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Catechesi nell'arte - San Patrizio Vescovo

La Chiesa ne fa memoria il 17 marzo

Catechesi nell'arte - San Patrizio Vescovo

Patrizio nasce verso il 385 nella Britannia romana da una famiglia cristiana. Il padre Calpurnio era diacono della comunità di Bannhaven Taberniae, loro città d’origine e possedeva anche un podere nei dintorni. Il giovane Patrizio trascorse la sua fanciullezza e l’adolescenza in serenità, ricevendo un’educazione abbastanza elevata.

Verso i 16 anni viene rapito e condotto schiavo in Irlanda, dove rimane prigioniero per 6 anni durante i quali approfondisce la sua vita di fede secondo il brano della Confessione che abbiamo letto all’inizio. Fuggito dalla schiavitù, ritorna in patria. Trascorre qualche tempo con i genitori, poi si prepara per diventare diacono e prete. In questi anni raggiunge probabilmente il continente e fa delle esperienze monastiche in Francia. Ha ormai 40 anni e sente forse la nostalgia di ritornare nell’isola verde. Qui c’è bisogno di evangelizzatori e qualcuno fa il suo nome come vescovo missionario. Egli si prepara, ma la famiglia è restia a lasciarlo partire, mentre degli oppositori gli rimproverano una scarsa preparazione. Nel 432, tuttavia, egli è di nuovo sull’isola. Accompagnato da una scorta, predica, battezza, conferma, celebra l’Eucarestia, ordina presbiteri, consacra monaci e vergini. Il successo missionario è grande, ma non mancano gli assalti di nemici e predoni, e neppure le malignità dei cristiani.

Patrizio scrive allora la Confessione per respingere le accuse e celebrare l’amore di Dio che l’ha protetto e guidato nei suoi viaggi così pericolosi.  Il vero nome di San Patrizio era Maewyin Succat, visse tra il 385 e il 461 ed era di origini scozzesi. A sedici anni fu rapito dai pirati irlandesi e venduto come schiavo a re Dalriada, sovrano di un regno che allora comprendeva parte della Scozia e dell'Irlanda. Fuggito dalla corte, il giovane si fece diacono col nome latino di Patrizio e divenne poi vescovo. A lui papa Celestino I affidò il compito di evangelizzare le terre irlandesi: il futuro santo lo svolse con grande impegno, favorendo la contaminazione tra elementi cristiani e celtici pagani. San Patrizio è collegato anche al simbolo dell'Irlanda, il trifoglio.

Per spiegare agli irlandesi la Trinità (un unico Dio, in tre Persone e non tre Dio), Patrizio utilizzò proprio il trifoglio. Si racconta che Patrizio pregasse in una caverna molto profonda nell'isolotto lacustre di Lough Derg, nella contea irlandese di Donegal. Secondo la leggenda, talvolta spingeva i fedeli ad avventurarsi in essa perché potessero vedere con i loro occhi l'ingresso dell'inferno. Oggi con l’espressione “pozzo di san Patrizio” si indica una riserva misteriosa e infinita di ricchezze. Leggenda vuole che sia stato proprio Patrizio a scacciare i serpenti dall'Irlanda. Nel 441, al termine di un digiuno di 40 giorni e 40 notti sul monte Croagh Patrick, il santo avrebbe scagliato una campana da una montagna, facendo fuggire per il frastuono tutti i serpenti... Più probabilmente, però, l’assenza di questi rettili è dovuta all’ultima era glaciale, terminata circa 12.000 anni fa.

Per gli scienziati, il freddo avrebbe tenuto lontano i serpenti fino al disgelo, quando l’Irlanda era ormai diventata un’isola. A quel punto, coi mari circostanti, per loro sarebbe stato impossibile raggiungerla. Gli studiosi però non sono tutti d’accordo sulla situazione precedente all’era glaciale: per alcuni i serpenti non ci sarebbero mai stati (nessun fossile è stato trovato), per altri si sarebbero estinti a causa del freddo.

Troviamo una rappresentazione del santo irlandese nelle collezioni dei Musei Civici dio Padova, opera realizzata da Giambattista Tiepolo nel 1746, San Patrizio vescovo d’Irlanda. Raffigura San Patrizio vescovo su un piedistallo di marmo, in veste da pontefice e la mano sinistra rivolta verso l'alto, mentre guarisce un infermo. Dipinse la pala d'altare per i canonici regolari lateranensi a S. Giovanni di Verdara, a Padova, che veneravano il santo come membro del loro stesso ordine, non gli fu facile trovare il modo di trasmettere la santità di questa figura raramente rappresentata.

Fece dunque vari tentativi, eseguendo un consistente gruppo di disegni a penna e inchiostro con possibili composizioni raffiguranti il santo che risana un giovane, mentre predica ed esorcizza un demone, prima di inventare una splendida immagine compatta che compendia tutti questi concetti.

Ilaria Brigati

Fonte: Il Cittadino
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