Comunità diocesana
stampa

Due anni di guerra in Ucraina. Padre Vitaly Tarasenko: "Il Paese vuole la pace"

Sono oltre 6 milioni gli sfollati ucraini all'estero - L'accoglienza a Genova

Due anni di guerra in Ucraina. Padre Vitaly Tarasenko: "Il Paese vuole la pace"

Sono passati due anni dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022. Una guerra inaspettata, che secondo l’aggressore doveva finire rapidamente con la resa della nazione aggredita, e che invece ha seminato migliaia di morti fra soldati e popolazione civile e ha letteralmente distrutto un territorio immenso e ricco di materie prime.

Fin dai primi bombardamenti, che hanno convolto ampie porzioni di territorio e anche la capitale Kiev, gran parte della popolazione ucraina ha lasciato i propri territori, per dirigersi in zone più sicure se non addirittura all’estero, in Europa, dove immediatamente la macchina dell’accoglienza si è messa in moto a tutti i livelli.

I primi profughi ucraini sono arrivati a Genova nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della guerra, e sono stati accolti dalla Comunità Ucraina locale, guidata da Padre Vitaly Tarasenko, coadiuvata dalla Caritas diocesana.

La solidarietà di tutti si è resa immediatamente tangibile, affiancata dalla vicinanza umana e spirituale della città.

Secondo un recente rapporto di Caritas SPES Ucraina, oggi sono oltre 6 milioni gli Ucraini sfollati, e quasi 4 milioni sono stati costretti a fuggire all’interno dei confini.

Per commentare questi dati e per comprendere quale stato d’animo grava sulla popolazione ucraina a due anni dallo scoppio della guerra abbiamo incontrato Padre Vitaly Tarasenko, Cappellano della Comunità Ucraina a Genova. 

Padre Vitaly, dopo due anni di guerra siamo a fare il conto tragico delle vittime e di chi è stato costretto a fuggire. La soluzione non sembra imminente nonostante i ripetuti appelli alla pace, soprattutto da parte del Papa...

La guerra è stata inaspettata. Prima della guerra il popolo ha vissuto con la speranza della pace, e del miglioramento della situazione economica del Paese. Tanti emigrati che avevano lavorato all’estero erano in procinto di tornare in Ucraina in una condizione economica più favorevole, che avrebbe permesso di dare concretezza ad alcuni progetti. La guerra è stata un duro colpo per tutti, uno shock. A Genova, fra i primi profughi arrivati abbiamo accolto piccoli imprenditori, che avevano avviato piccole attività, aziende, prime basi di progetti futuri che sono stati letteralmente spazzati via. La popolazione oggi, qui e in Ucraina, è psicologicamente provata e stanca, gravata da due anni di allarmi e allerte. Anche noi qui, da lontano, ogni giorno ci preoccupiamo per chi è rimasto sul territorio, cerchiamo di scoprire cosa succede, se ci sono stati bombardamenti, attacchi. Anche qui prevalgono uno stress e una tensione continua, che fanno veramente male.

Per alleviare in qualche modo questa sofferenza, in Ucraina i Vescovi hanno chiesto ai sacerdoti di dare attenzione al tema “Curare le ferite di guerra”, non solo quelle fisiche ma anche quelle dell’anima. La nazione oggi ha bisogno di guarigione, e per questo i Vescovi invitano a rispondere con amore alla violenza e all’odio, per estirpare dal cuore degli Ucraini quei sentimenti che generano tendenzialmente altra violenza. 

Il Papa è impegnato a chiedere incessantemente la pace. Il Card. Zuppi è stato inviato dal Pontefice per aprire un canale fra Mosca e Kiev, allentare la tensione e trovare la via del dialogo…

Purtroppo devo affermare che non si tratta di un dialogo ma di un monologo da parte della Santa Sede che chiede continuamente la pace.

Questa via oggi è molto tortuosa, poiché l’aggressore usa un linguaggio di supremazia e forza, senza nemmeno accorgersi di quale prezzo stia pagando il suo popolo in termini di vite umane, con migliaia di vittime fra i soldati. Prevale oggi, ancora, la logica della forza, della potenza, della violenza. 

Come si può immaginare un futuro in una terra che un tempo era fiorente, ricca di materie prime, e che oggi è devastata dai bombardamenti, inquinata dall’uso delle armi, dove si stima che ci vorranno circa 700 anni per liberare il suolo dalle mine?

La guerra ha portato la distruzione della terra, dell’economia, della cultura. Restano le cicatrici sul terreno, con zone intere letteralmente morte, inquinate, contaminate: sono pezzi di territorio dove non abiterà più nessuno. Le armi utilizzate dall’esercito russo sono devastanti, sia per l’uomo che per la terra e la natura. Le mine fanno vittime ogni giorno, anche fra i bambini, e questo è ciò che fa più male. 

La popolazione ucraina, da due anni a questa parte, vive in Europa in seguito all’accoglienza gestita a vari livelli. Come valuta questa integrazione che si è resa necessaria dopo lo scoppio della guerra?

Tutta l’Ucraina, prima dell’invasione russa, desiderava l’ingresso in Europa. Sappiamo che arrivare qui prima della guerra non era così semplice a livello burocratico. Dopo la guerra, paradossalmente, l’ingresso è stato reso più facile, a motivo dell’accoglienza dei profughi che in questi due anni sono arrivati sul territorio europeo. Qui gli Ucraini sperimentano ogni giorno cosa significa vivere nel diritto, nel rispetto della persona. Qui abbiamo avuto la possibilità di imparare la lingua, di lavorare, di essere considerati alla stregua degli altri cittadini. È questo il desiderio della popolazione tutta. 

Dopo due anni di accoglienza in Santo Stefano, che è diventata un punto di riferimento per la popolazione ucraina a Genova, quali progetti ci sono e quale bilancio puoi fare?

La chiesa di Santo Stefano è diventata due anni fa un centro di accoglienza, fornendo assistenza di qualsiasi tipo. Mi piace ricordare soprattutto, a due anni di distanza, l’avvio di una scuola, il sabato, per i bambini ucraini. Qui si insegnano la lingua, la cultura, le tradizioni della terra di origine, affinchè non vadano disperse e possano essere sempre portate avanti. Le persone arrivate, dopo due anni di una guerra che non sembra finire, hanno capito che bisogna ricostruire la vita, mantenendo forte il desiderio di tornare in Ucraina, ma portando con sé il bagaglio culturale e di esperienza maturato qui. Nel corso del tempo si sono create relazioni vere, sincere, che continuano. Caritas diocesana ha impostato il primo soccorso, e ha lavorato alla nostra formazione per creare un nostro gruppo Caritas in coordinamento e collaborazione. La Via Crucis celebrata venerdì scorso ne è un esempio. Nei giorni scorsi è arrivato a Genova un gruppo di 10 vedove di guerra, per partecipare ad un progetto posto in essere lo scorso anno da un gruppo di volontari di Savona. Poter vivere alcuni giorni in tranquillità, lontane dal rumore delle sirene, accompagnate da un sostegno psicologico, è un modo per provare a gestire la propria sofferenza e la propria difficoltà personale. Lo scorso anno Savona ha dato ospitalità ad un primo gruppo di 10 donne; le ucraine in arrivo a Genova saranno accolte all’Hotel Bristol, che si è fatto carico del progetto e dell’ospitalità per dare un segno concreto di attenzione, di solidarietà e di partecipazione. Le vedove ucraine parteciperanno, nella loro permanenza, alla vita della Comunità, e avranno anche occasione di conoscere Genova e le sue bellezze. Momento fondamentale saranno i colloqui con gli psicologi. Si tratta di un periodo breve, che però porterà nella vita di queste donne alcuni elementi e consapevolezze in più per ricominciare la propria vita nonostante i lutti e la devastazione della guerra. In futuro questo progetto sarà assunto anche dalla Diocesi, tramite la Caritas, per far sì che tanti gruppi di donne possano vivere questa esperienza.

Fonte: Il Cittadino
Due anni di guerra in Ucraina. Padre Vitaly Tarasenko: "Il Paese vuole la pace"
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento