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Catechesi nell'arte - La chiesa di N.S della Consolazione

Degli Agostiniani - Memoria di Sant'Agostino il 28 agosto

Catechesi nell'arte - La chiesa di N.S della Consolazione

Di una chiesa intitolata a Nostra Signora della Consolazione si hanno notizie, a Genova, a partire dal 1475. Tale chiesa, legata al nome del beato Battista Poggi, era annessa al convento della Congregazione della Consolazione, una congregazione riformata che faceva parte dell'Ordine Agostiniano. La collocazione iniziale era all'esterno delle mura cittadine, nella località chiamata Artoria, alle pendici del colle dello Zerbino (dal termine genovese "Zerbo", che significa "muschio"). Il tracciato delle mura Nuove, costruite nel 1632, venne a passare proprio sopra di essa. Nei decenni successivi, la necessità di migliorare le difese cittadine obbligò a sgomberare ulteriormente anche l'area in prossimità delle mura, rendendo necessaria l'eliminazione del complesso conventuale, demolito nel dicembre del 1681 nonostante l'opposizione dei padri agostiniani.

Gli agostiniani ottennero nella circostanza dalla Repubblica di Genova l'autorizzazione a edificare un nuovo convento sull'area dove oggi sorge l'attuale chiesa. L'edificazione ebbe luogo dal 1681 al 1706, su progetto incertamente attribuito a Piero Antonio Corradi, ma la chiesa fu aperta al culto già dal 1693 sotto il patrocinio delle famiglie genovesi Durazzo, Della Torre, Canevari e Lercari-Castiglione. Nel 1769 fu dotata della cupola, disegnata da Simone Cantoni. Nel 1864 fu realizzata la facciata. 

Inizialmente gli Agostiniani, ospitati nel vicino palazzo Pinelli, attualmente inglobato nelle pertinenze della chiesa, officiavano le funzioni religiose nella vicina parrocchiale di San Vincenzo. Accanto a questa prima sistemazione iniziarono a costruire la nuova chiesa. Nel tempo, nella chiesa sono state raccolte opere d'arte provenienti dall'antica sede e da diverse chiese cittadine soppresse, tuttavia gli agostiniani preferirono dedicare le risorse disponibili all'edificazione di un convento che avesse anche una funzione di riferimento culturale, piuttosto che all'abbellimento della chiesa. Se poche infatti sono le opere d'arte settecentesche, peraltro commissionate da benefattori delle già citate famiglie, il convento si estendeva su un'area di 10.000 metri quadrati ed aveva quattro piani, di cui uno occupato dalla biblioteca. 

Fu anche iniziato ma mai terminato un grande chiostro settecentesco, rimasto incompiuto, che verso la fine del XIX secolo divenne sede del Mercato Orientale di via XX Settembre, quale rimane tuttora. Del chiostro originario, il mercato comprende i colonnati ai lati posti verso la chiesa e verso la via XX Settembre nonché il portale chiuso sulla piazzetta di accesso al mercato in via Galata, mentre gli altri due lati sono stati completati quando venne realizzato il mercato Orientale. 

Con la nuova dominazione napoleonica, e i conseguenti editti del Bonaparte di soppressione degli ordini religiosi, nel 1810 gli Agostiniani furono costretti all'abbandono della chiesa che, passata al clero diocesano, nel 1813 fu eretta al titolo di parrocchia, aggiungendo al proprio titolo anche quello della vicina chiesa di San Vincenzo, che aveva dato il nome all'omonimo sestiere, soppressa perché per le esigue dimensioni era divenuta insufficiente per svolgere il ruolo parrocchiale. Gli agostiniani, che tuttora reggono la parrocchia, vi fecero ritorno nel 1816. 

Dal ritorno degli Agostiniani, per tutto l'Ottocento, fu completata la decorazione della chiesa, per opera di Michele Canzio, Giuseppe Isola, Giuseppe Paganelli, Giovanni Quinzio e Francesco Semino. 

L'edificio fu ufficialmente consacrato nel 1875 dall'arcivescovo di Pisa monsignor Paolo Micallef. Dopo il 1875 vennero realizzati nuovi cicli di affreschi all'interno della chiesa. 

Nel Novecento ebbe grande impulso il culto di santa Rita da Cascia, alla quale è stato dedicato un altare, in precedenza intitolato a san Rocco. Il 22 maggio, in occasione della ricorrenza della santa, numerosi fedeli prendono parte alla tradizionale benedizione delle rose. 

La chiesa ha tre navate, separate da pilastri quadrangolari. Sopra all'altare maggiore è sospeso un grande crocifisso su tavola, probabilmente proveniente dalla soppressa chiesa di Sant'Agostino in Sarzano, dipinto intorno al 1350 da un ignoto allievo di Pietro Lorenzetti, citato come il Maestro di Santa Maria di Castello, per un'altra tavola conservata presso questa chiesa.  La volta della navata centrale e la controfacciata sono state affrescate nel 1874 da Giuseppe Isola (Visioni dell'Apocalisse, Gloria di Nostra Signora della Consolazione e Giuditta rientra trionfante in Betulia), mentre gli affreschi delle navate laterali sono opera di Giovanni Quinzio. Nel presbiterio è conservato un frammento di muro con un piccolo affresco in chiaroscuro raffigurante la Deposizione, attribuito a Perin del Vaga e proveniente dalla sacrestia della vecchia chiesa di Artoria. 

Degno di nota è l’altare posto a coronamento della navata destra e costituisce un pregevole esempio unitario di decorazioni tardo barocche. L’opera fu commissionata a Giovanni Domenico Della Torre nel 1718 e fu affidato al pittore Paolo Gerolamo Piola, il compito non solo di eseguire gli affreschi con le “Storie di Sant’Agostino” (come il “Battesimo del Santo” secondo un arditissimo “sottoinsù”) e “San Pietro che riceve le chiavi da Gesù”  in un ideale scenario romano, ma anche di progettare tutta la parte scultorea, così da conseguire un’armonica struttura, ove tutto si correlasse e integrasse.

Il grande gruppo scultoreo “La Madonna con Santa Monica e gli angeli, porge a Sant’Agostino la cintola” fu invece eseguito da Bernardo Schiaffino che utilizzò due colonne tortili di marmo portoro di Portovenere tra le più grandi esistenti. Le due statue soprastanti rappresentano la “Fede” e la “Purezza” sono opera di Pellegro Olivari. La giovane Maria nella sua celeste bellezza con la mano regge un capo della sua cintura che porge a una devota che a Lei rivolge le sue preghiere. Questa donna si chiama Monica, desolata e triste per la scomparsa di suo marito e per le vicende di suo figlio Agostino, nella sua sincera devozione chiede alla Madonna quale abito indossare durante la sua vedovanza. Si narra che Maria si sia mostrata a lei con una veste semplice e priva di sfarzo e con quella cintura che donò appunto a colei che sarebbe poi diventata Santa Monica. E ancora ai piedi della Madonna c’è anche Sant’Agostino, figlio di Santa Monica.

Fonte: Il Cittadino
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