La parola
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Prese a mandarli

XV Domenica del Tempo Ordinario (15 luglio 2018)

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».

Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. 

Il profeta dell’Antico Testamento, il quale comunica il giudizio di Dio sull’operato umano, facilmente risulta scomodo ed indisponente per chi si è creato una propria religiosità ed una propria morale.

Il rifiuto del profeta e del suo messaggio è disprezzo del piano divino, secondo il quale gli uomini sono destinati dall’eternità a divenire figli adottivi di Dio, santificati dall’opera redentrice di Cristo.

Anche Cristo ha i suoi profeti, ai quali conferisce i suoi poteri: non accoglierli è ripudiare la salvezza affidata al loro ministero. 

Prima missione affidata da Gesù ai “Dodici”. Così vengono denominati globalmente i collaboratori più stretti, gli Apostoli, che il Maestro ha scelto.

Una denominazione che indica la loro coesione e l’azione collegiale, meglio delineata e precisata in seguito.

E’ una comunità di uomini che vengono riconosciuti dall’ambiente culturale contemporaneo come “sheluim”, ossia “inviati”, “mandati” con poteri di rappresentanza, procuratori di colui che invia, quindi nel caso come rappresentanti personalmente designati di Gesù.

Infatti Gesù “comincia a mandarli”, trasmettendo loro il suo “potere sugli spiriti immondi”, sui demoni, giacché – come dirà, più chiaramente, in seguito – egli è stato inviato dal Padre per liberare il mondo dal potere del demonio, dal male.

Li invia “a due a due”, secondo una certa usanza dei rabbini e degli scribi, soprattutto per incarichi d’importanza o di ufficialità. “I Dodici”. Vengono inviati “a due a due” allo scopo di aiutarsi, sostenersi reciprocamente nell’espletamento dei loro compiti.

Poiché debbono pure dare testimonianza del messaggio e dell’opera di Gesù, egli si attaglia alla legge mosaica, la quale stabilisce che i testimoni debbano essere sempre in due, per essere credibili (Dt 19,15 ss.).

Gesù dà pure disposizioni pratiche per il viaggio: portino soltanto i sandali e il bastone (che serve per la difesa dalle fiere e dai serpenti).

Nient’altro, neppure il pane né bisaccia né denari, neppure spiccioli (il testo greco ha un termine che significa “bronzo” oppure “rame”, equivalente a soldi non pregiati, a spiccioli). Una tunica sola deve bastare.

Insomma un assetto assolutamente essenziale, improntato a povertà, perché ci sia totale affidamento alla Provvidenza e non alle proprie risorse, nel compimento della missione apostolica: il buon esito dipenderà soltanto dalla grazia divina. Il missionario non deve avere altre preoccupazioni che quelle concernenti l’incarico ricevuto. Per la permanenza nei paesi visitati, Gesù raccomanda di usufruire dell’ospitalità di una sola casa, perché, secondo una sentenza rabbinica “un ospite che cambia spesso alloggio reca danno e ne riceve egli stesso, causa cattiva reputazione per sé e per il suo ospite”; passare di casa in casa, inoltre, può provocare gelosia e dissapori tra le famiglie che hanno il privilegio di accogliere i missionari. Gesù prevede pure reazioni negative e ne avverte gli Apostoli, affinché non se ne meraviglino né si scoraggino. Soltanto si comportino con chiarezza: lasciando il luogo inospitale “scuotano la polvere di sotto ai piedi”.

Un gesto – come quello di scuotere la polvere dagli abiti – che significa riprovazione, scomunica, preoccupazione di non recare con sé contaminazione: il luogo inospitale è come terra pagana, della cui polvere gli Ebrei debbono liberarsi prima di calcare la Terra Santa, appunto per non contaminarla.  Nel libro di Neemia (5,15) si legge: “scossi anche le pieghe della mia veste ed esclamai: così Dio scuoterà chiunque non rispetterà quest’impegno...”.

Gli Atti degli Apostoli riferiscono dell’attuazione di questa norma anche in seguito (At 13,51;18,6; 22,23).

L’espletamento della missione, nonostante l’importanza dell’evento, è narrata concisamente, senza enfasi: “partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio gli infermi e li guarivano”. Una missione che si dipana, dunque, in predicazione, liberazione dalle potenze demoniache e sollievo dalle infermità.

Riguardo a queste bisogna ricordare che l’uso dell’olio è comune nell’ambiente a scopo terapeutico, ma dal contesto si comprende che gli Apostoli non facevano i medici, bensì guarivano, miracolosamente, usando l’olio con valore simbolico, come, miracolosamente, liberavano gli ossessi dal demonio.

Nell’uso simbolico dell’olio il Concilio di Trento ravvisa “insinuata” l’unzione degli infermi istituita da Gesù, come sacramento vero e proprio e poi raccomandata e promulgata dalla Lettera di S. Giacomo (5,14-15).

Importante, soprattutto, è rilevare che “i Dodici” compiono la loro missione, ricalcando e prolungando fedelmente l’opera di Gesù, per la quale egli ha conferito loro esplicito mandato ed anche straordinari poteri, quale garanzia di autenticità.

Fonte: Il Cittadino
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