II Lettura di domenica 8 agosto 2021 - Camminate nella carità come Cristo
XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Ef 4,30-5,2
Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione.
Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
Paolo sta sviluppando la parte parenetica della lettera, in cui “esorta” e “scongiura” i battezzati a vivere in coerenza con la loro vocazione e non più da pagani.
I paragrafi di raccomandazioni vengono intercalati da richiami teologici, che le fondano e le motivano.
In tale ambito sta l’invito a non “rattristare lo Spirito Santo di Dio”. Premesso che è la prima volta che Paolo parla, inequivocabilmente, dello Spirito Santo come persona, è opportuno precisare che lo Spirito Santo non è passibile di dolore, non può essere “rattristato”, ma l’Apostolo usa una locuzione espressiva, attinta dal linguaggio dei sentimenti umani, per esprimere il peccato contro Dio. In realtà sono “rattristati” i peccatori: dove c’è peccato viene meno la gioia della vita cristiana, viene a mancare Dio, al cui presenza dona gioia. Infatti Paolo ricorda che i cristiani sono stati “segnati” con il “sigillo” dello Spirito Santo di Dio, cioè la presenza santificatrice che prende possesso del battezzato per condurlo alla redenzione eterna, “ il giorno della redenzione”.
In particolare la distruzione della gioia, proveniente dallo Spirito Santo, viene causata da alcuni comportamenti: “asprezza”, fatta di atteggiamenti duri, legnosi, pessimistici verso il prossimo; “sdegno”, l’irritabilità del presuntuoso per un nonnulla o comunque sproporzionata alle cause; “ira” , la rabbia, la furia, che facilmente diventa irrazionale e brutale; “clamore” , le urla, il tono concitato, che caratterizza gli alterchi e degenera in parole offensive; “maldicenza” , la critica corrosiva di chi è costantemente scontento degli uomini ed anche di Dio; “ogni sorta di malignità” , di malanimo (il testo greco dice “cattiveria”).
Specularmente è più sintenticamente Paolo oppone il comportamento della gioia proveniente dallo Spirito: “benevolenza” reciproca, la ricerca del bene altrui; “misericordia” , attitudine al riconoscimento delle scusanti; “perdono” delle offese.
Il criterio, la misura non può essere che quella stessa di Dio – presente in noi col Battesimo – il quale “ha perdonato a voi in Cristo”. I battezzati sono chiamati a fare esperienza costante della gioia di Dio che perdona (illustrata particolarmente nelle parabole di Gesù, riportate da Lc 15,1 ss).
Il modello, in definitiva, è Dio stesso – “fatevi imitatori di Dio” – il quale ha manifestato in Cristo, in maniera affascinante, le modalità dell’amore, sino al sacrificio: Cristo ha offerto se stesso per benevolenza, misericordia, perdono verso gli uomini: altrettanto debbono fare coloro che vivono in lui.
L’offerta “a Dio in sacrificio di soave odore” – citazione di Es 29,18 (cfr. anche Gn 8,21; Lv 1,9; Nm 2,2; Sl 40,7) è un eufemismo simbolico, che esprime un’azione sacra, liturgica, di cui Dio si compiace. La vita del cristiano dev’essere una azione liturgica continua, culminante nell’Eucaristia, in cui si rinnova il sacrificio di Cristo.
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