La parola
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Domenica di Pentecoste - anno B, Giovanni 15 26-27; 16 12-15

La solennità di Pentecoste rappresenta il compimento della Pasqua

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

La solennità di Pentecoste rappresenta il compimento della Pasqua, nel senso che il frutto maturo della morte e risurrezione del Signore è l'effusione dello Spirito sulla Chiesa e sui credenti. Effusione che, nel suo evento iniziale, descritto dalla pagina degli Atti (At 2, 1-11) è anche manifestazione dello Spirito e inizio della missione apostolica, e tuttavia sarebbe un grave impoverimento ridurre la festa odierna ad una semplice commemorazione dell'avvenimento accaduto cinquanta giorni dopo la Pasqua di Gesù, perché in realtà, a partire da quel giorno, la vita della Chiesa è segnata dalla grazia di una continua e rinnovata "Pentecoste": lo Spirito del Risorto è l'anima che muove e infonde vita, nelle persone e nelle comunità cristiane. In questa prospettiva, ascoltiamo nel Vangelo due passi del grande discorso d'addio di Gesù, dove, con il linguaggio tipico di Giovanni, ci sono rivelati tratti essenziali della persona e dell'azione dello Spirito. Innanzitutto, nel quarto vangelo, lo Spirito è chiaramente evocato come una presenza personale, non è semplicemente un'energia che proviene da Dio, ma è una persona che vive in Dio, in una relazione singolare con il Padre e con il Figlio: la rivelazione dello Spirito apre gli occhi stupiti della fede al mistero del Dio uni-trino. Nel vangelo di Giovanni, inoltre, Gesù chiama lo Spirito "il Paràclito", termine originale che esprime nello stesso tempo il volto personale dello Spirito, in quanto "l'Avvocato" dei credenti, e la sua azione di difesa e di sostegno per i discepoli di Cristo. Dietro la designazione di "Paràclito" (in greco letteralmente: "colui che è chiamato accanto", "advocatus"), si profila l'immagine drammatica dell'esistenza cristiana, perché per Giovanni il processo condotto contro Gesù, da parte dei capi giudei, lungo tutto il racconto del suo vangelo, e culminato nella scena di Gesù di fronte a Pilato, continua nella vita dei credenti: essi in ogni tempo conosceranno l'opposizione del "mondo", inteso qui in senso negativo, non come la creazione voluta e amata da Dio, ma come una realtà umana e storica che contrasta il disegno del Padre, cioè la mondanità idolatria, che può benissimo insinuarsi nel cuore dei discepoli e nella stessa vita della Chiesa. In questo senso, c'è un "mondo" che è interno alla nostra anima e che ha delle logiche differenti dal Vangelo, e non viene mai meno il rischio di una "mondanizzazione" anche all'interno della comunità credente: lo Spirito come Paràclito soccorre la nostra debolezza e rigenera la testimonianza della fede. La prima azione dello Spirito, infatti, è la testimonianza resa a Cristo, una testimonianza che si realizza nei cuori, rendendo persuasiva e affascinante la testimonianza che offrono i discepoli del Signore, a partire dagli apostoli fino ai credenti di oggi. Nella nascita e nella crescita della nostra fede, possiamo cogliere la presenza di questa duplice testimonianza, che ci permette d'entrare in rapporto con la persona vivente di Gesù: occorre certamente incontrare dei testimoni vivi della fede, persone che ci fanno conoscere Cristo e il suo Vangelo, ma perché accada in noi l'adesione lieta e totale al Signore risorto, occorre la grazia dello Spirito Santo "il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia dolcezza nel consentire e nel credere alla verità" ("Dei Verbum", n. 5). Il servo di Dio papa Paolo VI, in una bellissima preghiera per il dono della fede, si esprimeva così: "O Signore, fa' che la mia fede sia certa; certa d'una esteriore congruenza di prove e di una interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d'una sua luce rassicurante, d'una sua conclusione pacificante, d'una sua assimilazione riposante. O Signore, fa' che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull'esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo". Così la prima e fondamentale grazia che in noi assicura lo Spirito, quale testimone vivente del Signore risorto, è la fede luminosa e certa, capace anche di sostenere le difficoltà e le obiezioni del "mondo": invocare lo Spirito Paràclito è la ricchezza di un cuore semplice e umile, che vive con sorpresa l'esistenza cristiana, attingendo sempre di nuovo alla sorgente fresca dei testimoni di Cristo.

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