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Pasqua per risorgere con Cristo

I riti pasquali hanno chiamato nelle parrocchie e in San Lorenzo un numero crescente di fedeli

Pasqua per risorgere con Cristo

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Con i riti solenni del Giovedì Santo è iniziato lo scorso 29 marzo il triduo pasquale: è il tempo centrale dell'anno liturgico che fa memoria della passione, morte e risurrezione di Gesù.

Grande e crescente è stata in tutte le parrocchie e in Cattedrale la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni dei tre giorni che vanno dal Giovedì Santo alla Pasqua.

In Cattedrale la mattina del Giovedì santo ha visto la grande concelebrazione del clero diocesano con i religiosi, presieduta dal Cardinale Arcivescovo, per ricordare l’istituzione del Sacerdozio Ministeriale. 

Nella Santa Messa in “Coena Domini” si ricorda l'Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli, consumata prima della sua passione e nella quale consegnò loro il comandamento dell'amore, dopo aver lavato loro i piedi.

Nella funzione presieduta in Cattedrale, secondo quanto previsto dalla liturgia che prevede il rito della Lavanda dei piedi, il Cardinale Arcivescovo ha ripetuto il gesto di Gesù e ha lavato i piedi a dodici persone tra ammalati ed operatori volontari.

Nell’omelia ha sottolineato che “vivere senza fede sarebbe come assistere allo spegnersi del sole e veder precipitare sulla terra l’oscurità; sarebbe come vivere senza quell’orizzonte che solo la fede può aprire e che ci conduce alla vita eterna”.

“Gesù, attraverso l’istituzione della Divina Eucaristia, ha offerto la possibilità di farci partecipi della vita di Dio”.

“Si guardi pertanto ai nostri Tabernacoli, senza farsi contaminare dall’indifferenza del mondo occidentale; si guardi all’Ospite che in essi si è fatto prigioniero per noi, per tenere fede a queste parole: Non temete sono con voi sino alla fine dei tempi”.

Dopo la Comunione, la pisside contenente le Ostie consacrate, non è stata riposta nel Tabernacolo, ma deposta nell’Altare della Reposizione, con una processione eucaristica partecipata dai Cavalieri del Santo Sepolcro. 

Il Venerdì Santo fa memoria in particolare della passione e morte di Cristo sulla croce, dopo la cattura e la condanna.

La liturgia è incentrata sulla narrazione delle ultime ore della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sull'adorazione della croce, con la distribuzione dell’Eucaristia consacrata il giorno precedente.

Nella funzione che si è svolta in Cattedrale, il Cardinale nell’omelia ha ricordato che il Venerdì della morte di Cristo va vissuto insieme al Sabato del grande silenzio e della grande attesa.

Il nostro tempo sembra avere i tratti del Venerdì Santo, “ma Dio è debole e timoroso quando la nostra fede è debole e timorosa”.

“Dio doveva morire – ha detto -  perché potesse realmente vivere in noi”.

E il silenzio di Dio è una grazia perché fa emergere per contrasto la nostra povertà, le nostre povere parole, l'incapacità di vivere all'altezza di noi stessi.

“Guardando la Croce e davanti al sepolcro – ha proseguito il Cardinale - ci chiediamo quale sia la nostra altezza! Forse il successo, il prestigio, la ricchezza, il plauso degli uomini, la notorietà, la soddisfazione delle aspettative mondane?

Abbiamo abbastanza esperienza per risponderci: la dignità, a cui il Creatore ci chiama, non è nulla di tutto questo; essa è incisa sul legno secco della croce: la nostra altezza e l'altezza di Dio”.

In mezzo alle ombre del mondo siamo grati per la luce che viene a noi proprio dal buio della morte e delle umane fatiche. 

Il Sabato Santo è il terzo giorno del Triduo pasquale: è un giorno di ‘silenzio’ ed è incentrato sull'attesa dell'annuncio della Risurrezione che avverrà nella solenne veglia pasquale, la celebrazione della Risurrezione del Signore, che celebra la vittoria sul peccato e sulla morte da parte di Gesù Cristo. La celebrazione in Cattedrale presieduta dal Cardinale Bagnasco è cominciata con la benedizione del fuoco.

Dalle braci messe nel turibolo è stato acceso il Cero pasquale; l'Arcivescovo, benedicendolo, vi ha tracciato una croce, le lettere greche Alfa e Omega e le cifre dell'anno; prendendo poi cinque grani di incenso li ha conficcati alle quattro estremità e al centro della croce disegnata, a simboleggiare le cinque piaghe gloriose di Cristo, delle mani, dei piedi e del costato. Quindi il diacono, portando il cero pasquale, ha cominciato la processione che, entrando in chiesa, ha intonato il "Lumen Christi".

Dopo la ricca Liturgia della Parola della Veglia di Pasqua che ripercorre la storia della redenzione, nell’omelia il Cardinale ha sottolineato che la notte è il momento in cui Gesù risorge non per tornare alla vita di prima, ma per entrare nella vita nuova e gloriosa del cielo.

Durante la celebrazione 22 catecumeni hanno ricevuto per mano dell’Arcivescovo i sacramenti del Battesimo, dell’Eucaristia e della Confermazione.

Rivolgendosi loro ha detto: “Il mondo non comprenderà la vostra scelta di diventare cristiani e cattolici: dice di rispettare la libertà di ognuno, ma non è vero! Giudica chi fa scelte diverse dalle sue, deride chi non parla il suo linguaggio, cerca di imporre un modo di pensare non evangelico, spesso vuole imporre comportamenti uniformi e disumani. Ma non temete, così hanno fatto con Gesù, e nessun discepolo è più del Maestro. Non sarete mai soli: Gesù sarà con voi sempre, camminerà con voi, vi sosterrà nella fatica, vi aiuterà nelle tentazioni, vi solleverà dalle cadute”. 

Infine la domenica di Pasqua, il giorno della festività cristiana che ricorda la Risurrezione di Gesù.

Durante la solenne Messa pontificale in Cattedrale il Cardinale Arcivescovo nell’omelia ha sottolineato che “l’Alleluia pasquale risuona da un capo all’altro della Terra. Le campane ne fanno notizia”.  Ha proseguito sottolineando come i genitori devono iniziare i bambini al mistero della Pasqua, che li porta a scoprire la via della gioia che resiste alle avversità.

L’Arcivescovo ha attualizzato il Vangelo di Marco, letto durante la veglia Pasquale, dove si legge delle donne che si recano al sepolcro di Gesù la mattina dopo la sua deposizione.

In loro pervade un senso di smarrimento, di cupezza e di tristezza, che le fa sentire grevi. “Dobbiamo farci guidare da loro, non è facile intuirne i sentimenti - ha proseguito il Cardinale Bagnasco - il cuore è come una tomba chiusa dal peso di un’immensa pietra”.

“Però su questi movimenti dell’anima - ha detto l’Arcivescovo - su questi sentimenti delle donne al sepolcro, e di noi oggi, risuonano le parole dell’Angelo: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù il Nazareno, il crocifisso. E’ risorto! Non è qui. Andate e dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete”.

“Anche noi - ha concluso il Cardinale - possiamo incontrare il Risorto se andiamo nella Galilea dove Lui ci attende”.

“Qual è la nostra Galilea? Quella che il Signore ha stabilito per ciascuno di noi dove ci attende per rivelarsi nella Fede che è una luce opaca o oscurità luminosa? La Pasqua è il momento migliore per risponderci: se lo faremo con umiltà e fiducia allora sì, Lo vedremo, e sarà gioia la nostra Galilea, sarà più vivibile perché più luminosa”.

Fonte: Il Cittadino
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