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Forse sogno di vivere

Forse sogno di vivere

Quando muoiono i testimoni, restano solo le loro parole. È per questo che, dopo la scomparsa di Ceija Stojka, rom deportata ragazzina ad Auschwitz, Ravensbrück e Bergen-Belsen, riprendiamo in mano il resoconto della sua deportazione "Forse sogno di vivere" (Giuntina, 82 pp., 10 euro) con la percezione di sfogliare pagine preziose. Aveva settantanove anni, questa rom cattolica austriaca - un'indole artistica e uno sguardo poetico sul mondo - quando si è spenta lo scorso 28 settembre a Vienna, il giorno dopo la Giornata della memoria della Shoah. Con lei se ne va una parte importante del ricordo del Porrajimos, l'Olocausto del popolo zingaro, ed in questi momenti è difficile non riflettere su questa generazione particolare di testimoni: non più i Primo Levi, dal ricordo adulto e dalla riflessione controversa e interiore, ma quelli che erano bambini, ragazzini, e ci hanno consegnato una memoria fatta di flash, di sensazioni, dei sentimenti spezzati di un'infanzia lacerata dall'incontro con il male.
Ceija Stojka, nata nel 1933 a Kraubath, un paesino della Stiria, era la quinta di sei figli di una famiglia cattolica di Rom Lovara. Tra il 1941 ed il 1945 è stata deportata in tre campi di concentramento. Venne marchiata come uno dei cavalli che suo padre vendeva alle fiere e sul braccio le restò il tatuaggio "Z6399" dove la lettera zeta sta per zigeuner, zingaro. La sua famiglia allargata contava più di duecento persone, di queste solo lei ed altre cinque sopravvissero alla deportazione. Dopo il ritorno dal lager ha vissuto a Vienna e nei dintorni della capitale austriaca lavorando come venditrice ambulante. Dotata di spiccata sensibilità artistica Ceija Stojka è stata scrittrice, poetessa, cantante e pittrice. Ha scritto poesie e testi sia in lingua romanes che in tedesco. È stata una dei pochi rom a mettere per iscritto i suoi ricordi di sopravvissuta e a pubblicare, nel 1988 la biografia "Wir leben im Verborgenen. Erinnerungen einer Rom-Zigeunerin" (Viviamo in isolamento. Memorie di una Romnì). Nel 1992 esce il suo libro "Reisende auf dieser Welt" (Viaggiatori di questo mondo) e nel 2003 la sua raccolta di poesie "Meine Wahl zu schreiben - ich kann es nicht". "Forse sogno di vivere. Una bambina rom a Bergen-Belsen" esce in Italia nel 2007 ed è un libretto da leggere, perché ci consegna - appunto - l'incrocio tra lo sguardo sognante della ragazzina rom con la realtà sconcertante della macchina di sterminio nazista. E aiuta a comprendere qualcosa di quello che è stato definito "l'Olocausto dimenticato", cioè quello degli zingari.
Un popolo che una certa scienza razzista non riusciva a non definire ariano, ma che la rigida società nazista non poteva inquadrare nel suo sistema di regole. Un popolo, odiato, disprezzato a tal punto da non valere nemmeno la spesa dei meccanismi di uccisione: "volevano farci crepare - scrive Ceija Stojka - ma non con le pallottole, che costano soldi, e nemmeno col gas, visto che costa soldi anche lo Zyklon B", per questi "porci asociali" dovevano bastare le violenze e gli stenti quotidiani.
Come grazie ad una lente di ingrandimento, l'autrice si concentra, in questo libretto, sui mesi trascorsi nel lager di Bergen-Belsen: dall'arrivo da Ravensbrük fino alla liberazione da parte dell'esercito britannico, nell'aprile 1945.
È un racconto rapsodico, frammentario, ma ricco di immagini vivissime ed eloquenti: la fame dilaniante, la lotta contro il freddo, cercando calore di notte sotto le pile di cadaveri, il tentativo di non dimettere del tutto i sentimenti di solidarietà. Di sottofondo, per tutto il racconto, l'amore della bambina Ceija per la madre, unico punto di riferimento in tutta quella vicenda. In questi anni in cui si assiste, giorno dopo giorno, alla scomparsa di tutti i testimoni di quegli eventi, questo libro è una testimonianza importante. Un'eredità: da leggere, da comprendere, da raccontare.

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