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Cambiamenti in atto nelle Diocesi - L'esempio di Torino-Susa

Linee portanti per un ripensamento della presenza ecclesiale

Cambiamenti in atto nelle Diocesi - L'esempio di Torino-Susa

Con questa pubblicazione prende il via una serie di articoli di presentazione dei cambiamenti in atto in alcune Diocesi italiane, cambiamenti finalizzati ad un ripensamento della presenza ecclesiale sul territorio anche nell'ottica della diminuzione del clero.

1. La Diocesi di Torino-Susa

Da qualche tempo le Diocesi italiane stanno vivendo una fase di cambiamento e di trasformazione: ne è testimonianza quanto emerge dai primi due anni di ascolto sinodale – la fase narrativa – recentemente presentato dalle Linee guida per il prosieguo del cammino sinodale.
A Torino, a maggio 2022 ha fatto il suo ingresso come vescovo Mons. Roberto Repole, che dopo un mese dal suo insediamento ha indirizzato ai fedeli delle Diocesi di Torino e Susa, unite in persona episcopi, una breve lettera in cui ha fatto riferimento, come scelta prioritaria per la sua azione pastorale, al ripensamento della presenza ecclesiale sul territorio.

Un ripensamento – scrive Mons. Repole – che nasce da alcuni dati evidenti: “È sotto gli occhi di tutti il fatto che il numero dei preti è in calo ormai da decenni e che la loro età media è piuttosto elevata. È meno evidente ai più, anche se non meno significativo, il fatto che anche il numero dei cristiani che vivono una qualche reale appartenenza alla Chiesa è di molto inferiore rispetto al passato”. Da qui, scrive ai fedeli l’Arcivescovo di Torino, la necessità “di guardare con lucidità la realtà e prendere sempre più profondamente coscienza che la nostra società non è più normalmente cristiana”.
Affinché nelle parrocchie non si corra il rischio di investire risorse in attività pastorali che sembrano non portare frutto, è giusto ridisegnare, osserva Mons. Repole, la presenza della Chiesa sul territorio, osando “qualche percorso nuovo” in cerca di “nuove opportunità”.

Nel suo primo incontro con il Clero diocesano in occasione dell’avvio dell’anno pastorale, a ottobre 2022, Mons. Repole ha ribadito nuovamente l’importanza di lavorare insieme intorno ad un “punto nevralgico”, ossia ripensare la presenza della Chiesa sul territorio.
A conclusione del suo primo anno come Vescovo, nel corso della Convocazione diocesana che si è svolta lo scorso 9 giugno, Mons. Repole ha tratteggiato le “linee portanti e i criteri del ripensamento della presenza ecclesiale”, frutto di un cammino di ascolto e discernimento con i sacerdoti e la Diocesi a tutti i livelli.
In primo luogo, l’Arcivescovo di Torino ha posto l’accento sulla necessità di “prendere consapevolezza in modo lucido che mantenere semplicemente e stancamente il modello attuale significa condannarci a non essere più una presenza capace di trasmettere la ricchezza inesauribile e coinvolgente del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi, tanti dei quali hanno una sete immensa di vita, di senso, di amore e di relazioni calde, in una parola, di Dio”.
Oggi ai cristiani il Signore chiede di essere gioiosi, di vivere in relazione con Lui, con fiducia, operando “scelte e cambiamenti per rimanere sempre meglio in attesa della Sua venuta”.

Sono tre i criteri di fondo indicati da Mons. Repole come strada verso un cambiamento: l’ascolto della Parola di Dio e la formazione, la celebrazione dell’Eucaristia domenicale e la fraternità reale.
A fronte della consapevolezza che tante esperienze ecclesiali hanno esaurito la loro “stagione vitale”, Mons. Repole invita sacerdoti e laici a “mantenere vive le comunità laddove finora ci sono state parrocchie anche piccole, soprattutto se c’è ancora qualche elemento significativo, in modo che non si perda quell’esperienza di prossimità e di legame fraterno nel Signore che lì si può creare e custodire”.

Questo però deve andare di pari passo con un ripensamento di alcune dimensioni della vita comunitaria.
In particolare, l’Arcivescovo di Torino fa riferimento alla celebrazione eucaristica domenicale: si deve avviare un processo che porti gradualmente “a strutturare una rete di comunità presiedute da un prete, possibilmente coadiuvato da altri preti, e da diaconi, costruita intorno a ‘un centro eucaristico’, cioè a quel luogo in cui le comunità convergono per la celebrazione eucaristica domenicale”.
Non più, dunque, la priorità alla Messa domenicale più comoda, ma ad una celebrazione eucaristica più viva e coinvolgente, che assume più rilievo nella vita comunitaria, anche a fronte di qualche spostamento che si potrà rendere necessario nel tempo.

Si tratta di cambiamenti che la Diocesi di Torino, come tante altre Diocesi in Italia, vivrà in modalità graduali e progressive, e che andranno via via a coinvolgere non solo i sacerdoti e i consacrati attivi, ma anche i laici.
Come ha indicato Mons. Repole in conclusione al suo intervento nell’assemblea diocesana, il ministero sacerdotale dovrà via via divenire “un ministero di presidenza di altre ministerialità diaconali e laicali”, in una stretta collaborazione. Nelle parrocchie il presbitero mantiene la presidenza nell’ambito di liturgia, carità e annuncio del Vangelo; altri sacerdoti, diaconi e laici saranno coinvolti nell’aiuto e nel sostegno in spirito collaborativo e arricchente.

Il ministero dei diaconi, inoltre, dovrà essere “plastico”, con modi di attuazione plasmati sulle possibilità e i talenti di ciascuno; rispetto al laicato, si potrà immaginare la possibilità di istituire nuovi ministri tramite “un percorso di formazione almeno biennale, con un processo di discernimento che coinvolgerà anche il vescovo attraverso i suoi collaboratori”.
Tra questi ministeri – conclude Mons. Repole - ci saranno quello del lettore, dell’accolito, del responsabile della catechesi, del ministro di animazione della carità e quello particolarmente importante di guida di comunità”.

Fonte: Il Cittadino
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