La parola
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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, Mc 12, 24-32

Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

N elle ultime settimane dell’anno liturgico, siamo richiamati ad assumere uno sguardo vero sulla storia, senza perdere di vista il destino finale, che già si annuncia nel passare dei giorni.
Le parole del discorso escatologico di Marco non sono, per noi, d’immediato ascolto, non solo per il linguaggio di tipo apocalittico, carico d’immagini che vanno decodificate, ma soprattutto perché siamo figli di un tempo e di una cultura che vivono schiacciati sull’immediato, sul presente, senza nemmeno più dare spazio alle grandi domande sulla fine e sul fine della nostra esistenza e della nostra vicenda umana.
Ora, per i discepoli di Cristo, il punto d’origine di ogni concezione e di ogni giudizio è la novità assoluta della Pasqua, la morte e risurrezione di Gesù, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, che dà inizio al compimento atteso e sperato.
Certo, la storia degli uomini è drammaticamente segnata, a livello personale e collettivo, da una “tribolazione” che assume tanti volti, una tribolazione per la quale è passato innanzitutto Cristo, nelle ore oscure della sua sofferenza e della sua morte. In quell’ora “si fece buio su tutta la terra” (Mc 15,33), anticipando così gli eventi della fine, quando il cosmo intero sarà percorso da un immenso sconvolgimento, che è espresso, nel passo di Marco, con l’oscurarsi del sole e della luna, e il cadere delle stelle.
Non è una descrizione ‘fotografica’ della fine del mondo, ma l’annuncio di qualcosa che non riusciamo nemmeno a immaginare, una sorta di travaglio che darà origine a “cieli nuovi e terra nuova”: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Siamo avvertiti che “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,31), e lo sbocco finale non è la distruzione di tutto, ma una nuova creazione che è già iniziata nel Crocifisso risorto, il Vivente che, attraverso il buio della morte, vive il passaggio alla vita piena e incorruttibile della risurrezione.
In certo modo, da quando Cristo è risorto, tutto è cambiato, il mondo è sottratto alla presa totale della morte, e la tribolazione che deturpa e sfigura la creazione e la storia, è come un parto doloroso, da cui nasce un nuovo mondo, chiamato a vivere per sempre della vita stessa di Dio. Così il Signore, che è venuto ad abitare tra noi, è il veniente, colui che viene e che verrà: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”.
In realtà noi stessi apparteniamo alla generazione in cui vediamo “accadere queste cose”, perché il Figlio dell’uomo, risuscitato e vivo, viene a noi, con la potenza disarmata dell’amore e della verità, con la gloria e la bellezza di una presenza che traspare, già ora: ogni volta che la sua Parola è annunciata e ascoltata, ogni volta che la sua Eucaristia è celebrata, ogni volta che si svela un’umanità più lieta e più pura, nel volto e nella carne dei suoi testimoni e dei suoi santi. Così il raduno degli eletti e dei chiamati inizia a prendere forma nella missione della Chiesa, e gli “angeli” mandati dal Signore sono i suoi annunciatori, dai primi apostoli fino a coloro che oggi testimoniano e proclamano il Vangelo, e convocano i credenti a costituire un popolo nuovo nella storia.
In questo senso, per i discepoli di Cristo, i tempi della fine sono iniziati, e non occorre fare strane previsioni o alimentare prospettive paurose di catastrofi incombenti, ma imparare a leggere i segni di Dio, i segni di questo travaglio fecondo, che è già tutto raccolto e significato nella Pasqua di morte e di risurrezione di Gesù. Marco ci consegna l’ultima parabola in bocca a Gesù, prima che abbiano inizio gli eventi drammatici della passione di Cristo, ed è una parabola che ci chiede di essere attenti alla realtà, imparando anche da cose semplici, come una pianta di fico che, “quando il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie”, ci annuncia l’estate ormai vicina.
Allo stesso modo, quando vediamo accadere i segni della fine – le sofferenze e le contraddizioni che accompagnano la nostra storia, fino a un crescendo finale - e le tracce dell’inesorabile invecchiamento di questo mondo, possiamo essere certi che “egli è vicino, è alle porte”, e bussa continuamente a noi, attraverso le circostanze che segnano il nostro tempo e la nostra vita: nella fede lo riconosciamo e anticipiamo la gioia dell’incontro faccia a faccia con Lui.

Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti
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