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Catechesi nell'arte - La chiesa di San Pancrazio

Fu la sede genovese della Congregazione di San Filippo

Catechesi nell'arte - La chiesa di San Pancrazio

Piazza San Pancrazio trae la denominazione dalla chiesa antichissima di San Pancrazio. La prima chiesa sorgeva in prossimità della spiaggia e fu distrutta nell’anno 935 durante l’incursione saracena, ma alcuni anni dopo venne riedificata.

Padre Agostino Schiaffino scrisse nei suoi Annali Ecclesiastici che la più antica notizia della chiesa risale al 1023, quando il Vescovo Landolfo II che la cita come confinante con la Chiesa di San Marcellino.

Papa Clemente VIII riconobbe nel 1593 la chiesa parrocchia gentilizia delle famiglie Calvi, Falamonica, Pallavicino e Ricci. Con l’estinzione delle famiglie Falamonica e Ricci e il trasferimento della famiglia Calvi in Corsica, gli unici nobili che mantennero il giuspatronato furono i Pallavicino, e qui Camillo Pallavicino, religioso filippino, volle che fosse qui istituita la sede genovese della Congregazione di San Filippo Neri che si stabilì in San Pancrazio dal 1645 e vi rimase per alcuni anni prima di trasferirsi in Via Lomellini dove vi è ancora oggi.

Con il bombardamento del maggio 1684 ad opera della flotta di Re Luigi XIV, dell’antica chiesa non rimase che un mucchio di macerie. I Pallavicino fecero ricostruire la chiesa, del progetto fu incaricato l’architetto Antonio Ricca. I lavori terminarono intorno al 1692.

Nella ricostruzione si decise di invertire il senso della chiesa e così, quello che era l'abside diventò l'ingresso. Se si percorrono i vicoli alla destra e alla sinistra della chiesa, sul fondo si possono ancora notare gli antichi archi e pilastri medievali da dove si entrava in chiesa anticamente.

L’interno è decorato ad affresco con episodi della vita del santo titolare come “La gloria di San Pancrazio”, dipinta da Jacopo Antonio Boni nella prima metà del XVIII secolo. Sull’altare è posta la statua di San Pancrazio realizzata da Filippo Parodi.

Fra le opere di rilievo non si può non ricordare il trittico realizzato nelle Fiandre da Adriaen Ysenbrant, un pittore documentato a Bruges nella prima metà del Cinquecento, collocato probabilmente in chiesa tra il 1516 e il 1518, o addirittura arrivato alla fine del XVII secolo. Si compone di tre pannelli: quello centrale è dominato da un Cristo redentore che poggia un piede sul globo, in continuità con gli altri componenti della Trinità; ai suoi lati, i Santi Giovanni Evangelista e Pancrazio. Nel pannello sinistro prende posto San Pietro con le chiavi canoniche, in quello destro San Paolo con la spada. Ad ante chiuse, i due monocromi mostrano San Pancrazio con il suo persecutore Diocleziano e papa Cornelio. La lettura si snoda da sinistra verso destra, attraverso gli episodi più significativi della vita di San Pancrazio, decapitato appena quattordicenne. L’artista illustra con un diluvio di dettagli la partenza del giovane nobile dalla Frigia alla volta di Roma: si riconoscono il Colosseo, il Pantheon e celebri sculture antiche bizzarramente collocati tra mulini a vento e palazzi nordici. Pancrazio viene battezzato alla presenza di papa Cornelio e infine decapitato davanti all’imperatore Diocleziano. La scena pittorica prende spunto dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, libro che si può osservare tra le mani di San Pietro nella portella laterale. Il trittico era posto probabilmente sull'altare maggiore della chiesa e vi rimase finché la chiesa fu ricostruita a seguito della distruzione provocata dalle bombe del Re Sole.

Ilaria Brigati

Fonte: Il Cittadino
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