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II lettura di domenica 24 aprile - domenica della Divina Misericordia

Il vivente - ANNO C

II lettura di domenica 24 aprile - domenica della Divina Misericordia

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 1,9-11a.12-13.17-19
 
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese.
Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito».

Con il presente brano inizia la ripresa – nelle domeniche di Pasqua – di alcune pagine dell'Apocalisse, il libro che Giovanni ha stilato in di Patmos, una delle isole Sporadi, nell'Egeo, probabilmente verso il 96 d.C. durante la persecuzione di Domiziano.

“Nel giorno del Signore”, la domenica, una “Rivelazione” – tale è il significato del termine greco “Apocalisse” – che Giovanni riporta nel suo scritto come lettera di conforto, di incoraggiamento, con uno stile particolarmente ricco di simbolismi (lo stile della cosiddetta letteratura apocalittica, che ebbe fioritura soprattutto tra il II sec. a.C. e il III sec. d.C.).

E' dunque un libro profetico, sia in senso largo (annuncio di giudizi di Dio sulla storia presente o passata) sia in senso stretto (preannuncio di eventi futuri).

L'autore ragguaglia chi legge sulle circostanze di composizione del libro: la sua presenza in Patmos è dovuta alla “testimonianza resa a Gesù”, ossia vi è relegato, perché è seguace e apostolo di Gesù.

L'estasi di cui è protagonista ha scopo sociale: deve trasmettere tutto quanto gli viene rivelato all'intera comunità cristiana (“le sette Chiese” dell’Asia Minore cui si indirizza direttamente Giovanni, rappresentano tuttala Chiesa). Colui che rivela è Dio: la sua presenza e la sua azione sono tradotti con espressioni particolarmente adatte ad indicarne la potenza, la solennità, la trascendenza.

La prima, reazione di Giovanni è quella propria dell'uomo di fronte alla Divinità: lo sbigottimento che quasi tramortisce.

Dai "sette candelabri" (simbolo delle "sette chiese", cioè tutta la Chiesa, come viene spiegato al v. 20) il Signore – “simile a Figlio d’uomo” – rassicura: Egli è colui che era morto, ma è risorto, risorto per sempre. E' il Cristo,"il Vivente" che ora appunto sta nella sua Chiesa ("in mezzo ai sette candelabri”).

Di qui il motivo di conforto: la Chiesaha nulla da tenere, perchè Egli ha potere su tutto, anche sulla aorte e sulla caducità ("gli inferi") e quindi è in grado di sostenere la sua Chiesa, in qualsiasi frangente. Nulla e nessuno può eliminarla.

Fonte: Il Cittadino
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