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Cosmopolis

Cosmopolis

Come si fa a trasportare all'interno di un film, che è azione, movimento, la storia di un romanzo in cui il protagonista è chiuso in una limousine che attraversa le strade trafficate di New York (senza riuscire a scorrere nelle arterie ingolfate della Grande Mela) e parla, spesso filosoficamente, con una serie di personaggi che entrano ed escono dalla sua macchina? David Cronenberg, uno dei registi più innovativi della nostra contemporaneità, ha deciso di affrontarla di petto questa sfida e ha trasposto per il cinema "Cosmopolis" di Don De Lillo, romanzo breve di qualche anno fa in cui il grande scrittore postmodernista racconta, appunto, la storia di un giovane multi-miliardario nella sua limousine in una giornata di traffico newyorkese. Tutto in un giorno, tutto praticamente in un unico luogo, tutto un susseguirsi di dialoghi o monologhi. In una New York, la capitale della borsa di Wall Street, attraversata da insurrezioni (di anarchici che protestano contro i potenti), da funerali di improbabili celebrità (un rapper sufi) e dal corteo presidenziale minacciato di attentati: in una New York, dunque, sinfernale, invivibile, piena di sporcizia, violenza, povertà, si muove il nostro protagonista, un genio del cyber-capitale, pieno di ossessioni. E il protagonista, nonostante i soldi, le donne, il successo, non è felice, anzi sembra pericolosamente attratto verso l'autodistruzione. Che alla fine del romanzo e anche del film lo porterà di fronte a un uomo che vuole ucciderlo, un suo ex-dipendente che è arrivato a odiarlo dopo essere stato licenziato. Una potente metafora, dunque, di un capitalismo autodistruttivo, che contamina non solo il mondo circostante ma anche chi lo gestisce. Un tema estremamente attuale. Peccato che la sfida che ha deciso di affrontare il regista canadese non sia del tutto vinta: il film scorre lento, troppo lento, a volte sembra addirittura intopparsi, e i dialoghi, che nella pagina scritta hanno una grande valenza di pensiero, sono un po' troppo semplificati. Per non parlare dei personaggi, che a volte non hanno alcunospessore o profondità. Nel complesso, però, c'è da dire che si respira la solita aria inquietante, che richiede sempre allo spettatore uno sforzo interpretativo per affrontare i temi mai banali che questo regista decide di porre all'attenzione del pubblico.
 

Allegato: bagnasco%20corpus%20domini.pdf (93,80 kB)
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