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Rapporto Censis: il Covid spazza via i sogni di 6,5 milioni di persone

Punto sulle modifiche comportamentali messe in atto dai cittadini a partire da marzo 2020

Rapporto Censis: il Covid spazza via i sogni di 6,5 milioni di persone

Famiglie con figli, disabili o anziani a carico, che in questo anno e mezzo segnato dalla pandemia di Covid-19, hanno dovuto cambiare i loro progetti, mettere in pausa i sogni, rivedere le proprie scelte di investimento immobiliare e di spesa in generale. E’ quanto emerge dal rapporto AGI-Censis, pubblicato oggi, che fa il punto sulle modifiche comportamentali degli italiani dal marzo 2020. Stando ai dati, il 66,4% delle famiglie - circa 6,5 milioni di persone - nelle quali almeno uno dei componenti aveva in progetto di cambiare lavoro o attività, ha dovuto soprassedere. 

Entrando nel dettaglio, il 65% delle famiglie ha dovuto rivedere le proprie scelte di investimento immobiliare. Il 19% dei nuclei familiari, ha messo in cantiere un trasferimento di residenza, probabilmente dando seguito all’esigenza di disporre di un'abitazione con caratteristiche diverse (un terrazzo, un giardino…) e più adatte alle nuove condizioni di vita determinate dallo smartworking e dalla didattica a distanza. Aspettative deluse e rimodulazioni, dunque, che frenano il ritorno alla normalità e per i più pessimisti azzerano la possibilità di tornare alla vita di prima.

Per quanto riguarda la scuola e l’università prevale un maggior ottimismo: i due terzi (67,2%) degli intervistati ritengono che ci vorrà meno di un anno per tornare ad organizzare lezioni in presenza per tutti gli studenti. Il 27,2% pensa invece che occorrerà molto più tempo. Valutazioni nel complesso non dissimili, anche se con previsioni leggermente più pessimiste, riguardano il tema degli spostamenti sul territorio e l’acquisto di beni e servizi. Un discorso a parte merita il lavoro da remoto: in questo caso sono una stretta minoranza (18,1%) gli italiani che non si mostrano critici verso le aziende o le organizzazioni che non intendono adottare lo smartworking nei loro schemi operativi. La stragrande maggioranza sostiene e apprezza il lavoro da remoto considerandolo un processo consolidato dall'esperienza e dunque in qualche modo irreversibile. In modo particolare questo vale per la popolazione più istruita, dove la percentuale dei contrari scende al 14,6%. La resistenza maggiore si riscontra con riferimento ai servizi della Pubblica Amministrazione, dove il 35% degli italiani dichiara di non vedere di buon occhio una transizione completa e definitiva verso l’allestimento di "sportelli online" in sostituzione di quelli tradizionali ad accesso fisico, e con operatori in "carne e ossa". Percentuali simili si registrano con riferimento alla diffidenza verso il voto digitale.

La pandemia ha alimentato l’uso della rete internet, ma non mancano dubbi e resistenze sulla transizione digitale. L’uso emergenziale della rete non sembra cioè aver definitivamente traghettato gli italiani verso una reale transizione digitale in tutti i settori di offerta pubblica. Sinteticamente, al voto elettronico, il 32,3% dei cittadini è solo parzialmente d’accordo e il 34,2% non ne vuole sentir parlare. Maggiori aperture si registrano verso una sanità che utilizza a pieno le nuove tecnologie (fascicolo sanitario elettronico, telemedicina, ricette online, teleconsulti, ecc.). Anche le previsioni sul futuro incorporano molte le posizioni "conservative". 

Fonte: Il Cittadino
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