La parola
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II lettura di domenica 26 gennaio - Siate tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi

III Domenica del Tempo Ordinario (anno A)

Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire.

Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo».

È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?

Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. 

Com'è noto il primo scritto di San Paolo ai cristiani di Corinto che si possiede, come risulta dal cenno che egli ne fa (1 Cr. 5,9) fa seguito ad uno precedente, che non è stato tramandato. Nel frattempo da quella comunità sono pervenuti all’Apostolo, sia a voce che in scritto, interrogativi, ai quali egli ora dà puntuale risposta, censurando con veemenza un caso di incesto, l'impudicizia, l'adulterio, il furto, gli abusi e gli atteggiamenti sconvenienti nella celebrazione dell'Eucaristia, nonché il dubbio sulla risurrezione dei morti.

Ma la piaga più grave che infetta la comunità di Corinto è divisione e l’antagonismo dei vari gruppi. Paolo quindi, prima di affrontare altri problemi, stigmatizza in maniera inequivocabile tale situazione, perché paradossale. Il tono è fermo, deciso e tuttavia paterno: vi traspare la preoccupazione delle conseguenze cui la comunità può giungere se non si pone fine alle incipienti divisioni.

L'esortazione, intende trarre forza dal fatto che viene personalmente dall’Apostolo, ma altresì in “nome del Signore nostro Gesù Cristo”, il quale – Paolo lo dirà subito dopo – non può essere che presenza unificante e non causa di divisione.

Il secondo motivo per escludere ogni contrapposizione è il vincolo di fratellanza, richiamato implicitamente da Paolo con l’espressione accorata: “Vi esorto, fratelli”. Anzi aggiunge che non basta essere uniti, per tali motivi, ma occorre l'unanimità nel parlare e la “perfetta unione di pensiero e d'intenti”.

Invece – gli è stato riferito – nella comunità di Corinto vi sono, non semplici discussioni o diversità di punti di vista, ma addirittura dei partiti, i quali si richiamano a maestri diversi: “lo sono Paolo, io invece sono di Apollo, io di Cefa, io di Cristo”.  Apollo è un dotto ebreo di Alessandria, facondo, brillante nell'esposizione del pensiero.

Paolo menziona pure il gruppo dei suoi partigiani personali, ripudiando la loro posizione, come quella degli altri gruppi. Perché Cristo è unico e non può essere diviso, una Chiesa divisa non può dirsi corpo mistico di Cristo; solo Cristo è stato crocifisso; esclusivamente nel nome di Cristo avviene il Battesimo. Paolo nomina soltanto stesso; per delicatezza verso gli altri personaggi interessati, nei cui riguardi non esprime alcuna valutazione.

Non è improbabile che nella comunità di Corinto si sia creata l'idea di un particolare vincolo di discepolanza con colui che ha conferito il Battesimo. Paolo allora afferma che il Battesimo lega soltanto a Cristo, incorpora soltanto a lui. La missione dell'apostolo si esaurisce nel “predicare il Vangelo”: il Battesimo verrà di conseguenza e (si intravede l’atteggiamento dello scrivente) potrà essere amministrato anche da altro ministro.

Neppure la predicazione deve costituire pretesto per vincolare personalmente al predicatore chi ascolta: quindi deve essere condotta senza alcuna preoccupazione di piaggeria con “un di scorso sapiente”, cioè argomentato su concetti terreni, anziché sul valore salvifico della “Croce di Cristo”. E' infatti la realtà di grazia della Croce, che può convertire non la bella esposizione di concetti umani.

Ci si converte veramente perché conquistati dalla “Croce di Cristo” e non dalla facondia del predicatore. Se così avverrà, non vi saranno divisioni.

Fonte: Il Cittadino
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