La parola
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II lettura di domenica 6 dicembre - Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova

II domenica di Avvento (Anno B)

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno.
Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.
Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno!
Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.

Nella comunità cristiana primitiva la seconda venuta temporale di Cristo – la cosiddetta “parusia” – alla fine della storia, era ritenuta imminente e, conseguentemente, l’attesa si andava facendo sempre più impa¬ziente col passar del tempo e la irrealizzazione dell'evento.
Sorsero anche gruppi di eretici, i quali negarono addirittura la consistenza della speranza nella “parusia” a pertanto vivevano e propagandavano l’immoralità.
L'autore della lettera prende posizione di fronte a tali deviazioni e conclude, nella presente pericope, spiegando come debba essere intesa l’imminenza della “parusia” e quale dev’essere l’atteggiamento dei cristiani che vi si preparano.
Citando il Salmo 90,41 l’autore ricorda che le cadenze, cui è assuefatto l’uomo vivente nel tempo, non si sintonizzano sull’attimo eterno di Dio, per cui il lungo tempo della storia è appe¬na un momento, precedente la “parusia”.
Ma c'è un secondo equivoco da parte dell’uomo: Dio non ritarda, non viene meno alla sua parola, ma dà alla propria “pazienza” la cadenza del tempo, perché “tutti abbiano modo di pentirsi”.
Anche se Dio aspetta, l’uomo non può procrastinare la sua conversione, sulla scorta di qualche opinione o supposta previsione; non si possono fare previsioni: “il giorno del Signore verrà come un ladro”, repentina¬mente.
C’é di più: i credenti, progredendo nella santità, rendono più vicina la venuta di Cristo. Anche il Talmud dice: “Se i Giudei facessero veramente penitenza un sol giorno, quel giorno verrebbe il Messia”.
Perché la santità è condizione per partecipare, al mo¬mento della “parusia”, alla nuova situazione: “nuovi cieli e nuova terra”; una realtà, ovviamente, non cosmica, ma spirituale.
La condotta moralmente buona, seppure vissuta “nell’attesa”, è già inscritta nella dimensione eterna della “parusia”; in tal senso la affretta, la rende già presente. Un’attesa attualizzante, se vissuta nella santificazione.
La “consumazione”, la “dissoluzione” della realtà attuale, es-sendo purificante – in tal senso si parla del calore, del fuoco –distruggerà tutto ciò che ha valenza soltanto terrestre, risparmiando quanto è già adatto per “i cieli nuovi e la nuova terra”, che sono “dimora stabile della giustizia” cioè consolidamento definitivo, non più contaminabile o deperibile, di chi è santificato.

Fonte: Il Cittadino
II lettura di domenica 6 dicembre - Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova
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