Chiesa e mondo
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La cura della "Casa comune"

Presentato nei giorni scorsi un documento di Papa Francesco sulla salvaguardia del creato

La cura della "Casa comune"

Iniziato l’anno Laudato si’, che si propone di fare passi avanti sulla “messa in opera” di quanto viene indicato dalla enciclica che compie cinque anni, ecco la pubblicazione del documento “In cammino per la cura della casa comune” che si pone come strumento offerto per orientare l’agire dei cattolici ed interpella quindi ogni cristiano ad una buona relazione con il creato. Forse è bene ricordare che la Laudato si’ non è una enciclica ambientalista ma una grande e completa riflessione che non fa altro che ribadire che la terra è un bene di tutti e che a tutti è affidata la sua cura. Se crediamo all’alleanza con il Creatore, allora dobbiamo essere consapevoli che questa terra, la casa comune, ci è stata donata e come tutti i doni va non solo accolta ma “usata”, coltivata e custodita in condivisione e in ordine al disegno del Padre. Una buona terra dà dei buoni frutti; una buona terra non può che generare una buona umanità e una buona umanità non può non sentire di mettersi in cammino verso Colui che dona.

La cura della casa comune è un modo, il modo per farsi prossimo ad ogni uomo, ad ogni realtà (perché tutto è in relazione!) per annunciare la Vita, per annunciare e vivere già qui ed ora il Regno. Non è forse questo il nostro dovere di cristiani? La cura della casa è stare vicino all’uomo, è stare nella storia non come persone “religiose” o “devote” ma come discepoli missionari, come persone che sanno entrare in relazione con tutti, che sanno abitare città e paesi con lo stile di chi non vuole convertire o fare proseliti ma “stare in mezzo”, “tra”, per dire al mondo la Buona Novella. Non a caso il documento si apre con il richiamo alla conversione ecologica “che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che ci circonda” (LS 217).

Il documento parte quindi dalla necessità di un cambio di mentalità che porti alla cura della vita e del creato, al dialogo con l’altro e alla consapevolezza della connessione profonda tra le questioni del mondo. Si procede dalla connessione interiore (il sapere fondere il nostro essere nello stile della contemplazione e dell’azione) per arrivare a fare equilibrio tra vita personale, sociale e ambientale. Prendersi cura del creato richiede una educazione permanente, un “patto educativo” tra tutte le persone e gli enti coinvolti. Famiglia, casa, scuola, parrocchia, istituzioni, economia, imprese, università sono chiamati in causa. Il riferimento particolare all’università, che viene indicata nel suo triplice compito di insegnamento, ricerca e servizio, conferma indirettamente quanto stiamo realizzando a partire dalla Convenzione quadro che Fondazione Auxilium ha sottoscritto lo scorso novembre con l’Ateneo genovese.

Il documento non trascura nessuno dei tanti aspetti che sono affrontati nella enciclica e pone una serie di suggerimenti pratici che approfondiremo e che costituiranno davvero un cammino insieme. Il mondo travolto dalla pandemia ha bisogno di risposte nuove; certamente sono e saranno determinanti quelle legate alla salute, alla economia ma è il modo, lo stile “umanitario” con il quale si fanno scelte e si prendono provvedimenti che sarà decisivo e noi cristiani non solo possiamo, ma dobbiamo facilitare modelli di pensiero, di relazione, di sostenibilità, ricerca e prospettive di soluzione non esclusive né escludenti. Il documento affronta temi legati alla comunicazione, all’alimentazione, allo spreco, all’agricoltura, all’economia e alla cultura, all’uso dei beni in genere (a partire dall’acqua, bene primario e universale), all’inquinamento, alla lotta alle ingiustizie e alle povertà.

Ma soprattutto sottolinea il “primato della società civile”. E qui entra in gioco il nostro agire personale ma più di tutto quello comunitario. Sarà determinante la scelta delle comunità, delle parrocchie: se, consapevoli dei doni ricevuti e del compito missionario, vorranno prendersi cura della casa comune o se rimarranno chiuse nella ripetitività di riti, tradizioni, programmi e calendari: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione” (EG, 27).

La pandemia ci insegna che siamo ad una svolta. È sufficiente considerare i dati relativi al crescere dell’impoverimento per capire che non possiamo restare in quel “letargo di responsabilità” di cui scrive Papa Francesco nel messaggio per la prossima Giornata Mondiale dei Poveri (15 novembre 2020). Questa giornata potrebbe costituire un obiettivo cui mirare per intraprendere un “cammino di cura” che, a partire dai nostri luoghi di vita, facendo nostri i suggerimenti del documento, crei condizioni di qualità di vita e sostenibilità nel rispetto di ogni uomo, del creato.

*Direttore Fondazione Auxilium

Fonte: Il Cittadino
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