La parola
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12a domenica del Tempo Ordinario annoA, Matteo 10, 26-33

il Vangelo: 'Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo'

Per tre volte, nel passo tratto dal discorso missionario di Matteo (Mt 10,5-42), ritorna l'invito di Gesù ai suoi discepoli: 'Non abbiate paura', paura degli uomini, che potranno perseguitare i credenti in Cristo, paura dei persecutori, che giungeranno a comminare la morte; in realtà, nell'esperienza dei credenti, i motivi di paura possono essere anche altri, e in generale, la paura sorge da un pericolo, da qualcosa che è percepito come ostile alla vita, e in questo senso più ampio, la paura può nascere di fronte alla sofferenza, alla prova che ci schiaccia, alla prospettiva inesorabil

Per tre volte, nel passo tratto dal discorso missionario di Matteo (Mt 10,5-42), ritorna l'invito di Gesù ai suoi discepoli: 'Non abbiate paura', paura degli uomini, che potranno perseguitare i credenti in Cristo, paura dei persecutori, che giungeranno a comminare la morte; in realtà, nell'esperienza dei credenti, i motivi di paura possono essere anche altri, e in generale, la paura sorge da un pericolo, da qualcosa che è percepito come ostile alla vita, e in questo senso più ampio, la paura può nascere di fronte alla sofferenza, alla prova che ci schiaccia, alla prospettiva inesorabile della morte. Ora, nell'invito di Gesù, c'è qualcosa di paradossale, di apparentemente insormontabile, perché, di fronte ad una situazione di minaccia, come tante volte è accaduto e come continua ad accadere nell'esistenza di cristiani perseguitati violentemente, sembra impossibile non avvertire la paura, non sentire un moto di sgomento: sembra valere l'obiezione di don Abbondio nel colloquio con il cardinale Federico Borromeo, circa il coraggio che non ci si può dare, se non lo si ha! In effetti, Cristo stesso ha avuto paura di fronte alla sua passione, ha sentito il peso della tristezza e dell'angoscia, della desolazione profonda, nel provare l'abbandono da parte dei suoi amici, e tuttavia, proprio Gesù ha attraversato l'ora delle tenebre, senza soccombere alla paura, alla disperazione, perché era certo dell'amore fedele del Padre, perché non era solo, in quella tremenda solitudine del Getsemani e della croce. Nel dialogo drammatico con il Padre, non ha prevalso lo smarrimento, ma l'abbandono confidente: non un eroe 'senza macchia e senza paura', ma un uomo che è totalmente Figlio dell'Eterno, e che nell'appartenenza al Padre trova la vera consistenza ed energia del suo essere e del suo vivere. Così, ai discepoli, il Signore può chiedere 'Non abbiate paura', non nel senso di pretendere da loro una stoica capacità di sopportazione e di affronto di qualsiasi difficoltà, che potranno incontrare, ma indicando a loro, e a noi, l'unica strada perché l'ultima parola sia la vita e non la morte: la certezza del volto buono del Mistero che tutto fa e tutto dispone, il mistero del Padre, che nella persona di Cristo, si svela come infinita tenerezza e misericordia per noi uomini. Le immagini che Gesù usa, per esprimere questa cura di Dio, senza misure, per la vita di ciascun credente sono suggestive e intense: 'Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra, senza il volere del Padre'. Che cosa c'è di più fragile e indifeso che due passerotti, eppure anche loro sono abbracciati dal Padre, nessuno cade a terra 'senza il Padre', traducendo letteralmente l'espressione di Matteo: questo non vuol significare che tutto ciò che avviene, nella vita e nella storia, è volontà del Padre, ma che anche ciò che sembra contraddire il suo amore e le sue vie, è misteriosamente avvolto e usato per un disegno di bene, che nulla e nessuno dimentica. Un disegno che, stranamente, ha al suo centro la croce, del Figlio, e in Lui, di tanti figli amati, e chiamati alla risurrezione, alla fecondità della sofferenza, vissuta nell'amore; un disegno che tocca anche i particolari più irrilevanti e anonimi della nostra esistenza, tanto che Gesù può affermare: 'Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati'. Noi non possiamo contare i capelli del capo, sono l'emblema di ciò che sfugge al nostro controllo: che cos'è un capello? Sembra un niente, qualcosa d'irrilevante, uno più, uno meno, eppure tutto di noi è contato, è conosciuto, è curato dal Padre, tutto di noi conta, ai suoi occhi; guardando Gesù, i discepoli possono scoprire un figlio d'uomo, che vive e respira nella certezza del Padre, e che da qui trae la sua pace, più potente di ogni timore e di ogni angoscia. In questa scoperta del Padre, che diviene visibile nel suo Figlio, fatto uno di noi e con noi, possiamo attraversare la persecuzione, la contraddizione, la sofferenza che sembrano prostrare, talvolta, anche il credente. Non per una sovrumana forza di volontà, ma per la lieta sicurezza di un amore che si prende cura di noi: 'Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!'.

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