La parola
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Domenica di Pasqua, Gv 20,1-9

Egli doveva risuscitare dai morti

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".
Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Dopo lungo racconto della passione, morte e sepoltura di Gesù, siamo posti davanti ad un nuovo inizio, assolutamente indeducibile dagli eventi che lo precedono, così come, nella nostra esperienza umana, la morte sembra essere l'ultima parola sulla nostra vita, la certezza di cui nessun uomo può dubitare: "Il primo giorno della settimana, al mattino presto" le donne vanno al sepolcro con gli aromi preparati in fretta la sera di venerdì, prima dell'inizio del sabato (Lc 23,54-55).
Tutto ci parla della potenza oscura e invincibile della morte che domina nell'orizzonte di queste donne, profondamente affezionate al loro Maestro, e le parole che si susseguono "aromi", "sepolcro", "corpo", rimandano a qualcosa di tangibile, e sullo sfondo evocano il destino mortale dell'uomo Gesù di Nazaret. Ma c'è una svolta segnata dalla notazione temporale, che nell'originale testo lucano, andrebbe tradotta così: "Ora il (giorno) uno dei sabati (cioè "delle settimane"), in alba profonda".
Dunque è un inizio, perché siamo nel primo giorno della settimana, che culmina nel sabato e siamo nel momento della primissima alba, quando le tenebre cominciano a cedere il passo alla luce: tutto annuncia l'irruzione di una realtà nuova che, seppur evocata da Cristo "quando era ancora in Galilea", è così improbabile e sconvolgente da non essere stata considerata né dalle donne, né dai discepoli.
Come può accadere a noi uomini, un po' scettici e increduli, anche se ci diciamo credenti, quando accompagniamo un nostro caro o un nostro amico defunto al sepolcro, e non riusciamo a sottrarci all'impressione immediata di una fine senza ritorno, di un silenzio senza più parole, di un buio senza fondo: così per le donne, testimoni della tomba aperta, e per i discepoli, non è stato immediato accedere alla verità della risurrezione del Signore Gesù e, in modo realistico, i vangeli ci parlano di uomini che hanno faticato a riconoscere il Risorto, e delle donne si afferma che, trovando il sepolcro vuoto, erano perplesse e si domandavano tra loro che senso avesse tutto questo".
Il passo di Luca accenna poi alla reazione degli apostoli davanti alle donne: "Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse". Pertanto, la risurrezione di Cristo è davvero un "novum" senza precedenti, perché non si tratta della rianimazione di un cadavere, ma di un passaggio ad una vita nuova e piena, che coinvolge la persona di Gesù, in tutta la sua realtà corporale e spirituale: nella tomba non vi sono segni d'effrazione e di furto, nessuno ha tolto i teli, le bende e la sindone, che avvolgevano il corpo senza vita, e che ora sono ancora là, giacenti a terra, secondo la testimonianza di Giovanni (Gv 20,6.7; Lc 24,12: Pietro "vide soltanto i teli"). Tuttavia, per riconoscere l'evento e per entrare in contatto con il Signore risorto e vivo, non basta l'indizio del sepolcro vuoto, e Luca indica ai suoi ascoltatori, di ieri e di oggi, come scoprire la verità piena della Pasqua e come incontrare il Vivente, senza più cercarlo tra i morti, tra i grandi personaggi o maestri del passato che ormai non sono più e dei quali, al massimo, ci restano gli insegnamenti o gli esempi.
Per le donne è stato essenziale l'incontro con i due uomini "in abito sfolgorante", i primi due annunciatori della risurrezione (identificati nei vangeli di Matteo e di Giovanni con degli "angeli", in greco significa appunto "coloro che annunciano") che hanno loro decifrato il senso della tomba priva del corpo di Cristo e hanno richiamato loro le parole pronunciate dal Maestro, invitandole a farne memoria, a richiamarle al cuore, a "ri-cor-darle"; per i discepoli, non è bastata la testimonianza delle donne, ma è occorsa l'esperienza del Risorto che si è mostrato loro e che ha aperto loro il significato delle Scritture che di lui, Messia crocifisso e risorto, parlavano.
Così noi, credenti di oggi, possiamo ritrovare sempre di nuovo lo "stupore per l'accaduto", se abbiamo la grazia di ascoltare, con cuore libero, i testimoni che ci parlano del Vivente, se ci lasciamo illuminare dalle parole della Scrittura e di Gesù stesso, "ricordate" nei vangeli, se possiamo riconoscere, pur non vedendolo, il Signore risorto nei segni e nel contatto reale che oggi lui realizza con noi: "La fede è esperienza del Cristo risorto" (S. Fausti).

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