La parola
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Corpus Domini - Anno A, Gv 6, 51- 58

Il Vangelo: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Ogni anno, la ripresa del tempo ordinario, dopo i cinquanta giorni della Pasqua, è segnato dalla celebrazione di due grandi realtà della nostra fede: il mistero della Santissima Trinità, che ci fa entrare nel cuore della vita intima di Dio, e il mistero dell'Eucaristia, dono fedele e inesauribile della carità di Cristo.

Il Vangelo: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Ogni anno, la ripresa del tempo ordinario, dopo i cinquanta giorni della Pasqua, è segnato dalla celebrazione di due grandi realtà della nostra fede: il mistero della Santissima Trinità, che ci fa entrare nel cuore della vita intima di Dio, e il mistero dell'Eucaristia, dono fedele e inesauribile della carità di Cristo. Il vangelo offerto al nostro ascolto ci mette in contatto con questo sacramento della presenza viva del Figlio, consegnato per la vita del mondo, e occorre sostare di fronte alle parole dell'evangelista Giovanni, che con linguaggio realistico e intenso ripropone la verità stupefacente e vertiginosa di un cibo e di una bevanda che sono 'veramente, realmente e sostanzialmente', come si esprime la fede della Chiesa, il corpo e il sangue del Signore, donati ai credenti. È la parte conclusiva del grande discorso del pane di vita, che Gesù pronuncia nella sinagoga di Cafarnao, all'indomani della moltiplicazione dei pani, un discorso attentamente costruito, avendo sullo sfondo l'episodio della manna, donata da Dio ad Israele, nel cammino del deserto: il pane disceso dal cielo, il pane vero che può nutrire noi pellegrini, nel tempo della prova, nel deserto della vita, è proprio Cristo stesso, Lui, la sua parola, accolta nella fede. Credendo in Lui, ospitando la sua presenza, noi riceviamo la vita, noi finalmente troviamo il pane che sazia la nostra fame, 'il pane di Dio', dunque per Giovanni il primo e reale contatto con il Signore accade nella fede, che si alimenta dell'ascolto della parola vivificante di Cristo e dell'affezione alla sua presenza; in quest'orizzonte, nell'annuncio di Gesù, c'è un passo finale, inatteso ed imprevisto, rispetto alla tradizione biblica, che considerava la parola di Dio come nutrimento del suo popolo e vedeva già nella manna il simbolo di questo dono disceso dal cielo, il dono della parola. Improvvisamente c'è una svolta, che provoca e scandalizza gli uditori, e in questa svolta c'è tutta la novità del dono eucaristico, vivo prolungamento di una parola fatta carne in Cristo: 'Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo'. Il termine 'carne' va compreso nel suo senso semitico, non come la parte corporea dell'individuo, ma la totalità della persona, nella sua realtà vivente e segnata dai limiti dell'essere creatura, è la carne assunta dal Verbo, dal Figlio divenuto uomo vivo e vero; così il termine 'sangue' indica innanzitutto la vita, offerta ed effusa in un contesto di morte violenta, e rimanda in questo modo al gesto definitivo di Cristo, che si è dato per i suoi amici, 'fino alla fine'. Sta qui la ricchezza immensa dell'Eucaristia, il dono della carne e del sangue di Cristo, della sua persona vivente e del suo sacrificio consumato una volta per tutte, che si fanno cibo e bevanda, nei segni che Gesù porrà nell'ultima cena, il pane spezzato e il vino condiviso con i suoi discepoli, e in gioco c'è la vita, la possibilità di far crescere in noi la vita vera, eterna, piena, che il Figlio è venuto ad elargire a chi crede in lui.Da una parte, colpisce il linguaggio insistentemente realistico di Giovanni, proprio l'evangelista teologo, si tratta di mangiare e di bere la carne e il sangue del Figlio dell'uomo, ed è difficile non vedere in queste parole un richiamo al gesto sacramentale della comunione eucaristica: siamo oltre il nutrirci della sua parola, come manna discesa dal cielo; ma d'altra parte, tutto il contesto del discorso rimanda alla fede, come condizione previa per entrare davvero in comunione con il Signore, per partecipare del suo dinamismo di vita, per rimanere in lui. In questo modo l'evangelista unisce la Parola e la carne, il pane disceso dal cielo e l'alimento che sostiene i discepoli nella terra del pellegrinaggio, e così siamo condotti a guardare e a celebrare il dono del corpo eucaristico come 'mistero della fede', che possiamo accogliere nel silenzio dell'adorazione e nell'obbedienza stupita alla parola di Cristo: Visus, tactus gustus in te fallitur, i sensi falliscono nella percezione della realtà nascosta, sed audito solo tuto creditur, solo l'ascolto della fede, che abbraccia la parola del Signore, ci conduce con sicurezza al mistero.

Il Vangelo: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
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