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Alaska

Alaska

Fausto è un cameriere che lavora in un grande albergo di Parigi. Sogna di fare il maitre e pensa in grande per il suo futuro. Nadine è una giovanissima ragazza che, controvoglia, inizia la carriera di modella. È inquieta, non sa quello che vuole. Ma certo è un futuro diverso rispetto al suo presente. Questi due protagonisti s’incontrano casualmente sul tetto dell’hotel dove Fausto lavora e Nadine ha appena fatto un provino. Una sigaretta scambiata, qualche battuta e i due si riconoscono: entrambi sono alla ricerca di qualche cosa di differente, entrambi non sono in pace con loro stessi, entrambi hanno un disperato bisogno di contatto umano. Inizieranno la prima di molte disavventure che li porterà tra la galera e l’ospedale, tra la ricchezza e l’estrema indigenza, tra Francia e Italia, flirtando con il crimine come fosse niente e rovinando le vite altrui e le proprie.
“Alaska” è il nuovo film di Claudio Cupellini, storia d’amore anomala nel panorama del nostro cinema. Primo, perché è girata tra Parigi e Milano con attori italiani (Elio Germano) che parlano francese e attori francesi (la giovane Astrid Berges-Frisbey) che parlano italiano, film, finalmente, “internazionale”, realmente rispondente alle nuove forme della globalizzazione lavorativa, che sposta i giovani in giro per l’Europa e non solo. Secondo, perché ha la struttura di un grande melodramma, come quello dei romanzi Ottocenteschi. Ai due protagonisti succede di tutto e di più, infatti, come accadeva agli eroi e alle eroine dei romanzi d’appendice pubblicati a puntate sui giornali nella Francia di fine Ottocento (ma ricordiamoci che anche un autore come Balzac utilizzava questa forma di pubblicazione). La sceneggiatura, dunque, è molto strutturata e si rifà a un grande modello di successo del passato. Terzo, perché è un film veramente contemporaneo nel delineare i personaggi e gli ambienti in cui si muovono. Per quel che riguarda gli ambienti, abbiamo già detto che è una pellicola che rispecchia la mobilità sociale dei giovani nelle nostre società economicamente in crisi. Mobilità che fa sì che questa generazione di “glob-trotter” non abbia una patria e non senta delle radici. Ma le ricerchi continuamente, magari sostituendole con altri valori (o disvalori), come la ricerca del successo e dei soldi. Tutti i personaggi del film, infatti, non solo i due protagonisti, sono mossi da un’ansia esistenziale, che risponde ad un senso di vuoto e di solitudine che avvertono e che vorrebbero mettere a tacere. Personaggi ossessionati dall’apparire, dall’idea di “essere qualcuno”.
Alaska è il nome del locale che Fausto rileva insieme ad un amico e rappresenta per il protagonista quell’Elodrado che dovrebbe garantire a lui e Nadine la felicità. I due scopriranno, invece, loro malgrado, che non sono i soldi, né il successo ad assicurare una vita serena, appagante, tranquilla. Ma soltanto il ritorno ai veri sentimenti, all’amore, ai veri valori, che non sono quelli con cui la società ci riempie la testa, possono offrire quella “Terra promessa”. I due protagonisti, dunque, compiono un cammino, doloroso e travagliato, che permette loro di liberarsi di quell’“etica” del successo e dei soldi, per recuperare l’etica autentica di un vivere morale.
 

Alaska
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