La parola
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II lettura di domenica 11 luglio - In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d'amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l'ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.

L' Apostolo sta parlando agli etnico-cristiani, cioè ai non appartenenti alla stirpe ebraica, approdati al cristianesimo, coloro quindi che gli Ebrei chiamano “i pagani”, “i gentili”, “gli incirconcisi”, “i lontani”.
I giudeo-cristiani, i battezzati provenienti dall’ebraismo si considerano figli legittimi della salvezza e considerano gli etnico-cristiani come figli illegittimi o almeno di seconda categoria. È nota la pretesa dei giudeo-cristiani di far passare attraverso le prescrizioni israelitiche i pagani che desiderino aderire al cristianesimo. Pretesa ripudiata dal Concilio di Gerusalemme.
È il vecchio concetto del giudaismo: della superiorità religiosa, quasi un’aristocrazia spirituale. Nella Lettera di Aristea, documento giudaico del 100 a.C. circa, si legge: “il nostro saggio legislatore, tenendo conto di tutti i particolari, fornito da Dio della conoscenza di tutte le cose, ci circondò di palizzate insuperabili, perché non ci mescolassimo in nulla con nessun altro popolo, rimanendo incontaminati di corpo e di anima, liberi dalle vane opinioni e adorando l’unico e vero Dio, superiore a tutta la creazione”.
Paolo – per antonomasia apostolo dei “gentili” – afferma che, in forza della redenzione cruenta di Cristo, anche coloro che erano considerati “lontani” ora sono “vicini”. Per gli israeliti “il prossimo”, anticamente, era soltanto il membro dello stesso popolo o della stessa parentela, per il cristianesimo “il prossimo” è ogni uomo, indipendentemente dalla sua origine etnica: concetto illustrato, limpidamente, da Gesù, nella parabola del buon samaritano.
Mediante l’Incarnazione – “per mezzo della sua carne” – Cristo ha annullato la congerie di “prescrizioni” e di decreti, fatti derivare dalla legge mosaica, la quale, per questo, ha assunto fisionomia negativa di un separatismo che non ha più ragion d’essere. Cristo, “nuovo Adamo”, ha rifondato l’umanità, in se stesso, dando origine ad “un solo uomo nuovo”, rigenerato dal Battesimo, riconciliato con Dio e con tutti.
Il prezzo di questa rifondazione, di questa riconciliazione, di questa riunione è stato il sangue di Cristo, “per mezzo della croce”. Cristo, impersonando la pace, ha “distrutto in se stesso l’inimicizia”, con Dio e con gli uomini.
Con estremo realismo allora l’Apostolo può scrivere che Cristo “è venuto ad annunziare la pace”: un annuncio non semplicemente verbale, ma espresso nella sua persona e nella sua vita.
Pace che unisce ugualmente “i lontani” e “i vicini”, in maniera talmente integrale da far sì che – tutti incorporati a lui – possano “presentarsi al Padre in un solo Spirito”. Lo Spirito infatti è l'amore unitivo vigente tra il Padre e il Figlio: i battezzati, incorporati a Cristo-pace, fruiscono dello Spirito Santo, amore divino unitivo.
Analogo concetto Paolo esprime nella epistola ai Galati: “non c'è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina, essendo tutti voi una sola persona in Cristo” (Gl 3,28; cfr. anche Cl 3,10).

Fonte: Il Cittadino
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