La parola
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4a Domenica Tempo Ordinario (anno B), Marco 1-21-28

Insegnava loro come uno che ha autorità

Insegnava loro come uno che ha autorità

Nel racconto di Marco, dopo la chiamata dei primi quattro discepoli, incontriamo la giornata “messianica” che si svolge di sabato a Cafàrnao, e il primo gesto di Gesù è la sua attività d’insegnamento che genera stupore. “Insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”: il verbo all’imperfetto indica un’azione che si distende nel tempo e che arriva fino a noi, che ora, leggendo il vangelo, ascoltiamo la parola dell’unico Maestro. Marco infatti riserva il verbo “insegnare” a Gesù (unica eccezione in Mc 6,30, quando è riferito ai discepoli, inviati in missione), e caratterizza la parola di Cristo come “un insegnamento nuovo, dato con autorità”. La novità della parola di Gesù è data dall’autorevolezza divina, che promana dal suo essere e dalla sua efficacia operativa, che si manifesta immediatamente nella liberazione dell’uomo posseduto da uno spirito impuro: a differenza degli scribi, che spiegano la Scrittura, come l’hanno imparata, Gesù manifesta un’autorità che è la stessa del Dio creatore e liberatore. Il termine usato dall’evangelista “exusía” (in ebraico “shaltan”) è, di norma, riservato a Dio ed esprime qualcosa che proviene dall’essere stesso di Cristo, Figlio amato del Padre. Ora, in questo racconto iniziale dell’attività di Gesù, traspare subito il carattere drammatico che accompagnerà tutto il cammino di Cristo e che proseguirà nel cammino dei suoi discepoli, fino ad oggi, nel senso che l’annuncio del Vangelo, che adesso risuona nella parola dell’evangelista e dei testimoni che vivono la fede nel presente, è qualcosa di dirompente, che genera meraviglia, interrogativi, ma anche ostilità e rifiuto. Là dove questo evento accade realmente, là dove sappiamo ascoltare con cuore aperto e disponibile l’annuncio evangelico, si ripete lo stesso dinamismo degli inizi, con questo contrasto che avviene nel cuore degli uomini, tra attrattiva e paura, tra meraviglia e estraneità. Marco, che nel suo scritto usa pochi vocaboli, ne impiega otto diversi per indicare lo stupore, per ben trenta volte, come la prima reazione che Cristo suscita con la sua parola e la sua presenza, e questo stupore spesso si trasforma in domanda sull’identità di Gesù, ed è come il primo passo del cammino della fede. Davvero per l’evangelista “solo lo stupore conosce” e qui ci è dato un criterio semplice per riconoscere quanto in noi accade lo stesso incontro dei primi discepoli con Gesù, perché senza stupore, non ci è dato di aprirci al mistero di Cristo, né tanto meno possiamo entrare in un rapporto di conoscenza e di affezione con lui. Non a caso Marco evocherà più volte l’atteggiamento contrario nella “durezza di cuore”, che impedisce il fiorire della fede, “il contrario dello stupore, che rinchiude tutto nella morte dell’ovvio e del già noto, precludendo ogni novità. Gesù verrà ucciso da questa durezza di cuore (3,6)” (S. Fausti). Il dramma che Cristo introduce nella nostra storia è rappresentato vivamente dallo scontro con il Maligno, qui chiamato “spirito impuro”, e che occupa un posto rilevante nel vangelo di Marco: egli racconta dettagliatamente tre esorcismi (qui, in 5,1-10 e in 0,14-29) e spesso fa riferimento ad un’attività di Gesù contro i demòni. Gli esorcismi, che avvengono con convulsioni e lotte, sono il segno del Regno che viene e della liberazione dalla schiavitù del peccato, e in questo primo racconto c’è un forte contrasto tra Gesù e lo spirito impuro: ciò che è impuro, immondo ha a che fare con la morte e perciò esclude dalla comunità e dal culto, e l’azione liberatrice di Cristo avviene solo con la forza della sua parola, perché la verità vince la menzogna, come la luce scaccia le tenebre, e restituisce l’uomo posseduto e spossessato della sua personalità al rapporto con gli altri e con Dio, proprio nel luogo dell’incontro e della preghiera che è la sinagoga. Dopo il battesimo al Giordano inizia per Gesù una lotta contro Satana (l’accusatore), il diavolo (colui che divide), una lotta che raggiungerà il suo culmine sulla croce, una lotta che ci riguarda, perché c’è una dimensione “agonica” nell’esistenza cristiana: il battesimo è stato per noi l’esorcismo fondamentale che ci ha sottratti al mondo delle tenebre, e ormai la nostra vita è posta sotto il segno di una lotta che possiamo affrontare con la potenza della parola e dello Spirito di Cristo.

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