La parola
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IV domenica d’Avvento (anno C), Luca 1, 39-45

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

La liturgia della quarta domenica d'Avvento introduce al mistero dell'Incarnazione, cuore del Natale ormai vicino: un evento che si è compiuto nella giovane Maria di Nazaret, e che lei già custodisce nell'incontro con l'anziana parente Elisabetta.
La pagina di Luca, oggi proposta, descrive questo incontro che avviene "nella casa di Zaccarìa" e che rappresenta, nella struttura che l'evangelista dà al suo caratteristico "vangelo dell'infanzia" (Lc 1,4 - 2,52), il momento in cui s'incrociano le vicende parallele di Giovanni e di Gesù. Tutto si svolge nella cornice di un'esistenza concreta e ordinaria: due donne s'incontrano nell'ambiente familiare di una casa e si salutano con affetto e trasporto. Ma dentro queste coordinate quotidiane, c'è la presenza di un mistero che, in modo diverso, ha toccato la vita di Maria e di Elisabetta, perché entrambe sono testimoni di una singolare benedizione di Dio, l'una, vergine feconda per la potenza dello Spirito, che porta già nel suo grembo il bambino appena concepito, il Messia e Figlio dell'Altissimo, l'altra, che nella sua sterilità è stata visitata da Dio e custodisce Giovanni, il profeta che preparerà la strada a Cristo.
Tutto il racconto di Luca è pervaso da una tonalità di gioia che esprime bene l'irruzione di una novità inattesa e sorprendente: Maria, infatti, appena ricevuto l'annuncio dell'angelo, "si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda".
Il verbo usato da Luca (participio di "anistemi") è un verbo che nel linguaggio del Nuovo Testamento è utilizzato anche per la risurrezione di Gesù, che dalla morte si rialza e riprende a vivere, e oltre ad indicare un movimento fisico di Maria, manifesta la sua personale iniziativa e allude ad una sorta di risurrezione, provocata dall'evento che in lei si è appena compiuto.
Così l'evangelista nota la fretta della vergine per recarsi da Elisabetta, la stessa fretta che avranno i pastori per andare a vedere il bambino appena nato a Betlemme (Lc 2,16), la stessa fretta con cui Zaccheo scenderà dall'albero, per accogliere in casa Gesù (Lc 19,6); proprio accostando questi differenti passaggi di Luca, comprendiamo che non si tratta solo di un gesto di sollecitudine, ma del contraccolpo davanti ad una parola e ad un avvenimento imprevedibili. Come i pastori saranno mossi dalla novità dell'annuncio angelico, per andare a vedere il bambino deposto in una mangiatoia, come Zaccheo è investito dallo sguardo di Gesù che vuole fermarsi a casa del pubblicano, destando lo scandalo dei "giusti", così Maria è stata toccata da un mistero che va oltre ogni attesa, un mistero che la riempie di gioia e di tremore.
Il suo andare in fretta verso la casa di Elisabetta, affrontando un viaggio lungo e non semplice dalla Galilea alla Giudea, esprime non solo il desiderio di essere accanto alla cugina avanti negli anni e forse di assisterla fino al parto, visto che l'evangelista annota che la vergine, informata dall'angelo che Elisabetta è già al sesto mese di gravidanza "rimase con lei circa tre mesi" (Lc 1,56), ma soprattutto il cammino svelto di Maria manifesta l'urgenza interiore di condividere la gioia per ciò che Dio sta operando, dando lode all'Altissimo. Come nota giustamente Sant'Ambrogio: "Era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia.
Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze". È una letizia alacre ed operosa che traspare dai gesti e dalle parole della giovane figlia di Nazaret, e nell'incontro tra le due donne possiamo riconoscere i segni tipici di un'esistenza visitata da Dio: il cuore sussulta, come Giovanni nel grembo della madre, Elisabetta, riempita di Spirito Santo benedice e riconosce in Maria il mistero presente, salutandola come "madre del mio Signore" e la Vergine si scioglie nel cantico del "Magnificat", per celebrare le grandi cose che Dio realizza in lei e nel suo popolo.
Ogni volta che accade un reale passaggio di Dio nella nostra esistenza di uomini in cammino verso l'Eterno, lo possiamo riconoscere perché si rinnovano i segni presenti nella visitazione della vergine: è una risurrezione della nostra umanità, che è commossa da una Presenza amorosa e gratuita e che diviene capace di abbracciare con letizia la realtà donata.

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