La parola
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28a domenica Tempo Ordinario (anno B), Marco 10, 17-30

Vendi quello che hai e seguimi

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni...

Il vangelo di questa domenica ci propone ancora un racconto di Marco che si svolge "per strada", con, al centro, il dialogo di Gesù con un uomo ricco: siamo ormai nella parte conclusiva del percorso verso Gerusalemme e sembra quasi che l'evangelista voglia mettere sempre più in evidenza la distanza che separa il Maestro dalla mentalità degli uomini.
Dopo il maldestro tentativo dei discepoli di allontanare i bambini da Gesù, c'è l'incontro con questo potenziale discepolo, che però si allontana tristemente, e ci sono le parole su quanto difficile sia per i ricchi entrare nel Regno. Proseguendo, dopo il terzo annuncio della passione (Mc 10,32-34), vi sarà una nuova scena d'incomprensione da parte dei Dodici, con la domanda di Giacomo e Giovanni di sedere alla destra del Messia e la successiva discussione, chiusa da una nuova parola di Cristo sulla vera grandezza (cfr. Mc 10,35-45). Davvero con Cristo è entrato nel mondo un nuovo modo di concepire e di vivere l'esistenza, che comporta una perdita di ciò che è stimato come ricchezza, come sicurezza, come potere, ma per rendere finalmente possibile un centuplo di vita e di libertà, dalle cose e dai mille impedimenti, che è appunto la promessa rivolta da Gesù a Pietro, nella parte finale del nostro passo: un centuplo come intensità del vivere, un possesso diverso, nel distacco, che si accompagna realisticamente a "persecuzioni" e che è l'inizio della "vita eterna".
L'uomo ricco che corre incontro a Gesù e si getta in ginocchio davanti a lui è mosso da stima e venerazione per il maestro di Nazaret, e come fedele giudeo, esprime una domanda che riguarda il compimento delle opere richieste: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?".
Inizialmente, com'era accaduto con i farisèi che ponevano la questione della liceità del ripudio, Gesù risponde collocandosi nella prospettiva del suo interlocutore, e lo rinvia al dono della Legge, consegnata ad Israele: "Tu conosci i comandamenti". Cristo, infatti, non è venuto per abolire la Legge, ma per dare pieno compimento, e allargando l'orizzonte, possiamo riconoscere nelle parole di Gesù la stima per ogni cammino umano impegnato nella pratica del bene e della giustizia. Dalle successive parole dell'uomo, veniamo a conoscere la sua profonda rettitudine nella fedeltà alla Legge mosaica: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza".
Ma proprio qui si rivela l'originalità di Cristo, che sembra leggere nell'animo di questo giusto una mancanza che non può essere colmata nemmeno dall'osservanza dei precetti e dei comandamenti.
In effetti, si può essere uomini retti, moralmente seri ed impegnati, e tuttavia avvertire che alla vita manca qualcosa, che nemmeno la nostra coerenza, anche quando fosse perfetta, è in grado di compiere il nostro desiderio di pienezza e di felicità. Così lo sguardo carico d'amore con cui Gesù abbraccia il volto di quell'uomo, si traduce in una proposta sorprendente, dove la condizione per entrare nel Regno, diventa la sequela totale di Cristo, come sommo bene della vita.
"Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!": Gesù coglie alla radice l'attesa dell'uomo e mostra che la mancanza che segna l'esistenza, pur giusta di questo giudeo osservante, può essere colmata solo seguendo lui, in una libertà dai beni posseduti. Se è vero che solo alcuni sono destinatari della chiamata a lasciare tutto per il Signore, è altrettanto vero che la proposta di Gesù vale per ogni suo discepolo, chiamato a giocare tutta la vita per Cristo, a seguire la sua viva presenza, imparando un uso diverso dei beni, non più per se stessi, ma per il Regno e per i fratelli poveri e bisognosi, in un distacco, che diventa sobrietà, essenzialità e libertà dalle cose e dal possesso.
Purtroppo il ricco senza nome ha avuto paura di rischiare la sua vita nel seguire Gesù, e se ne è andato triste, "rattristato" non solo per l'inattesa chiamata, ma anche perché non ha potuto negare e cancellare la profondità di quello sguardo da cui si è sentito penetrare.
Così l'esistenza cristiana appare davvero un dramma, sempre sospeso alla libertà dell'uomo, che, pur di non perdere le sue sicurezze, può anche rinunciare al vero tesoro e non gustare la bellezza del centuplo desiderato.

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