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I Vangeli nell'arte - La Trinità

Raffigurata fin dalle origini del Cristianesimo

I Vangeli nell'arte - La Trinità

Tre solennità del Signore ricollegano il tempo ordinario alla Pasqua, suggerendo la connessione tra la fede quotidiana dei cristiani e il maggiore dei misteri del Salvatore: la sua morte, resurrezione e glorificazione. La prima di queste ricorrenze è la Santissima Trinità, poi vi è il Corpus Domini e il Sacro Cuore di Gesù.

La domenica successiva alla Pentecoste la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità. Con l’effusione delle Spirito Santo sui discepoli di Gesù, cinquanta giorni dopo la Pasqua, la Chiesa infatti non solo ebbe inizio, ma ebbe modo di misurarsi con una terza Persona: lo Spirito Santo. Come ricorda la colletta di questa domenica ci si rivolge al Padre perché “hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di Verità, e lo Spirito santificatore, per rivelare agli uomini il mistero della tua vita”. Questo mistero è il soggetto del dipinto di Mariotto Albertinelli, “Trinità”(1510) conservato alla Galleria dell’Accademia. Il mistero della vita di Dio è l’amore. Il Padre ama il Figlio e il figlio ama il Padre fino ad accettare la croce nell’obbedienza della sua volontà. Nel dipinto, lo Spirito è al centro, sotto la mano benedicente di Dio e sotto il grande libro con un’alfa e un’omega: aleggia sul cuore del Padre sopra la croce del Figlio, come “artefice” della grande “opera” della nostra salvezza.

Questa ricorrenza liturgica dedicata al mistero del Dio presente nelle tre persone del Padre, Figlio e Spirito Santo fu istituita nella prima metà del Trecento da Papa Giovanni XXII. Fin dai primi secoli del cristianesimo gli artisti hanno dato forma all'invisibile avvicinando il credente al dogma, presente nel Simbolo Apostolico a partire dal IV secolo.

Le raffigurazioni più antiche risalgono ai primi secoli del cristianesimo. Nelle catacombe romane di via Latina risalente al IV secolo, c’è una delle una delle prime raffigurazioni della Trinità. Sono i tre angeli, o viandanti, cha appaiono ad Abramo. I Padri della Chiesa infatti vedevano in loro una prefigurazione della Trinità. Questa tradizione si tramanderà nei secoli.

Successivamente il soggetto ritorna nella Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore a Roma o a Ravenna nel VI secolo all’interno della Basilica di San Vitale. Lungo la storia dell’arte l’immagine della Trinità è incarnata dal Padre anziano, dal Figlio più giovane e dalla colomba dello Spirito Santo. Tre figure che compaiono generalmente nelle rappresentazioni del Battesimo di Cristo, della Trasfigurazione o dell’Incoronazione di Maria.

L’iconografia tradizionale è quella presente nell’affresco con “La Disputa del SS. Sacramento”, dipinto da Raffaello nel 1509 nelle Stanze Vaticane. Attorniato dai santi e dai patriarchi seduti a semicerchio sulle nuvole è Cristo risorto, un giovane uomo sorridente, sormontato dalla figura del Padre, anziano, maestoso e benedicente. Ai piedi dei due è dipinta in volo la colomba dello Spirito Santo, accanto alla quale sono disposti quattro angeli che sorreggono i quattro Vangeli. Centro della composizione è l’Eucarestia perché nell’Eucarestia, nel Corpo di Cristo è presente tutta la Trinità. Analoga iconografia è quella adottata in un dipinto coevo di Giovanni Bellini, conservato nella Chiesa di Santa Corona a Vicenza: il “Battesimo di Cristo”.  Il Padre è anziano e solenne sulle nubi, Gesù giovane ci guarda frontalmente e la colomba dello Spirito vola sopra di lui.

Una soluzione iconografica destinata ad avere fortuna nella pietà popolare è quella dei tre uomini, simili nell'aspetto, l’uno accanto all’altro. È presente anche nei codici quattrocenteschi come nella miniatura dipinta da Jean Fouquet tra il 1542 e il 1460 sulla pergamena del Livre d’Heures d’Etienne Chevalier, dove compaiono tre giovani vestiti di bianco, biondi con la barba e le sembianze di Gesù.

Più rara ed originale è senza dubbio l’immagine del Dio tricefalo: un solo uomo con tre teste, il “Vultus Triformis”.  Se ne conserva un esempio in un affresco del Duomo di Atri in provincia di Teramo, riconducibile al 1410, dove è effigiato un giovane con tre teste. Tale raffigurazione venne poi proibita nel Seicento da Papa Paolo V perché considerata troppo vicina alle immagini delle divinità pagane.

Destinata ad avere diffusione e fortuna è invece la scena del “Trono di gloria” o “Trono di Grazia”, in cui il Padre mostra il Cristo Crocifisso al mondo e tra i due vola la colomba dello Spirito Santo. Masaccio a Santa Maria Novella ne è l’esempio più eloquente. Il soggetto trae origine dalla Pietà “patetica” propria del mondo tedesco tra XIV e XV secolo, diffusa tra i mistici della Renania.

Se il Quattrocento e il Cinquecento sono i secoli in cui maggiormente i pittori si cimentano sul tema della Trinità, essa compare anche nel Seicento e nel Settecento, ma la sua “manifestazione” non è tanto dettata da esigenza spirituali, piuttosto è finalizzata ad offrire alla vista di chi guarda un effetto “spettacolare”, come mostrano Pietro da Cortona e Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio. 

Fonte: Il Cittadino
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