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Materie prime che scarseggiano: è allarme

La difficoltà a reperirle ha portato ad aumenti che incidono sul costo della vita

L'Istat, in occasione della diffusione dei dati più recenti, rileva una crescita dei prezzi al consumo che non si registrava dal 2012, con un'inflazione acquisita per quest'anno dell'1,7% e con tutti gli indicatori che fanno prevedere un'ulteriore aumento.

A pesare in particolare è il comparto energetico, con i prezzi passati dal più 19,8% di agosto al 20,2% di settembre, che sta spaventando sempre di più le famiglie, che sulla base delle ultime stime potrebbero trovarsi ad affrontare nuovi costi su base annuale per oltre 900 euro contro la precedente stima di 600, e con Confcommercio che ha già registrato un consistente effetto negativo sui consumi ed il suo ufficio studi che valuta per il prossimo mese un ulteriore incremento del 3,3%, a causa degli aumenti dei costi del comparto energetico ma anche "del permanere di tensioni sulle materie prime e di strozzature nelle catene di produzione e distribuzione a livello globale".

L'inflazione presenta un dato in Italia abbastanza omogeneo, anche se sopra la media nazionale si attestano le isole con un più 2,9%, il Nord Est con il 2,7% ed alcune città come Catania, Genova, Reggio Emilia e Trieste che superano il 3%. L'Istat segnala rialzi molto sostenuti nel comparto alimentare, con un dato generale dell'1% in progresso rispetto allo 0,7% di agosto e prodotti come i vegetali, sia freschi che surgelati, che registrano aumenti molto maggiori.

L'indice dei prezzi al consumo in America a settembre è aumentato del 5,4% rispetto ad un anno prima, il dato più alto degli ultimi dieci anni, e spinge a mettere ulteriormente in dubbio il mantenimento delle politiche economiche e monetarie espansive messe in campo per rilanciare l'economia dopo il lockdown. L'aumento dell'inflazione negli Stati Uniti ha determinato anche lo scatto di un adeguamento dell'indicizzazione della Social Security, l'Inps Usa, del 5,9% sulle pensioni. Il Fondo monetario internazionale in questo contesto ha lanciato un nuovo allarme, che segue quelli fino ad ora rimasti inascoltati, ribadendo che l'inflazione rischia di danneggiare la ripresa "con settori penalizzati dalla penuria di materie prime e dai rincari e con le politiche monetarie e di bilancio prese nella tenaglia che ricorda gli anni settanta quando dovettero combattere due nemici opposti la stagnazione e l'inflazione".

Nel comparto dell'industria chimica, settore definito "energivoro" per la grande quantità di energia che consuma per le sue attività, molte aziende stanno bloccando la produzione e nella migliore delle ipotesi affidano agli operai lavori di manutenzione e portano avanti un'attività di formazione ed aggiornamento; così è accaduto alla Yara, azienda di Ferrara che produce fertilizzanti con la casa madre norvegese, una multinazionale con oltre 8mila dipendenti, che ha deciso di fermare la produzione per 6-8 settimane. Anche i settori delle acciaierie, dei cementifici, delle fonderie e della ceramica sono sotto pressione a causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime e potrebbero orientarsi per chiusure temporanee con una grave danno per il Pil, dal momento che questi comparti sono molto importanti per tutta l'economia italiana con l'export che pesa sul loro giro d'affari per oltre il 65%.

La Commissione europea, in vista dell'avvicinarsi della stagione fredda, ha dovuto ammettere di essere "corta" di gas naturale con il livello più basso degli ultimi cinque anni e con il rischio collegato di nuovi aumenti, con ulteriori ricadute negative sulle famiglie e le imprese come confermato anche dal Fondo monetario internazionale che in un recente documento richiama l'attenzione sulla possibilità di "una rapida accelerazione dell'inflazione che resterà alta anche nei prossimi mesi, nelle economie avanzate dagli Stati uniti alla Germania così come nei paesi emergenti". La complessità del contesto europeo e mondiale impone al premier Mario Draghi ed al suo esecutivo di prendere decisioni forti per permettere la crescita e la ripresa dell'economia italiana, ed è indispensabile il supporto di tutto il Parlamento e di tutti i partiti che devono abbandonare le logiche degli interessi di parte e di potere per garantire un futuro sicuro e sereno ai cittadini ed evitare che si verifichino nuovi casi come quello recentissimo dell'Anas che ancora una volta dimostra come nel nostro paese non si cerchino soluzioni vere ai problemi ma solo sotterfugi e pasticci.

A soli pochi anni dell'integrazione dell'Anas, era il 2018, nel gruppo Ferrovie dello Stato con un'operazione che avrebbe dovuto creare il polo nazionale dei trasporti, che come spesso accade non è mai decollato, il Ministero del Tesoro è oggi costretto a decidere l'operazione inversa con una ripubblicizzazione di fatto di strade e concessioni per evitare un nuovo buco da 1,5 miliardi di euro. Il tema di base resta però quello tecnico, e cioè capire se il tanto urlato progetto del polo nazionale dei trasporti era davvero utile e importante per il paese o se era solo un'operazione di facciata, perché se malauguratamente così fosse, si tratterebbe dell'ennesima beffa per i cittadini contribuenti che ormai da decenni vedono dissipare i loro risparmi in progetti faraonici ed apparentemente utili ma che poi si trasformano nel nulla e lasciano solo nuovi debiti e disastri.

Fonte: Il Cittadino
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