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La città che sognamo!

Verso le elezioni comunali, partendo dall'Agenda 2030

Che la città sia un bene di tutti penso sia scontato. Che la città appartenga davvero a tutti e sia luogo privilegiato per il bene comune forse non lo è. Ci stiamo avvicinando alle elezioni per il rinnovo della amministrazione comunale e può essere bene riflettere su qualche aspetto, provare a sognare una città che sia veramente a dimensione di tutti, per non affidare il nostro orientamento a promesse, a progetti più o meno realizzabili, ad elenchi di buoni propositi parziali che spesso non rispecchiano le vere urgenze e i veri bisogni dei cittadini. Dobbiamo promuovere una cultura sociale che apra ad orizzonti ampi perché Genova non è un luogo “altro”, staccato dal resto del mondo.

Il punto di partenza può essere offerto dall’Agenda 2030, quel grande progetto universale che, con i suoi 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, riguarda non solo le istituzioni o le nazioni genericamente intese, ma tutti i luoghi del mondo, anche i più piccoli e dispersi, e le persone che li abitano.
Nell’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 si legge di “rendere le città inclusive, sicure, durature e sostenibili”! Si valuta il grado di mobilità sociale, la divisione e la distribuzione del lavoro, si “lavora” sullo spreco di risorse umane (valorizzando il capitale umano), ambientali ed economiche. Si pensa al grado di condivisione di norme e valori; si recupera capacità di riconoscimento o di rifiuto di determinati gruppi sociali; si aprono prospettive di partecipazione alle attività collettive, all'impegno all'interno delle varie associazioni, reti ed ambiti operativi e all’accesso alle diverse opportunità offerte dalla società; ci si prende cura della casa; si pensa ai meccanismi di inclusione ed esclusione sociale. Dobbiamo sentirci coinvolti nel ridare senso di appartenenza, di partecipazione, di tolleranza delle differenze tra i gruppi e le aree, se reputiamo la tenuta sociale indispensabile per l’intera area metropolitana e non solo!

L’obiettivo quindi è migliorare le condizioni di benessere delle comunità territoriali e della città, uscendo dalla logica “diritti, bisogni e servizi” e creando o potenziando relazioni di prossimità, soprattutto insistendo sul coinvolgimento nella vita collettiva - economica, sociale e culturale - di fasce sempre più ampie della popolazione.

Come cittadini responsabili, dobbiamo aiutarci a leggere, interpretare e offrire prospettive di senso e valore ai cambiamenti in corso - sociali, culturali, demografici ed economici - che sono all’origine di nuove forme di insicurezza degli individui, dell’aumento della vulnerabilità per una parte della popolazione, del processo di frammentazione delle comunità; l’aumento delle persone, giovani e adulte, con carriere lavorative discontinue, che sperimentano l’assenza di chiare prospettive personali e familiari; la crescente difficoltà da parte delle famiglie ad assolvere ai propri compiti; la diffusione di situazioni di povertà relativa ed assoluta; l’aumento dell’esclusione di alcuni soggetti o di interi gruppi sociali dai processi di fruizione e produzione culturale; le difficoltà delle persone a convivere con culture diverse. Come già detto ci sentiamo cittadini del mondo ma senza appartenenza, senza presenza nelle questioni che presumiamo di conoscere, di giudicare, assenti però dalle responsabilità, senza coinvolgimento.

Per approfondire la riflessione e rivolgersi, oltre che ad ogni cittadino di buona volontà, a quanti si propongono per il governo della città, può essere utile richiamare quattro verbi che ricavo dal Vangelo della IV Domenica di Pasqua.

Conoscere: per procedere a scelte, cambiamenti, miglioramenti della città occorre conoscerla tutta, nella sua multidimensionalità e complessità andando oltre ad aspetti parziali o di parte. Occorre acquisire una dimensione che trova sintesi nell’espressione “tutto è in relazione”; non esistono questioni che non siano in qualche modo legate alla globalità della vita sociale. Non ci sono in poche parole problemi singoli o di qualcuno: il calo demografico, ad esempio, ha relazioni e ricadute su tutto il vivere della città, sul suo futuro e non è “altro” rispetto alla famiglia, alla scuola, al lavoro, alla casa, all’ambiente.
Ascoltare: non è sempre facile, perché occorre andare oltre le parole, i mugugni, i desideri; perché è necessario creare le opportunità di ascolto e dialogo. Anche l’ascolto deve essere proiettato in una dimensione globale e questo spesso richiede non solo la capacità di mettersi a sedere e dialogare ma anche la capacità di fare passi indietro rispetto a idee e proposte magari già avviate senza tener conto delle realtà specifiche cui sono rivolte.
Dare: se sogniamo una città bella, inclusiva e sostenibile non è possibile non mettersi in gioco, mettere a disposizione tempo e competenze per condividere obiettivi comuni, senza aspettare che siano sempre altri a provvedere e decidere. Occorre partecipare, non delegare e scaricare sempre ad altri le responsabilità.
Custodire: a partire dalla nostra storia, dai beni naturali che abbiamo ricevuto, dalle possibilità di crescere, è dovere di tutti custodire il bene fatto e quello che si fa, proteggere la quotidianità coltivando lo stile dell’amicizia sociale. È dovere di tutti “prendersi cura” della città. Perché la città è di tutti.

Fonte: Il Cittadino
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