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II lettura di domenica 27 giugno - La vostra abbondanza supplisca all'indigenza dei fratelli poveri

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa.

Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

La comunità cristiana di Gerusalemme, che annovera numerosi poveri, all’epoca dell’imperatore Claudio, è venuta a trovarsi in condizioni di crescente indigenza, a causa di una carestia, cosicché i fratelli di fede delle altre comunità della diaspora hanno deciso di fare una colletta, l’unica ricordata

nel Nuovo Testamento (At 11,29). Paolo, in una sua visita a Gerusalemme, aveva incontrato Pietro, Giacomo e Giovanni, i quali gli raccomandarono di “ricordarsi dei poveri” (Gl 2,10).

La colletta non ha semplicemente il valore di atto di carità, ma pure di segno emblematico del vincolo dei cristiani, convertiti dal paganesimo, con i battezzati di provenienza ebraica, appartenenti

alla Chiesa-madre di Gerusalemme; è, inoltre, prova tangibile dell’universalismo vissuto con concretezza nel cristianesimo nascente.

L’Apostolo, pertanto, sta facendo opera di sensibilizzazione anche presso i Corinti, dopo che ha avuto una risposta più che generosa dai credenti di Macedonia (2a Cr 8,1 ss). Ed articola l’esortazione su due motivazioni.

La prima: la ricchezza di doni spirituali, avuti dalla grazia divina e di virtù coltivate secondo l’insegnamento dello stesso Paolo, deve essere completata dalla loro generosità in questa colletta: “come vi segnalate in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella scienza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così distinguetevi anche in quest’opera generosa”.

La seconda motivazione: assimilarsi all’atteggiamento di Cristo, il quale “da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.

Paolo, più che l’esempio di Cristo, da imitare, mette a fuoco la ragione teologica, che costituisce il fondamento della generosità cui sono chiamati i Corinti. E non parla propriamente della povertà materiale di Gesù, (seppur anch’essa sperimentata dal “Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo” - Mt 8,20) ma piuttosto della stessa condizione di Dio incarnato, abbassato nell’umiltà della natura umana. Gli uomini allora sono diventati “ricchi”, perchè per mezzo dell’umanità di Cristo

che è la sua “povertà”, sono stati resi partecipi della sua divinità, che è la sua “ricchezza”. Nella lettera ai Filippesi, Paolo riprenderà questo concetto, affermando che Cristo “pur essendo nella forma di Dio, non stimò come un bene da tenersi gelosamente l’essere pari a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di schiavo, diventando simile agli uomini” (Fl 2,6-7). Enunciate le motivazioni, l’Apostolo indica uno degli scopi della colletta: realizzare l’uguaglianza fraterna. Perciò rassicura i Corinti, realisticamente: non debbono spingere la loro generosità sino a trovarsi poi essi in povertà, “non si tratta di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza”. C’è qui una risposta al problema, posto dalla constatazione che Dio non ha elargito con uguaglianza i suoi doni: se lo avesse fatto, gli uomini non sarebbero stati indotti a sostenersi reciprocamente; al limite, non vi sarebbe stata vita sociale. La diversità di doni e la diversa proporzione sollecita la fraternità e quindi il merito dell’amore. Il che non si avrebbe in una convivenza di uguaglianza creata da Dio o imposta d’autorità di chicchessia. Il discorso viene avvalorato da una citazione di Es 16,18 – interpretato in senso accomodatizio – in cui si legge che la manna era donata da Dio in maniera da bastare secondo le necessità, per cui “colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno”; infatti accadeva che chi, per ingordigia, ne raccoglieva di più se la trovava poi marcia. Cioè: chi non condivide la propria abbondanza non potrà aver vantaggio, ma scapito spirituale; inoltre non avrà diritto a chiedere aiuto se, a sua volta, verrà a trovarsi in condizioni precarie. Paolo porterà poi la colletta a Gerusalemme e in quella circostanza verrà fatto arrestare dai suoi persecutori (At 24,17).

Fonte: Il Cittadino
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