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"Nessun fuoco, nessun luogo"

"Nessun fuoco, nessun luogo"

Tutto esaurito lunedì 13 aprile scorso al Cinema Sivori (e addirittura decine di persone rimaste fuori) per l’anteprima nazionale di “Nessun fuoco, nessun luogo”, documentario sulle persone senza dimora girato a Genova da Carla Grippa e Marco Bertora e promosso da Caritas Diocesana di Genova insieme a Caritas Italiana e Laboratorio Probabile Bellamy. Una risposta di pubblico che ha colto di sorpresa gli organizzatori, un segnale incoraggiante di crescente attenzione nei confronti sia del contenuto - la grave emarginazione urbana - che del contenitore - il documentario come sintesi tra informazione ed espressione artistica. Il film nasce dal progetto di ricerca in sociologia “Quando la città soffre” di Giacomo Toricelli, operatore sociale e ricercatore, ed è stato presentato in collaborazione con la Città Metropolitana di Genova e il Circuito Cinema Genova. Oltre ai registi, ne hanno brevemente discusso con il pubblico in sala anche Marco Aime, antropologo culturale, e Paolo Pezzana, attuale sindaco di Sori ma al tempo dell’avvio del progetto presidente di FioPSD (Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora) che figura tra i sostenitori. “Nessun fuoco, nessun luogo” è prima di tutto un’opera di grande qualità, che mette in luce le capacità narrative e la profondità di sguardo dei due registi genovesi. Un’opera che nasce dalla pazienza e dalla dedizione, perché Grippa e Bertora vi hanno lavorato per tre anni, accompagnando in punta di piedi decine di persone senza dimora che vivono e dormono in strada a Genova e stabilendo legami di fiducia nei quali a poco a poco la macchina da presa è diventata elemento di sfondo. Il risultato è che i protagonisti occupano lo schermo con naturalezza, senza la preoccupazione di dire per forza qualcosa ma con il coraggio di lasciarsi guardare, in fragilità e umanità. Del resto, si dirà, sono persone abituate a stare sotto gli occhi di tutti, giorno e notte: ma le vediamo davvero? Per lo spettatore, in realtà, l’esperienza indotta dal documentario è una sorta di rivelazione: si aprono gli occhi e le orecchie - il film è fatto anche di tanti suoni d’ambiente, rumori e silenzi urbani - e ciò che tutti i giorni consideriamo un dolore normale, una presenza ineluttabile, che trascolora e si fa sempre più trasparente, sullo schermo diviene vivida essenza, narrazione efficace, umanità tagliente. A Grippa e Bertora non interessa colpevolizzarci, gli basta mostrarci il paradosso per cui la realtà quotidiana ci risulta inafferrabile ma l’immagine della realtà ci penetra, ci rivela, ci consegna alle nostre quotidiane distrazioni. Quella che scorre sullo schermo è la nostra città (e tante altre città nel mondo) con i suoi autobus, i suoi treni, le sue stazioni, i lampeggianti dei camion per l’immondizia, l’atrio dell’ospedale di notte, l’insegna di quella catena di supermercati, il becchettare di due piccioni; quelle che schivano la questuante sul marciapiede di Via XX Settembre sono le nostre stesse gambe affrettate, i nostri sacchi della spesa, i nostri caschi appesi al braccio; quelli che stanno vedendo uno spettacolo estivo in Centro storico siamo noi, mentre lui e lei, senza dimora da anni, ci osservano dal vicolo affianco, stesi sui cartoni pronti per la notte, e si contendono sigarette, apostrofandosi come Sandra e Raimondo (il paragone è il loro). Il documentario evita preconcetti e definizioni, cerca le persone, oltre le condizioni di vita. Le lascia parlare e tacere, bere, tremare, consumarsi e invecchiare, guardare mute la strada e cantare, accorciarsi la barba con un paio di forbici e lavarsi la faccia alla fontana, mandarsi a quel paese, sorreggersi e prendersi per mano, prepararsi alla notte pulendo per bene l’angolo sotto i portici ed addormentarsi con un crocifisso tra le mani, mandare un ultimo sms di buona notte alle figlie piccole che abitano con la madre. Li segue in biblioteca, perché anche chi dorme in stazione continua ad essere un uomo, e al mare, in un pomeriggio d’estate, in spiaggia e persino in acqua dove, ha osservato Marco Aime, “con il solo costume addosso siamo tutti. Malgrado la durezza della strada e l’emarginazione, i protagonisti di questo documentario ci parlano soprattutto della capacità di accompagnarsi l’uno l’altro. E in questo senso l’opera di Carla Grippa e Marco Bertora ci affida anche un messaggio politico e ci sfida una volta di più nella capacità di stabilire e custodire le relazioni, a partire dalle più fragili.” “Nessun fuoco, nessun luogo” merita proprio di essere visto altrove. Giancarlo Giraud, direttore del Club Amici del Cinema di Genova e del Missing Film Festival, ha annunciato che nelle prossime settimane il film verrà proiettato in alcuni cineclub genovesi e a Savona e poi si lavorerà per farlo girare in altre città. Notizie in tempo reale su https://www.facebook.com/Q uandoLaCittaSoffre.
 

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