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L'estate del Centro Storico Ragazzi

Fra mille difficoltà e burocrazie, anche le attività per i bambini e i ragazzi provano a ripartire dopo la clausura dell'emergenza sanitaria

L'estate del Centro Storico Ragazzi

Estate allegri! è il nome che abbiamo dato da subito all’attività estiva del Centro Storico Ragazzi, il doposcuola-oratorio nato nel 2008 dalla sinergia delle dieci parrocchie del Vicariato Centro Ovest e di altre sette realtà (Movimento Ragazzi, La Salle, La Staffetta, Comitato Umanità Nuova, Suore Filippine, CSRsport e Oratorio San Filippo) che su quel territorio fanno opera educativa, sostenuto negli anni dall’aiuto di tanti e in particolare dall’Otto per Mille alla Chiesa Cattolica.

Il gioco di parole del titolo vuole sottolineare un programma educativo per una estate che sia ricca di vita, e di vita vera: siamo su quella linea che parte dal comando di San Paolo ai Filippesi ("Rallegratevi nel Signore, sempre!") e incontra nei secoli San Filippo Neri, il santo dell’allegria, e Don Bosco (“La santità consiste nello stare sempre allegri”, testimonia il discepolo San Domenico Savio).

E di allegria, sana autentica motivata, hanno bisogno i nostri bambini e i nostri ragazzi, questa estate più che mai.

L'emergenza sanitaria, con le decisioni prese per affrontarla, ha visto nei nostri bambini e ragazzi una categoria che ha sofferto in silenzio, senza farsi sentire.

Chiuse le scuole, interrotta ogni attività aggregativa, dal catechismo allo sport, dall'oratorio all'incontro con gli amici e i cugini, si è chiesto loro di rimanere in casa, un ritornello che ci siamo ripetuti per mesi ma che in un bambino istilla paura e insicurezza.

Gli incontri con la realtà esterna si sono limitati per tanto tempo alla mediazione di uno schermo, dove insegnanti, genitori e educatori hanno eroicamente cercato di concentrare la loro attenzione. Può suonare banale ricordare il diritto ad uscire per accompagnare un cane a passeggiare e non per far vedere il cielo ad un bambino, ma è quanto abbiamo vissuto per un tempo non breve. Finalmente, con mille difficoltà, qualcosa riparte anche per loro.

A dirla tutta, la sensazione - speriamo di sbagliare - è che la motivazione principale sia economica. Le attività educative sono una delle tante attività produttive da rimettere in moto, e d'altra parte se i genitori non possono sistemare i figli non riuscirebbero a tornare a lavorare.

Tutto vero, ma se fosse così al centro non ci sarebbe il bene del bambino, la domanda su come rispondere noi adulti a quei diritti dell'infanzia che solennemente ogni anno riaffermiamo.

Forse la parola giusta è proprio risposta: responsabilità è la capacità di dare risposte. Tanti invece vedono la responsabilità come sinonimo di colpa, causa di problemi. E allora il rischio è quello di utilizzare regolamenti e protocolli non come strumento pratico per la ricerca del bene ma come arma di difesa così che se succede qualcosa le conseguenze siano imputabili ad altri. Ma la ricchezza della nostra umanità sta invece nel riconoscere quella domanda come rivolta proprio a me: è la vita del fratello più piccolo che mi chiede una risposta, perché mi riguarda e non può non riguardarmi.

Diceva il Papa nella Messa di inizio del Pontificato: “In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce”.

L’inizio quest’anno è in salita. I bambini divisi in gruppi piccoli e fissi, con le mascherine sempre indosso e in spazi separati, disinfettati quotidianamente.

Mare e piscine di fatto irraggiungibili e distanziamento durante tutte le attività.

In una situazione di aumento di spese e di impoverimento generale il contributo pubblico è legato principalmente all’impegno lavorativo dei genitori, ma non al reddito, rendendo difficile l’accesso a chi lavora poco o niente.

E infine, alla prima rilevazione di una temperatura anche di 37 gradi e mezzo, non solo il bambino in questione ma tutto il suo gruppetto dovrà rimanere a casa fino a quando il medico curante dichiari che non si tratta di Covid.

Con queste regole, tante realtà educative sensatamente hanno rinunciato e comunque chi riesce ha dovuto ridurre sensibilmente il numero dei posti disponibili. Ma di fronte al messaggio vocale di Awa che a dieci anni suggerisce di comprare una piccola piscina gonfiabile perché così almeno si potrà fare il bagno.

E di fronte al piccolo F. che potrà fare solo poche settimane perché poi entrerà in comunità e le regole di questa emergenza gli imporranno quattordici giorni di quarantena in una stanza da solo.

E di fronte a Marcello che non vede l’ora di rivedere il suo amico Abdoul.

E di fronte a Yuxi e alle sue sorelle, chiuse in casa da marzo, con i genitori impauriti. E anche di fronte a Lavinia e a Saba, che sono arrivate dalla Romania e dalla Francia con un progetto di cooperazione poco prima che iniziasse l’epidemia, e che in questi mesi hanno lavorato tutti i giorni con i bambini sostenendoli a distanza con compiti e giochi.

Di fronte a tutte queste domande… come si poteva non rispondere iniziando comunque? Così lunedì 15 giugno siamo partiti, con cinque mattine per ventun bambini delle elementari e due pomeriggi per venti ragazzi delle medie: di più non è stato possibile.

E poi… di fronte a Shirley che parlando del campo estivo confessa come, da sempre, sia la settimana che aspetta tutto l’anno, come si potrà non provare a fare qualcosa anche lì?

Ma questa sarà un’altra storia.

Fonte: Il Cittadino
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