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La figura di Cristo nel cinema

Un tema che continua a interrogare anche un’arte che ha in sè istanze spirituali e non solo spettacolari

La figura di Cristo nel cinema

Il cinema nasce con i fratelli Lumière nel 1895 e già nel 1897 abbiamo un film su Gesù: si trattava della "Passione di Cristo" del regista francese Albert Kirchner Léar. Purtroppo questo brevissimo filmato andò perduto; nello stesso anno i Lumière realizzano “Vue représentant la vie et la passion de Jesus Christ”, proiettato per la prima volta la notte di Natale a Lione. Georges Melies filma nel 1898 "Le Christ marchant sur les eaux". Tra il cinema e la figura di Gesù Cristo si instaura da subito un legame e nei primi dieci/quindici anni ci si concentra soprattutto sul tema della Passione. Il tema della vita di Gesù indicava che il cinema poteva andare incontro, non solo al desiderio di evasione, ma anche di rispondere a certe sensibilità.

Inoltre in un periodo in cui il cinema è muto, la vita e la passione di Cristo sono immediatamente comprensibili a tutti, senza bisogno di un collegamento sonoro tra le varie immagini. Nascono anche i primi kolossal: uno tra i primi è di una donna, la regista francese Alice Guy con "La Vie du Christ" del 1906, con cui si inizia a delineare l'intento visivo e didattico del cinema. In Italia un precursore del kolossal è Giulio Antamoro con "Cristus" del 1916, la cui narrazione era divisa in 3 "Misteri": il primo era quello della Natività, il secondo era costituito dalla vita adulta e dalla predicazione, il terzo era diviso in Passione, Morte e Resurrezione.
Avremo poi il grande Cecil De Mille (autore de "I dieci comandamenti"), che nel 1927 realizza "Il re dei re".

Si arriva così agli anni Cinquanta, in cui emergono in modo preponderante i kolossal che tutti conosciamo, come "La tunica" del 1953 di Henry Koster e in cui compare Richard Burton nei panni di Gallio, tribuno romano a capo di coloro che devono crocifiggere Gesù. Citiamo di George Stevens "La più grande storia mai raccontata" del 1965. Ovviamente non mancavano quelle opere che, pur non trattando la persona di Gesù in senso stretto ne erano però dei riflessi, essendo ambientati nel primo periodo del Cristianesimo, come "Ben Hur" o "Quo vadis?", per citare i più famosi.

Ma è dagli anni Sessanta che inizia un filone basato sulla riflessione, che si interroga sul Cristo come figlio di Dio e sul messaggio evangelico e che nasce sulla scia del Concilio Vaticano II. Su tutti ricordiamo "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini, la cui dedica recita: «alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII». Qui non entriamo nel merito di tutte le discussioni che l'opera ha suscitato, basti dire che si tratta di uno dei film più dirompenti, in cui lo stesso regista ha dichiarato di aver voluto far parlare esclusivamente il Vangelo. Infatti l'opera di Pasolini non riporta una parola in più del necessario, oltre a compiere scelte importanti come l'aver voluto ad interpretare Gesù lo spagnolo Enrique Irazoqui, per il suo volto che richiama le pitture bizantine; il volto di Maria ai piedi della Croce era quello della madre dello stesso regista. Un film scarno, asciutto, con pochi dialoghi ed esclusivamente tratti dal vangelo di Matteo.

Agli antipodi troviamo, qualche anno dopo e precisamente nel 1977, il "Gesù di Nazareth" di Franco Zeffirelli. Un film molto criticato perché considerato troppo sdolcinato, ma che il regista, da credente, ha realizzato rendendo omaggio al modo in cui il Messia è stato visto e sentito, poeticamente, dall'iconografia cristiana: dall'Annunciazione, all'arrivo dei Re Magi, fino alla Resurrezione. Zeffirelli però non tralascia aspetti realistici e umani, soprattutto nella rappresentazione degli apostoli e in particolar modo Pietro.

Un'altra opera destinata a far scalpore è del 1973: "Jesus Christ Superstar" di Norman Jewison, il quale porta sul grande schermo il musical di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice (autori delle musiche e delle parole). Il film ha immediatamente un successo grandissimo, e ancora oggi viene proposto a teatro. L'opera si concentra soprattutto su tre figure: Gesù, Maria Maddalena e Giuda e va dall'ingresso a Gerusalemme con il Salvatore acclamato dalle folle, fino alla Crocifissione all'immagine fulminea della Resurrezione. Se Maddalena è probabilmente la figura meno riuscita e giocata soprattutto sul suo (molto presunto) innamoramento, è però su Gesù e Giuda che si gioca la narrazione. Nonostante le atmosfere e le musiche decisamente hippy "Jesus Christ Superstar" pone la domanda più importante: chi è Gesù?
Intanto si susseguono altre pellicole: "L'inchiesta" di Damiani, "Il Messia" di Rossellini", i "I giardini dell'Eden" di D'Alatri (sugli anni più nascosti di Gesù), il controverso "L'ultima tentazione di Cristo" di Scorsese e incentrato sull'aspetto più umano del Salvatore. Non sono mancate opere irriverenti come "Brian di Nazareth" dei Monty Pyton.

Altra pietra miliare è stato "La passione di Cristo" di Mel Gibson: pur teologicamente corretto non ha mancato di suscitare applausi, ma anche molte polemiche per aver voluto soffermarsi sulla sofferenza di Cristo.
Negli ultimi anni, infatti si è tornati a rappresentare la passione di Gesù e ne citiamo due: “I colori della passione” di Lech Majeski, opera raffinatissima e profonda sul quadro di Pieter Bruegel “La salita al Calvario". Realizzato nel 2012, il regista mette in scene lo stesso Bruegel intento a realizzare il quadro. I vari personaggi del dipinto sono intenti ognuno a vivere la propria vita, in modo più o meno sobria o retta, ma solo pochi si accorgono dell'evento fondamentale per la storia dell'umanità. Gesù rimane nascosto ai più, così attraverso la passione del Figlio e il pianto della Madre, il regista fa emergere la solitudine di chi soffre.

Sempre sulla passione, nel 2013 Giovanni Columbu realizza "Su Re", girato nei luoghi più brulli della Sardegna e in dialetto sardo. Il regista ha dichiarato: "«L’idea del film risale a quando, nella chiesa di Santa Maria in via Lata a Roma, fui colpito da una tavola che riportava su quattro colonne i brani dei Vangeli. Fu allora che pensai a un film sul Vangelo, e decisi di trasporre la storia in Sardegna, perché è il mondo che amo e meglio conosco. Due universi molto distanti si sarebbero incontrati, trovando riscontro nella realtà di quel sogno che è nell'animo di molti: scoprire Gesù, qui, tra noi». Ne risulta un'opera drammatica, asciutta e che richiama in qualche modo lo stile di Pasolini.

Infine, citiamo qui "Il risorto" del 2016 di Kevin Reynolds. Girato a Malta e in Spagna, l'opera prende le mosse dal personaggio di Clavio, un importante tribuno. A lui viene affidato il compito di sorvegliare affinché il corpo di Cristo non venga trafugato dal sepolcro. Condotto come un'indagine poliziesca, il film è coinvolgente e nello stesso tempo rigoroso. E' rivolto a tutti (ed è molto apprezzato dai giovani) poiché la persona di Gesù non smette di interrogare l'uomo di ogni tempo: Clavio parla con Lui e ne è attratto e nello stesso tempo, sconvolto e intimorito.
Dal 1897 ad oggi sono oltre duecento i film che hanno avuto come protagonista la persona di Gesù Cristo a dimostrazione che il cinema, in modo più o meno riuscito, più o meno poetico, continua a proporre un tema che, lo si voglia o no, non smette di interrogare l'uomo ed evidenzia la vocazione del cinematografo a farsi veicolo di istanze spirituali e non solo meramente spettacolari.

Fonte: Il Cittadino
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