La parola
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11a Domenica del tempo ordinario (anno B), Marco 14, 26-34

É il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Riprendiamo con questa domenica la lettura continua del vangelo di Marco, che ci accompagna in quest'anno liturgico, e ascoltiamo due brevi parabole che chiudono il discorso raccolto dall'evangelista. Proprio la nota conclusiva di Marco propone un tratto caratteristico della predicazione di Gesù: "Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro, ma, in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa". La Parola che Cristo proclama riguarda la venuta del Regno, la vicinanza di Dio che vuole realizzare la sua signoria nella storia, come salvezza e pienezza di vita per gli uomini: tutto il Vangelo è narrazione di questa presenza salvifica, che si manifesta ora nelle parole e nei gesti di Gesù, tanto che, in certo modo, il Regno sta accadendo attraverso la sua persona e la sua azione. Accogliere il Regno, in fondo, è accogliere Cristo, mettersi alla sua sequela, ospitare la sua presenza, oggi, come agli inizi: per questo motivo solo i discepoli sono introdotti nei misteri del Regno, solo a loro Gesù spiega in un ambiente familiare ciò che annuncia con le parabole, e tutto ciò non è coltivare un gruppo chiuso, una sorta di setta che custodisce dottrine segrete, ma risponde al dinamismo della rivelazione. Per entrare nella verità del Regno infatti, per comprendere ciò che le parabole svelano e al contempo nascondono, occorre l'incontro di due libertà: la libertà di Dio che, attraverso la chiamata di Cristo, sceglie degli uomini a diventare testimoni e collaboratori del Regno, e la libertà dei discepoli, che accettano di stare con Gesù e si lasciano formare dalla sua compagnia. A loro Gesù spiega ciò che annuncia, perché hanno accettato d'essere i suoi e si sono coinvolti totalmente nel rapporto con lui, e ciò rimane sempre vero: percepire la Parola del Regno, in tutta la sua bellezza e profondità, non è un problema d'intelligenza, ma di libertà, e la condizione per far entrare in noi la potenza del Vangelo è vivere una relazione con Cristo, nella semplicità della fede e nell'appartenenza alla comunità dei suoi discepoli. Le parabole, da questo punto di vista, operano secondo una logica "sacramentale": infatti, ciò che sorprende nel linguaggio del Maestro è il riferimento ad aspetti concreti e particolari dell'esistenza umana, nelle parabole c'è un mondo fatto di contadini, di pastori, di amministratori, di donne di casa, di vedove e di amici, di padri e di figli, di terra e di semi, di pesca e di granai, di greggi e di eserciti.
Ma proprio queste realtà che contengono spesso aspetti paradossali e che suscitano interrogativi, alludono a qualcosa di più, a qualcosa che sta dentro e oltre la parabola: perciò, i due piccoli quadri che Marco ci offre nel vangelo odierno, il seme, che gettato in terra, "germoglia e cresce", per sua forza interna, secondo una modalità misteriosa per il contadino, e l'immagine del granello di senape, destinato a diventare un grande albero, hanno in sé la capacità di muovere il nostro cuore oltre, e se siamo disponibili, percepiamo subito che qui Cristo sta rivelando qualcosa che ha a che fare con Dio, con il suo Regno, con il suo modo d'agire, così differente dalle nostre logiche di grandezza, d'efficienza e di potere. Come c'è un'azione discreta e silenziosa, ma inarrestabile, nella crescita del seme, così accade per la presenza di Dio, per quel seme di vita, che è Cristo stesso, che sarà gettato in terra, per risorgere a vita nuova; come c'è una sproporzione tra il granello di senape e l'albero frondoso che nasce, così è inimmaginabile la fecondità del Regno, che opera e cresce secondo i tempi di Dio e non i nostri. In questo modo, ascoltare le parabole, imparare a comprenderle, domanda la libertà di convertire il nostro sguardo, spesso fermo all'apparenza ed alla superficie della realtà, per cogliere in tutto, anche nei dinamismi della natura, della terra, della seminagione, un invito ed un appello a scendere in profondità, a cogliere nell'umano il divino all'opera, a "cercare e trovare Dio in tutte le cose" (S. Ignazio di Loyola).n quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

É il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto
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