stare insieme.

Gli affetti primari sono diventati non più scontati e la relazione è stata riscoperta come come concetto fondante l’essere.

Inoltre, anche la morale è stata rimessa al centro della scena, banalmente perché avendo regole precise da rispettare ogni giorno, è molto più evidente il tema del comportamento e di quanto il mio possa provocare conseguenze sugli altri. Non so come ne usciremo, molto dipenderà da come le grandi agenzie educative, famiglia e scuola in primis, riusciranno a gestire la transizione.

E’ evidente che siamo entrati in un cambiamento, che le cose non saranno più come prima lo sappiamo, dobbiamo iniziare a configurare processi educativi che ci consentano di gestire la transizione e non di esserne travolti. Se saremo bravi avremo una comparto relazionale più forte e solido di prima; la Chiesa ha una grande responsabilità come istituzione di riferimento, è forse l’unica che mantiene un’autorevolezza.

Ad esempio, la sfiducia nelle istituzioni è enorme e questo è un altro grande tema che va a disgregare la società così come si è costituita.

La spiritualità e la ricerca interiore è secondo lei aumentata o comunque c’è una maggiore attenzione dopo le chiusure forzate e il tempo trascorso a casa?

E’ entrata in crisi la pratica religiosa, come la partecipazione alla Messa, causata senza dubbio anche dal fatto che la gente ha paura e spesso sceglie di non uscire.

La ricerca interiore è invece decisamente incrementata, soprattutto durante il lockdown, un tempo difficile, sospeso, ma che ci ha donato un nuovo spazio di riflessione.

Ho sentito tante persone affermare che per alcuni aspetti era necessario potersi fermare e interrompere meccanismi di gestione della vita ormai automatici, incastrati in routine meccanizzate e alienanti. Tanti hanno iniziato a farsi delle
domande, il vero tema intorno al quale si inizia a lavorare per la società del futuro.

Come andrà a sfociare tutto questo non lo so, ma bisogna essere bravi di nuovo a essere propositivi; il cristianesimo è la più raffinata delle proposte possibili, bisogna saperlo comunicare e incrociare il bisogno delle persone. Così come bisogna saper accompagnare un cambiamento che pone condizioni geopolitiche assolutamente inedite e che non riguarda soltanto la questione pandemica o l’economia. Il cambiamento comunque può portare sempre elementi positivi e questo non bisogna trascurarlo.

Il libro è acquistabile on line, su amazon e non solo.

Fonte: Il Cittadino
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