La parola
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3a domenica di Quaresima - anno C, Luca 4, 21-30

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

Il passo evangelico di Luca, proposto in questa terza domenica del tempo forte della Quaresima, è chiaramente costituito da due parti, che l'evangelista ha unito, per comunicare un messaggio incisivo ed essenziale: un breve dialogo tra Gesù e alcuni Giudei, e una parabola che va letta in continuità con le espressioni precedenti.

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

Il passo evangelico di Luca, proposto in questa terza domenica del tempo forte della Quaresima, è chiaramente costituito da due parti, che l'evangelista ha unito, per comunicare un messaggio incisivo ed essenziale: un breve dialogo tra Gesù e alcuni Giudei, e una parabola che va letta in continuità con le espressioni precedenti. Gli uditori riferiscono a Gesù un fatto tragico, una repressione violenta di un gruppo di Galilei, trucidati dal procuratore romano Ponzio Pilato, mentre compivano dei sacrifici, e nella risposta Cristo stesso allude ad un'altra sciagura, il crollo della torre di Siloe, che portò alla morte di diciotto operai. Di fronte a questi eventi, Gesù prende innanzitutto le distanze da una lettura falsa, in uso nella mentalità dei suoi tempi, e tuttora presente in non pochi credenti: 'Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per aver subito tale sorte? No, vi dico, …'; le vittime di tali sventure non sono oggetto di un particolare castigo di Dio, non sono più peccatori di altri, non è vero, perciò, che tutte le sofferenze che accadono sono conseguenza e punizione dei peccati degli uomini.Questa mentalità, che al fondo dipinge un volto ostile e oscuro di Dio, o immagina la sua azione in modo molto meccanico e semplicistico, è viva anche oggi e spesso diventa motivo di scandalo e di ribellione: perché questa prova a me e non ad un altro? Perché proprio quella persona, più retta di altri, soffre o è toccata da un grande dolore, improvviso e inatteso? L'equazione sofferenza - castigo non regge alla prova dei fatti, 'costringe' Dio dentro una nostra immagine e, alla fine, la sua smentita reale diviene una ragione per prendere le distanze da un Dio che, ai nostri occhi, sembra ingiusto o arbitrario. Gesù non condivide questa mentalità, non è questo il modo di agire di Dio nella storia, spesso convulsa, degli uomini: ci possono essere sofferenze provocate dai nostri peccati, dai nostri comportamenti disordinati, ma ciò non vale sempre e in ogni caso. Gesù, però, aggiunge una provocazione: 'No, vi dico, ma se non convertite, perirete tutti allo stesso modo'; come a dire: attenti, c'è una rovina, c'è una morte che incombe su tutti voi e questa morte è il frutto di una vita che non si converte, non si volge decisamente a Dio, non si spalanca alla novità che Cristo stesso rende presente, oggi come ieri. Sta qui, allora, il significato di certi eventi, di certe prove che segnano l'esistenza di ogni uomo: sono un richiamo, non nel senso che Dio direttamente voglia l'accadere di queste tragedie, come quelle menzionate nel vangelo odierno, ma nel senso che questi avvenimenti, opera della libertà, talvolta oscura dell'uomo, o di fattori legati alle forze della natura e alle condizioni concrete di una situazione, scuotono l'uomo, lo obbligano a rivedere le sue scelte di vita, a guardare dove porre la speranza, dove trovare consistenza vera. In questa prospettiva, questi fatti che sembrano sconvolgere il ritmo solito dei giorni, racchiudono un appello, quasi un ammonimento all'essenziale, la salvezza viene solo dalla conversione, dal rinnovato sì a Dio, al Dio vivente e amante, che si svela nel volto di Cristo. Se l'uomo non si converte, cammina verso la morte, verso la rovina. Anche la parabola che Gesù racconta, semplice e vibrante, contiene lo stesso invito: il fico, piantato con amore, è un'immagine, non solo d'Israele, popolo dell'Alleanza, ma di ogni uomo, destinato a portare frutto. C'è un vignaiolo che si prende cura, che intercede, che ottiene dalla pazienza di Dio un tempo supplementare, perché il fico non sia tagliato, ma è un tempo determinato, non infinito: 'Padrone, lascialo ancora quest'anno'. Quest'anno è, in fondo, il tempo presente, il tempo della libertà, chiamata ad aderire ora a Dio, per non camminare verso una vita vuota e sterile: in questo senso, il tempo che scorre è decisivo, perché è qui che accade l'imprevisto, l'incontro con Colui che vuole salvare la nostra vita; nella pazienza del Padre, tante sono le occasioni date per ridestare il nostro cuore distratto o indurito, e tutte chiedono una vigile disponibilità, una semplicità d'animo, per non consumare inutilmente il tempo che ci è dato.

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