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S. Messa del Papa ad Abu Dhabi: il cristiano “armato” solo di fede e amore

Si conclude il viaggio apostolico negli Emirati Arabi segnato dal dialogo interreligioso e dall’incontro con la comunità cristiana locale

S. Messa del Papa ad Abu Dhabi: il cristiano “armato” solo di fede e amore

Un abbraccio che commuove, quello del Successore di Pietro, che nella sua visita negli Emirati Arabi per la prima volta calca il suolo della Penisola arabica e per la prima volta celebra la Messa in questa regione.  È palpabile l’emozione e il clima di festa, fuori e dentro lo stadio, dei 180mila presenti. Una distesa di fedeli quella fuori dallo stadio - che riesce ad ospitare circa 45mila persone - che il Papa saluta nel suo giro in papamobile. Sono migranti cattolici - minoranza che costituisce il 10% della popolazione - venuti negli Emirati Arabi per lavorare, per lo più asiatici, molti indiani e filippini, ma anche di altri luoghi, di riti e lingue diverse, uniti dalla fede e oggi da una grande gioia illuminata da un bel sole: “un coro” di circa 100 nazionalità, che lo Spirito Santo “vuole sempre più armonizzare” per farne una “gioiosa polifonia della fede”, di testimonianza per tutti. Partecipano dunque alla Messa fedeli caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi. Presenti anche 4 mila musulmani e il ministro della Tolleranza. Si tratta anche della più grande celebrazione cristiana pubblica nella Penisola arabica.

L’omelia ricalca la pagina delle Beatitudini che sono un “capovolgimento del pensare comune”, secondo cui i beati sono i ricchi, i potenti, chi ha successo. Non così per Gesù. Per Lui – ricorda il Papa – i beati sono “i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati”. Lo ha mostrato lui stesso insegnando che “non è grande chi ha, ma chi dà”. Con la sola forza dell’amore divino ha sconfitto “la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa”. “Non ha lasciato nulla di scritto, non ha costruito nulla di imponente”.

E quindi non ha chiesto “grandi opere” o “gesta straordinarie” - prosegue il Papa - ma di realizzare una sola opera d’arte, quella della nostra vita, e in questo senso le Beatitudini sono proprio “una mappa di vita” che appunto non domandano azioni eclatanti ma di “tenere pulito il cuore”, di essere misericordiosi verso tutti, di vivere l’afflizione uniti a Dio:

È la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace.

Quindi, Papa Francesco pone l’attenzione, in modo speciale, su due Beatitudini: “beati i miti” e “beati gli operatori di pace”. Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ricorda. San Francesco è il riferimento per spiegare come vive il cristiano: quando dava istruzione ai frati che andavano presso i Saraceni e i non cristiani raccomandava infatti di non fare “liti o dispute” ma di essere “soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio” e di confessare di essere cristiani, ricorda il Papa citando la Regola non bollata.

Né liti né dispute, e questo vale anche per i preti; né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto.

Il cristiano poi è chiamato a promuovere la pace a partire dalla comunità in cui vive, sottolinea ancora Francesco che percepisce una somiglianza fra la comunità degli Emirati e quella di Filadelfia alla quale Gesù, nel libro dell’Apocalisse, si rivolge e, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Non a caso Filadelfia significa “amore fra i fratelli”:

Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe. Gesù, che vi chiama beati, vi dia la grazia di andare sempre avanti senza scoraggiarvi, crescendo nell’amore «fra voi e verso tutti».

Il Papa mostra più volte riconoscenza verso questa piccola comunità cristiana che vive negli Emirati Arabi ricordando di essere rimasto colpito dalle parole del Vicario apostolico dell’Arabia del Sud, mons. Paul Hinder, quando disse che non solo egli si sentiva vostro Pastore, “ma che voi, con il vostro esempio, siete spesso pastori per lui”. Il Papa poi li ringrazia per come vivono il Vangelo “che abbiamo ascoltato”.

Ma Francesco conosce anche le sofferenze che vivono questi migranti cristiani, lontani da casa, dagli affetti e magari anche con l’incertezza del futuro. E ricorda loro l’esperienza di Sant’Antonio abate, il grande iniziatore del monachesimo nel deserto dove per vario tempo fu assalito da oscurità. Poi il Signore lo consolò, dicendogli di essere stato presente. Il Papa sa infatti che può succedere di pensare, durante un periodo difficile, di essere soli ma ricorda che, anche se non interviene subito, il Signore “ci cammina a fianco” e “aprirà una via nuova”, “perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto”, sottolinea Papa Francesco.

 Una celebrazione che “mi ha dato tanta gioia” dice Francesco alla fine della Messa rinnovando il suo ringraziamento a tutti. E sicuramente questa Celebrazione Eucaristica resterà scolpita nel cuore di questi cristiani.

Nel suo saluto mons. Hinder ricorda l’anniversario al centro della visita: ottocento anni fa San Francesco d’Assisi si incontrò con il Sultano Malik Al Kamil in Egitto. Un incontro caratterizzato dal reciproco rispetto. “In modo analogo - dice - Ella è venuto in un Paese musulmano con l’intenzione di fare come fece San Francesco nel 1219. Noi cristiani cerchiamo di seguire la direttiva che San Francesco diede allora ai suoi fratelli e di ‘vivere spiritualmente tra i musulmani … non impegnandoci in discussioni e semplicemente riconoscendo che noi siamo cristiani’”.

Fonte: Il Cittadino
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