La parola
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Commemorazione di tutti i fedeli defunti, Gv 6,37-40

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno

In questa domenica, nella quale ricorre la celebrazione di tutti i fedeli defunti, ci mettiamo in ascolto di uno dei vangeli, proposti dalla liturgia, un breve, ma intenso passo di Giovanni. Siamo all'interno della prima parte del discorso sul pane della vita, nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6,22-58), e Gesù si è già proposto come il vero pane di Dio, disceso dal cielo, per dare la vita al mondo.

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno

In questa domenica, nella quale ricorre la celebrazione di tutti i fedeli defunti, ci mettiamo in ascolto di uno dei vangeli, proposti dalla liturgia, un breve, ma intenso passo di Giovanni. Siamo all'interno della prima parte del discorso sul pane della vita, nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6,22-58), e Gesù si è già proposto come il vero pane di Dio, disceso dal cielo, per dare la vita al mondo. Un pane che nutre, attraverso il contatto che si realizza con Cristo stesso mediante la fede: 'Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me, non avrà più sete' (Gv 6,35).Questo è l'orizzonte in cui si collocano le parole offerte alla nostra meditazione, dominato da due elementi, che si corrispondono e che ritornano nel nostro brano: la promessa di un dono, che sarà in grado di colmare la fame e la sete di vita, di vita piena ed eterna, e la condizione per partecipare di questo dono vivificante, che è la fede in Gesù, pane disceso dal cielo, parola viva e personale del Padre per noi. La memoria dei fratelli che hanno varcato la soglia della morte, e la preghiera di suffragio per loro si comprendono in questa prospettiva, così carica di speranza e di positività, come sguardo sul destino dell'uomo. Il punto di partenza è sempre la volontà gratuita e libera del Padre, origine ultima di ogni essere: 'Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me'; Gesù vive e testimonia, come Figlio, una piena dedizione alla volontà di Colui che lo ha mandato, ed è questa volontà che segna il cammino dell'uomo, nel tempo e oltre il tempo. Si tratta di una volontà di bene, radicale, di un desiderio che nulla e nessuno si perda, nulla abbia a perire, per sempre, di ciò che il Padre consegna e dona a Cristo. Dunque, sullo sfondo, si staglia una possibilità tremenda, che è affidata alla libertà degli uomini, la possibilità di fallire lo scopo e il fine dell'esistenza, la possibilità che l'uomo si perda; questa è la vera morte, quella che nella tradizione della fede sarà chiamata la morte eterna, la definitiva separazione da Colui che è pienamente vita. La morte fisica, strappo doloroso e oscuro, che segna l'esperienza storica dell'uomo, in realtà, nella luce della Pasqua di Gesù, diviene un passaggio da questo mondo al Padre, 'di vita in Vita' (Giovanni Paolo II), per chi cammina nella fede e fin da ora trova in Cristo il pane vivo e vero, che alimenta il cuore. Perciò la parola del Vangelo racchiude in sé un appello che tocca il presente, perché è nel presente che noi decidiamo di noi stessi, del nostro destino, è nel presente che assumiamo un certo sguardo sul vivere e sul morire, è nel presente che siamo posti di fronte alla grande alternativa, oggi sempre più chiara, nel clima culturale odierno: o Cristo, o il niente. Nell'annuncio di Giovanni, c'è in vista una salvezza che abbraccia tutto l'uomo, nella sua dimensione temporale ed eterna, spirituale e corporea, perché in fondo una pura sopravvivenza dell'anima non corrisponde pienamente alla struttura dell'uomo, che sperimenta il suo corpo non come qualcosa che ha e che può deporre, quasi fosse un vestito, ma come qualcosa che è parte integrante di sé: la risurrezione futura della carne, che la fede confessa a partire da Cristo, primizia dei risorti, non è un'aggiunta un po' strana al destino dell'uomo, dopo la morte, ma è il segno che davvero nulla di noi si perde, nulla di tutto ciò che viviamo nel corpo e con il corpo (affetti, relazioni, fatiche, sofferenze, gioie). E di questa pienezza, che abbraccia la totalità dell'esperienza umana, il credente comincia a vivere un pegno, un inizio, un albore, nella fede in Cristo, nel rifiorire della propria umanità che ama e segue Gesù: 'Questa infatti è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno'.Ciò che accadrà nell'ultimo giorno e che è oggetto certo della speranza cristiana, è qualcosa che non riusciamo ad immaginare in modo adeguato, ci mancano le parole per descrivere il compimento della vita e della storia, e tuttavia, vedendo il Figlio, con gli occhi illuminati dalla fede, noi abbiamo già la vita eterna, la vita vera, che è capace di oltrepassare il limite, umanamente insuperabile, della morte.

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno
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