Verso le elezioni europee. I popoli e le persone che compongono l'Europa
Per rispettarne la storia, le radici e le tradizioni
Insieme con le priorità della Pace e del Pianeta, entrambe fondamentali per la vita dell’umanità, l’Unione Europea che si delineerà all’indomani del voto per il Parlamento europeo non dovrà dimenticare l’attenzione che dovrà dedicare ai Popoli che dell’Europa hanno fatto la storia e alle Persone di ogni nazionalità che la abitano.
I Popoli dell’UE, per cominciare rigorosamente al plurale, che ci ha consegnato la lunga storia di questo nostro piccolo continente – appena un “piccolo promontorio dell’Asia”, come scrisse Paul Valéry – è stato arricchito da nuove e diverse culture, che sono adesso il nostro patrimonio comune.
Si tratta di Popoli oggi impegnati a costruire una Comunità rispettosa delle diversità, alle prese con problemi di non facile soluzione, che si tratti di differenziali culturali, economici e sociali. Tra questi un differenziale di prima grandezza nella mappa mondiale, quello di una dimensione demografica in traiettoria discendente, scandita da percentuali da brivido.
Non siamo solo il Vecchio continente, siamo anche un continente vecchio, con un’età media di 44 anni (in Italia 48) a fronte dei 38 anni della Cina (ma con previsioni di netto peggioramento), i 28 dell’India e i 18 dell’Africa: in questi numeri è già scritto il futuro del mondo, nel quale l’Unione Europea sarà sempre più “piccola”, privata delle risorse umane necessarie non solo per assicurare sviluppo, ma prima ancora per consentire al nostro sistema di welfare di reggere alla pressione economica derivante dai crescenti costi previdenziali e sanitari.
La spesa per la protezione sociale nell’Unione Europea vede l’Italia nella media, ma molto lontana dai Paesi nordici e da Germania e Francia, con un nostro incremento del 13% tra il 2011 e il 2019 rispetto a un incremento medio UE del 23%. Nel 2021 in Italia la spesa sociale rappresentava poco meno di un terzo del Prodotto nazionale lordo (PIL), posizionandosi subito dopo Francia e Austria, con una quota per la previdenza del 47,3% sul totale della spesa sociale. Sono numeri che da soli raccontano i problemi ai quali andiamo incontro con la demografia calante che registriamo.
Ma i Popoli dell’UE sono fatti di Persone che si muovono dentro e da fuori del continente, segnato da una forte mobilità che raccogliamo sotto la voce flussi migratori: tra questi, quelli che muovono all’interno dell’Unione e quelli che provengono dall’esterno, tutti in misura diversa rilevanti per la coesione sociale e la nostra convivenza civile.
Da una parte non vanno trascurati i movimenti delle giovani generazioni di europei alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, come non vanno troppo drammatizzati gli ingressi nell’Unione di migranti provenienti da Paesi in guerra o in condizione di grave crisi economica, persone giovani spesso con una formazione avanzata e potenziale risorsa per il mercato del lavoro europeo alla ricerca di lavoratori e per il finanziamento del nostro sistema di protezione sociale sotto tensione.
L’Unione Europea che verrà dovrà puntare a salvaguardare il sistema di welfare costruito negli anni, contrastare l’erosione dei diritti delle persone, qualunque sia la loro nazionalità, e sviluppare una politica comune dell’immigrazione – come le chiede il Trattato di Lisbona all’art. 79 – molto più aperta all’accoglienza e all’integrazione di quanto non sia stato fatto con il recente “Patto migrazione e asilo”. Lo deve fare non solo ricordando la nostra storia di migranti tuttora in corso, ma anche per ringiovanire la sua popolazione e mettere in salvo il futuro della nostra protezione sociale.
Non sarà un’impresa facile trovare un giusto equilibrio tra le risorse orientate a favorire una significativa crescita demografica, comunque in grave ritardo rispetto alle nostre esigenze, e quelle doverosamente destinate alle generazioni più anziane, tanto sul versante previdenziale che su quello sanitario, per non dimenticare il loro contributo alla costruzione dell’Europa e allo sviluppo del nostro benessere.
Per fare questo non basterà fare leva sulla politica sociale, sarà necessario anche rivedere radicalmente – come richiesto ancora recentemente dalle proposte lanciate da Mario Draghi – la politica economica e finanziaria dell’UE, senza aspettare la riforma dei Trattati e nemmeno l’accordo di tutti i Ventisette. E’ urgente partire subito, con chi ci sta.
Sarà importante capire dai programmi elettorali chi assumerà questo impegno a far progredire l’Unione Europea, rispettandone i Popoli e difendendo i diritti delle Persone.
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